ORDINANZA N. 97
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Ugo DE SIERVO Presidente
- Paolo MADDALENA Giudice
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 6, comma 3, ultima parte, e 14, commi 1, 2 e 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), promossi dal Tribunale ordinario di Milano con ordinanze del 6 e del 10 marzo 2009, iscritte ai nn. 235 e 236 del registro ordinanze 2009 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2009.
Visti gli atti di costituzione di A.M. ed altro e C.C. ed altro;
udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 2010 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.
Ritenuto che nel corso di un procedimento ex art. 700 del codice di procedura civile, su ricorso dei coniugi A.M. e I.G., il Tribunale ordinario di Milano, con ordinanza del 6 marzo 2009 (reg. ord. n. 235 del 2009), ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 14, commi 1, 2 e 3, e dell’art. 6, comma 3, ultima parte, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), nella parte in cui rispettivamente impongono il divieto di crioconservazione degli embrioni soprannumerari, la necessità della creazione di un numero massimo di tre embrioni, nonché la necessità dell’unico e contemporaneo impianto di embrioni comunque non superiori a tre, e prevedono l’irrevocabilità del consenso da parte della paziente all’impianto in utero degli embrioni creati, per contrasto con gli articoli 2, 3 e 32, primo e secondo comma, della Costituzione;
che il Collegio rimettente fa presente che i ricorrenti, premesso di essere considerati coppia infertile ai sensi della legge n. 40 del 2004 a causa di problemi di salute in quanto entrambi portatori sani di B-talassemia, avevano chiesto che venisse accertato e dichiarato il proprio diritto ad effettuare, mediante l’applicazione delle metodiche della procreazione medicalmente assistita, la c.d. fecondazione in vitro, secondo le migliori e accertate pratiche mediche, previa diagnosi pre-impianto, nonché il diritto della signora A. a chiedere che venissero trasferiti nell’utero gli embrioni creati in base alle direttive impartite dalla medesima paziente; il diritto alla effettuazione della procedura della fecondazione secondo i migliori canoni della scienza medica per assicurare il migliore successo della tecnica, in considerazione dell’età e dello stato di salute della paziente; il diritto alla crioconservazione, per un futuro impianto, degli embrioni risultati sani e che non fosse stato possibile trasferire immediatamente;
che gli stessi ricorrenti avevano eccepito – qualora il Tribunale avesse ritenuto non accoglibile la domanda cautelare e le conclusioni formulate in quanto contrastanti con la disciplina contenuta nella legge n. 40 del 2004 – l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, commi 2 e 3, della citata legge n. 40 del 2004 per violazione degli articoli 2, 3 e 32 Cost.; dell’art. 14, comma 1, della stessa legge, limitatamente alle parole “la crioconservazione e”, per violazione degli articoli 3 e 32 della Costituzione; dell’art. 6, comma 3, della legge citata per violazione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione;
che il giudice a quo, dopo ampia disamina della normativa esistente, ha osservato di non potere addivenire ad una lettura costituzionalmente orientata della stessa, ma di dubitare della costituzionalità dell’art. 14, commi 1, 2 e 3, della legge n. 40 del 2004, per violazione: a) dell’art. 2 Cost., perché «determina la reiterata esposizione della donna a trattamenti invasivi ed a basso tasso di efficacia, con lesione del principio del rispetto della dignità umana»; b) dell’art. 3 Cost., in quanto «genera disparità di trattamento fra situazioni eguali, che necessitano di trattamenti differenziati, così violando il principio di eguaglianza sostanziale»; c) dell’art. 32 Cost., perché «genera rischi per la salute della donna sotto il profilo psicofisico e della coppia sotto il profilo psichico»;
che, secondo il giudice rimettente, la rigidità del dato normativo comporta, altresì, l’illegittimità costituzionale anche dell’art. 6, comma 3, ultima parte, della citata legge, per violazione dell’art. 32, secondo comma, Cost., nella parte in cui sancisce l’irrevocabilità del consenso ad accedere alle tecniche di fecondazione assistita dal momento della fecondazione dell’ovulo, in evidente contrasto con il diritto alla procreazione cosciente e responsabile di cui alla normativa ordinaria (legge 22 maggio 1978, n. 194, recante «Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza» e legge 29 luglio 1975, n. 405, recante «Istituzione dei consultori familiari») ed alla Convenzione di Oviedo del 4 aprile 1997, ratificata con legge 28 marzo 2001, n. 145 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano riguardo all’applicazione della biologia e della medicina: Convenzione sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina, fatta a Oviedo il 4 aprile 1997, nonché del Protocollo addizionale del 12 gennaio 1998, n. 168, sul divieto di clonazione di esseri umani);
che nel giudizio innanzi a questa Corte si sono costituiti i coniugi ricorrenti in sede di giudizio di merito, che, dato atto dell’intervento, successivamente all’ordinanza di rimessione, della sentenza di questa Corte n. 151 del 2009, hanno insistito per l’assorbimento delle questioni relative ai commi 2 e 3 dell’art. 14 della legge ed hanno concluso, in relazione alle altre questioni sollevate (art. 6, comma 3, e art. 14, comma 1) per la declaratoria di incostituzionalità delle norme denunciate ovvero per una pronuncia interpretativa di rigetto, o ancora per la manifesta inammissibilità per sopravvenuta irrilevanza;
che lo stesso Tribunale ordinario di Milano, con ordinanza del 10 marzo 2009 (reg. ord. n. 236 del 2009) ha sollevato, sulla base di analoghe argomentazioni, identiche questioni nel corso di un procedimento ex art. 700 cod. proc. civ. promosso dai coniugi C.C. e M.E., ammessi alla procedura di fecondazione in vitro, ed in relazione ai quali la relazione medica prodotta aveva evidenziato la necessità di utilizzare un numero minimo di nove ovociti per ottenere almeno un embrione sano, e consigliato, in considerazione delle condizioni fisiche ed anagrafiche della donna, il trasferimento in utero di tre embrioni;
che anche in tale giudizio si sono costituiti i ricorrenti, svolgendo argomentazioni analoghe a quelle dei ricorrenti di cui al reg. ord. n. 235 del 2009.
Considerato che il Tribunale ordinario di Milano, con due distinte ordinanze (reg. ord. n. 235 e 236 del 2009), dubita della legittimità costituzionale degli artt. 6, comma 3, ultima parte, e 14, commi 1, 2, e 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia dei procreazione medicalmente assistita), per violazione degli artt. 2, 3 e 32, primo e secondo comma, Cost.;
che i due giudizi, prospettando questioni analoghe, vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia;
che questa Corte, successivamente alle ordinanze di rimessione, con sentenza n. 151 del 2009, nel decidere identiche questioni relative alla legge n. 40 del 2004, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 2, della stessa legge, limitatamente alle parole “ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre”;
che, con la richiamata pronuncia, questa Corte, nel dichiarare manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, della stessa legge, per carenza di motivazione sulla rilevanza, ha però precisato (punto 6.1 del Considerato in diritto, in fine) che le raggiunte conclusioni circa l’incostituzionalità dell’art. 14, comma 2, introducono «una deroga al principio generale di divieto di crioconservazione di cui al comma 1 dell’art. 14, quale logica conseguenza della caducazione, nei limiti indicati, del comma 2», che determina la necessità del ricorso alla tecnica di congelamento con riguardo agli embrioni prodotti, ma non impiantati per scelta medica;
che, sulla base della richiamata pronuncia, vanno dichiarate manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 2 e 3, della legge n. 40 del 2004;
che va, parimenti, dichiarata manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, della stessa legge, ove si tenga presente che la richiamata sentenza n. 151 del 2009 ha affermato la deroga al principio generale di divieto di crioconservazione, negli stessi termini richiesti dalle ordinanze in esame;
che è, infine, manifestamente inammissibile, per difetto di motivazione sulla rilevanza nel giudizio a quo, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 3, della legge n. 40 del 2004, nella parte in cui «non consente, dopo la fecondazione dell’ovulo, la revoca della volontà all’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita» (sentenza n. 151 del 2009).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 marzo 2010.
F.to:
Ugo DE SIERVO, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 12 marzo 2010.