ORDINANZA N. 94
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Ugo DE SIERVO Presidente
- Alfio FINOCCHIARO Giudice
- Alfonso QUARANTA “
- Franco GALLO “
- Luigi MAZZELLA “
- Gaetano SILVESTRI “
- Sabino CASSESE “
- Maria Rita SAULLE “
- Giuseppe TESAURO “
- Paolo Maria NAPOLITANO “
- Giuseppe FRIGO “
- Alessandro CRISCUOLO “
- Paolo GROSSI “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 8-septies del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, aggiunto dalla legge di conversione 27 luglio 2004, n. 186 (Disposizioni urgenti per garantire la funzionalità di taluni settori della pubblica amministrazione), promossi dal Giudice di pace di San Vito dei Normanni con cinque ordinanze del 26 febbraio e con una ordinanza del 12 febbraio 2005 rispettivamente iscritte ai nn. da 253 a 258 del registro ordinanze 2009 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 2009.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 2010 il Giudice relatore Luigi Mazzella.
Ritenuto che, nel corso di cinque giudizi promossi da titolari di aziende agricole al fine di ottenere la condanna della Regione Puglia al pagamento dell’importo a saldo del contributo previsto dall’art. 2, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 1990, n. 367 (Misure urgenti a favore delle aziende agricole e zootecniche danneggiate dalla eccezionale siccità verificatasi nell’annata agraria 1989-1990), convertito, con modificazioni, nella legge 30 gennaio 1991, n. 31, il Giudice di pace di San Vito dei Normanni ha sollevato, con altrettante ordinanze di identico tenore (iscritte ai nn. 253, 254, 255, 256 e 257 del 2009), in riferimento agli articoli 3, 24, 81, 101, 102, 104 e 119 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8-septies, del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136 (Disposizioni urgenti per garantire la funzionalità di taluni settori della pubblica amministrazione), introdotto dalla legge di conversione 27 luglio 2004, n. 186;
che il rimettente premette di aver accolto le domande degli attori, condannando la Regione Puglia al pagamento di quanto da essi richiesto e delle spese processuali, e di aver contestualmente fissato udienza per la discussione sulla predetta questione di legittimità costituzionale;
che, sulla non manifesta infondatezza, il giudice a quo afferma che il contributo in questione costituiva oggetto di un vero e proprio diritto soggettivo, posto che la Regione aveva solamente il potere di accertare l’esistenza dei presupposti per la sua concessione, senza alcuna discrezionalità sull’an o il quantum del beneficio;
che, quindi, l’art. 8-septies, del decreto-legge n. 136 del 2004, modificando il testo dell’art. 2, comma 2, del decreto-legge n. 367 del 1990 nel senso che il contributo medesimo non fosse più «di lire» due milioni, bensì «fino a lire» due milioni, sotto la veste di una norma di interpretazione autentica, in realtà avrebbe innovato la precedente disposizione, diminuendo gli incentivi economici già concessi ai cittadini;
che il rimettente, rammentato che il legislatore può emanare disposizioni retroattive, purché esse trovino adeguata giustificazione e non siano in contrasto con altri valori e diritti protetti costituzionalmente (e, in particolare, non siano lesive di posizioni giuridiche precedentemente riconosciute), sostiene che l’efficacia retroattiva della norma in oggetto comporterebbe una lesione dei diritti precedentemente riconosciuti, con violazione degli artt. 101, 102 e 104 Cost., nonché dell’art. 24 Cost., in quanto la modificazione della norma, «non potendo riguardare nuovi rapporti, ma solo quelli per i quali la Regione Puglia ha riconosciuto l’esistenza del diritto, evidentemente incide sul diritto alla tutela giurisdizionale»;
che, nel corso di un altro analogo giudizio, il Giudice di pace di San Vito dei Normanni ha sollevato, in riferimento ai soli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 8-septies, del decreto-legge n. 136 del 2004 (iscritto al n. 258 del 2009);
che, ricordato che il decreto-legge n. 367 del 1990 attribuiva ai beneficiari il diritto soggettivo ad un contributo predeterminato anche nel quantum e che la norma censurata ha retroattivamente diminuito il valore di tale beneficio, il giudice a quo afferma che l’irretroattività costituisce un principio generale del nostro ordinamento che, seppure non elevato, fuori dalla materia penale, a dignità costituzionale, rappresenta una regola essenziale del sistema a cui, salvo una effettiva causa giustificatrice, il legislatore deve ragionevolmente attenersi, poiché la certezza dei rapporti costituisce cardine della civile convivenza e della tranquillità dei cittadini;
che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto solamente nel giudizio relativo all’ordinanza iscritta al n. 255 del 2009, eccependo preliminarmente l’inammissibilità della questione, avendo il rimettente già definito nel merito il giudizio a quo;
che la difesa erariale sostiene, poi, che la questione è manifestamente infondata, ricordando che, con la sentenza n. 135 del 2006, questa Corte ha già dichiarato l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 8-septies, del decreto-legge n. 136 del 2004 sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 102 e 104 della Costituzione.
Considerato che il Giudice di pace di San Vito dei Normanni dubita della legittimità costituzionale dell’articolo 8-septies, del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136 (Disposizioni urgenti per garantire la funzionalità di taluni settori della pubblica amministrazione), introdotto dalla legge di conversione 27 luglio 2004, n. 186;
che nelle ordinanze nn. 253, 254, 255, 256 e 257 del 2009 il rimettente denuncia che la norma censurata violerebbe gli artt. 24, 101, 102 e 104 della Costituzione, perché essa «incide sul diritto alla tutela giurisdizionale», nonché gli artt. 3, 81 e 119 Cost.;
che, nell’ordinanza n. 258 del 2009, il giudice a quo afferma che la medesima norma contrasterebbe con gli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., poiché essa, nel diminuire retroattivamente il valore del contributo, confliggerebbe con il generale principio di irretroattività della legge al quale il legislatore deve ragionevolmente attenersi;
che l’analogia delle questioni prospettate rende opportuna la riunione dei giudizi al fine della loro trattazione congiunta e della loro decisione con un’unica pronuncia;
che le questioni sollevate con le ordinanze iscritte ai nn. 253, 254, 255, 256 e 257 del 2009 sono manifestamente inammissibili per irrilevanza, poiché il rimettente le ha sollevate dopo aver integralmente deciso nel merito i giudizi principali;
che, con riferimento alla questione sollevata con l’ordinanza n. 258 del 2009, la Corte ha già dichiarato l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 102 e 104 Cost., dell’art. 8-septies, del decreto-legge n. 136 del 2004, chiarendo che non è ravvisabile alcuna irrazionale retroattività della norma perché questa afferma una delle interpretazioni plausibili dell’art. 2, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 1990, n. 367 (Misure urgenti a favore delle aziende agricole e zootecniche danneggiate dalla eccezionale siccità verificatasi nell’annata agraria 1989-1990), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 gennaio 1991, n. 31 (sentenza n. 135 del 2006);
che, nella sentenza citata, la Corte ha osservato, in particolare, che la disposizione dell’art. 2, comma 2, del decreto-legge n. 367 del 1990, deve essere coordinata con quella dettata dal successivo art. 11 dello stesso decreto-legge che stabilisce, a carico dello Stato, l’erogazione di lire 650 miliardi per l’anno 1990 e di lire 250 miliardi per l’anno 1991 e che il necessario rispetto dell’art. 81, quarto comma, Cost. impone di ritenere che l’unica interpretazione del citato art. 2, comma 2, accettabile in quanto conforme a Costituzione fosse, sin dall’inizio, quella secondo la quale la norma riconosceva, a favore delle aziende agricole, il diritto soggettivo ad un contributo il cui oggetto, però, non coincideva necessariamente con l’intero ammontare indicato nella medesima norma (due milioni di lire per ogni ettaro), bensì con la somma matematicamente determinabile sulla base degli stanziamenti disponibili;
che l’ordinanza del Giudice di pace di San Vito dei Normanni non contiene nuove argomentazioni che possano indurre a dubitare che all’art. 8-septies, del decreto-legge n. 136 del 2004 debba essere attribuita la semplice funzione di aver definitivamente imposto per legge la corretta interpretazione dell’art. 2, comma 2, del decreto-legge n. 367 del 1990;
che, pertanto, la questione sollevata con l’ordinanza n. 258 del 2009 deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8-septies, del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136 (Disposizioni urgenti per garantire la funzionalità di taluni settori della pubblica amministrazione), convertito, con modificazioni, nella legge 27 luglio 2004, n. 186, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 81, 101, 102, 104 e 119 della Costituzione, dal Giudice di pace di San Vito dei Normanni, con le ordinanze nn. 253, 254, 255, 256 e 257 del 2009;
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 8-septies, del decreto-legge n. 136 del 2004, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice di pace di San Vito dei Normanni, con l’ordinanza n. 258 del 2009.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 marzo 2010.
F.to:
Ugo DE SIERVO, Presidente
Luigi MAZZELLA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 12 marzo 2010.