ORDINANZA N. 74
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 24 della delibera legislativa della Regione Siciliana 4 dicembre 2008 (disegno di legge n. 240-85-213-256-278-296-299), recante «Composizione delle giunte. Status degli amministratori locali e misure di contenimento della spesa pubblica. Soglia di sbarramento nelle elezioni comunali e provinciali della Regione. Disposizioni varie», promosso dal Commissario dello Stato per la Regione Siciliana con ricorso notificato il 13 dicembre 2008, depositato in cancelleria il 19 dicembre 2008 ed iscritto al n. 99 del registro ricorsi 2008.
Udito nella camera di consiglio del 4 novembre 2009 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro.
Ritenuto che, con ricorso notificato il 13 dicembre 2008, depositato il successivo 19 dicembre, il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana ha promosso, in riferimento agli articoli 97, 117, primo e secondo comma, lettera e), della Costituzione, 14 e 17 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione Siciliana), ed in relazione agli artt. 43 e 49 del Trattato 25 marzo 1957 (Trattato che istituisce la Comunità europea), nella versione in vigore fino al 30 novembre 2009, questione di legittimità costituzionale dell’art. 24 della delibera legislativa della Regione Siciliana, approvata dall’Assemblea regionale nella seduta del 4 dicembre 2008 (disegno di legge n. 240-85-213-256-278-296-299), recante «Composizione delle giunte. Status degli amministratori locali e misure di contenimento della spesa pubblica. Soglia di sbarramento nelle elezioni comunali e provinciali della Regione. Disposizioni varie»;
che, ad avviso del ricorrente, la norma impugnata, nella parte in cui stabilisce la proroga di ulteriori quarantotto mesi, dalla data della loro naturale scadenza, dei contratti di affidamento provvisorio nel settore dei trasporti pubblici locali, di cui alla legge regionale 22 dicembre 2005, n. 19, «nelle more dell’entrata in vigore della disciplina comunitaria di cui al regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, pubblicato nella GUUE serie L 315 del 3 dicembre 2007, al fine di assicurare la continuità del servizio di trasporto pubblico locale e di rendere più agevole agli enti locali il graduale compimento degli atti necessari all’applicazione della suddetta disciplina», riprodurrebbe, sostanzialmente, l’art. 31, comma 2, del disegno di legge n. 665-721-724, recante «Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2008», approvato dall’Assemblea regionale il 26 gennaio 2008 ed impugnato dinanzi a questa Corte costituzionale con ricorso del successivo 2 febbraio;
che, secondo il Commissario dello Stato, il citato art. 24 proroga, anche se per un periodo più breve di quello previsto dalla disposizione in precedenza impugnata (sino al 2015, anziché al 2019), i contratti di affidamento provvisorio del servizio pubblico di trasporto su strada, di cui all’art. 27 della legge regionale n. 19 del 2005, sottoscritti nel 2007, «nelle more della definitiva adozione del piano regionale di riassetto organizzativo e funzionale del trasporto pubblico locale», i quali traggono origine dalla trasformazione – operata dalla legge regionale n. 19 del 2005 – dei «rapporti concessori vigenti già accordati dalla Regione e dai Comuni, ai sensi della legge 28 settembre 1939 n. 1822 e della legge regionale 4 giugno 1964, n. 10», quindi prorogherebbe ben oltre il doppio la durata originaria dei contratti, indipendentemente dall’espletamento di procedure di evidenza pubblica;
che, a suo avviso, la proroga di un contratto di appalto di servizi o forniture stipulato da un’amministrazione pubblica darebbe luogo ad una figura di trattativa privata, non consentita, e da ritenersi ammissibile soltanto per cause determinate da fattori che non coinvolgono la responsabilità dell’amministrazione aggiudicatrice, essendo, quindi, ragionevole «dubitare della legittimità della proroga di contratti come quelli in specie non ancora prossimi alla scadenza, per i quali nei fatti si intende consentire alla pubblica amministrazione di rinviare l’indizione di una nuova gara che invece ben potrebbe concludersi entro il termine del contratto pubblico attualmente in vigore»;
che, pertanto, la proroga disposta dalla norma impugnata violerebbe, anzitutto, l’art. 117, primo comma, Cost., in quanto sarebbe suscettibile di alterare il regime di libero mercato delle prestazioni e dei servizi, in violazione degli obblighi comunitari in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici, derivanti dagli artt. 43, 49 e seguenti del Trattato istitutivo della Comunità europea, ponendosi, inoltre, in contrasto con le direttive 31 marzo 2004, n. 2004/17/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali), e 31 marzo 2004, n. 2004/18/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi), recepite con decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE);
che, secondo il ricorrente, questa Corte ha ricondotto la proroga ope legis di un contratto pubblico di servizi alla materia “tutela della concorrenza” (sentenza n. 320 del 2008), spettante alla competenza esclusiva dello Stato, da ritenersi lesa dalla proroga stabilita dalla norma impugnata, la quale derogherebbe al principio del ricorso alle procedure di gara;
che, in contrario, non rileverebbe la riconducibilità della disposizione impugnata alla materia dei trasporti, attribuita alla competenza legislativa concorrente della Regione Siciliana, in quanto essa violerebbe le norme comunitarie sopra indicate ed inciderebbe, comunque, sulla materia “tutela della concorrenza”, anche in quanto la disciplina statale di settore (art. 18 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, recante “Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59”) stabilisce che devono essere eliminati gli assetti monopolistici ed introdotte regole concorrenziali di gestione;
che, ad avviso del ricorrente, l’espletamento delle procedure concorsuali sarebbe preordinato a garantire la tutela della concorrenza, quindi la qualità e l’economicità del servizio pubblico, nonché la puntuale attuazione delle norme comunitarie in materia di liberalizzazione del mercato dei servizi di trasporto locale (in particolare, del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio 23 ottobre 2007 n. 1370, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70), in armonia con quanto stabilito dall’art. 4-ter del decreto del Presidente della Repubblica 17 dicembre 1953, n. 1113, recante «Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia di comunicazioni e trasporti» (aggiunto dall’art. 7 del decreto legislativo 11 settembre 2000, n. 296), il quale impone il ricorso alle «procedure concorsuali in conformità alla normativa comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici di servizi», per la scelta del gestore del servizio di trasporto pubblico di interesse regionale e locale;
che, inoltre, il citato art. 24, imponendo agli imprenditori privati modifiche autoritative ed unilaterali a contratti di affidamento provvisorio stipulati originariamente per la durata di tre anni, ponendo di fatto a loro carico oneri e obbligazioni non valutati preventivamente, né negoziati all’atto di conclusione del contratto, inciderebbe anche nella materia “diritto civile” (rectius: “ordinamento civile”);
che, infine, secondo il Commissario dello Stato, la norma impugnata, disponendo una proroga che determina il “raddoppio” della durata dei contratti di affidamento provvisorio in corso, violerebbe l’art. 97 Cost., in quanto eluderebbe l’obbligo del rispetto dei criteri di economicità ed efficacia ai quali dovrà ispirarsi il nuovo assetto del servizio di trasporto pubblico locale quale risultante dal piano regionale in cui dovrà essere prevista la ridefinizione della rete e la determinazione dei servizi minimi e delle unità di rete.
Considerato che il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana ha sollevato, in riferimento agli artt. 97, 117, primo e secondo comma, lettera e), della Costituzione, 14 e 17 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione Siciliana), in relazione agli artt. 43 e 49 del Trattato 25 marzo 1957 (Trattato che istituisce la Comunità europea), nella versione in vigore fino al 30 novembre 2009, questione di legittimità costituzionale dell’art. 24 della delibera legislativa della Regione Siciliana, approvata dall’Assemblea nella seduta del 4 dicembre 2008 (disegno di legge n. 240-85-213-256-278-296-299), recante «Composizione delle giunte. Status degli amministratori locali e misure di contenimento della spesa pubblica. Soglia di sbarramento nelle elezioni comunali e provinciali della Regione. Disposizioni varie»;
che, successivamente all’impugnazione, la predetta delibera legislativa è stata pubblicata come legge della Regione Siciliana 16 dicembre 2008, n. 22 (Composizione delle giunte. Status degli amministratori locali e misure di contenimento della spesa pubblica. Soglia di sbarramento nelle elezioni comunali e provinciali della Regione. Disposizioni varie), con omissione della disposizione oggetto di censura;
che l’intervenuto esaurimento del potere promulgativo, che si esercita necessariamente in modo unitario e contestuale rispetto al testo deliberato dall’Assemblea regionale, preclude definitivamente la possibilità che le parti della legge impugnate ed omesse in sede di promulgazione acquistino o esplichino una qualche efficacia, privando così di oggetto il giudizio di legittimità costituzionale (ex plurimis, ordinanze n. 304 del 2008, n. 358 e n. 229 del 2007; n. 389, n. 340 e n. 136 del 2006);
che, pertanto, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte, deve dichiararsi cessata la materia del contendere.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara cessata la materia del contendere in ordine al ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 2010.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Giuseppe TESAURO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 26 febbraio 2010.