SENTENZA N. 319
ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge della Regione Lazio 21 luglio 2008, n. 11 (Disposizioni per l’utilizzo di tecnologie innovative per le unità di soccorso in acqua), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 26 settembre 2008, depositato in cancelleria il 2 ottobre 2008 ed iscritto al n. 60 del registro ricorsi 2008.
Udito nell’udienza pubblica del 21 ottobre 2009 il Giudice relatore Giuseppe Frigo;
udito l’avvocato dello Stato Chiarina Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Con ricorso notificato il 26 settembre 2008, depositato il successivo 2 ottobre ed iscritto al n. 60 del registro dei ricorsi del 2008, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere g) ed h), della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge della Regione Lazio 21 luglio 2008, n. 11 (Disposizioni per l’utilizzo di tecnologie innovative per le unità di soccorso in acqua).
Il ricorrente assume che la legge impugnata disciplina l’attività di salvataggio svolta con moto d’acqua equipaggiate con speciali dotazioni per il trasporto dei bagnanti, al dichiarato fine di realizzare un efficace e rapido pattugliamento delle coste ed interventi di soccorso a medio e corto raggio, nel rispetto delle condizioni di sicurezza degli operatori. In particolare, gli artt. 1, 2 e 3 definiscono le caratteristiche e l’allestimento dei mezzi di soccorso nautico e degli strumenti di salvataggio ed individuano, quale strumento prioritario, la barella, descrivendone i requisiti.
Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che la Regione, con le menzionate norme, venendo a disciplinare l’organizzazione amministrativa e tecnica del pattugliamento, della vigilanza e del soccorso nautico, disponga in materia di «sicurezza della navigazione marittima» e della «vita umana in mare», in contrasto con le vigenti norme di diritto interno ed internazionale: e precisamente, a livello nazionale, con gli artt. 68, 69 e 70 del codice della navigazione, con l’art. 59 del regolamento per l’esecuzione del codice della navigazione (navigazione marittima) (d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328) e con l’art. 7 del d.P.R. 8 dicembre 2007, n. 271 (Regolamento di riorganizzazione del Ministero dei trasporti a norma dell’art. 1, comma 404, della legge 27 dicembre 2006, n. 296); a livello internazionale, con la Convenzione di Amburgo del 27 aprile 1979 sul salvataggio in mare, a cui l’Italia ha aderito e dato esecuzione con la legge 3 aprile 1989, n. 147, attuata dal regolamento adottato con il d.P.R. 28 settembre 1994, n. 662.
Tali materie sarebbero attribuite, secondo la prospettazione del ricorrente, alla competenza legislativa esclusiva dello Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., in quanto attinenti alla «sicurezza pubblica» e concernenti funzioni di competenza fondamentalmente statale, «anche per la evidente necessaria uniformità a livello nazionale e sopranazionale che la materia presenta».
Conseguentemente, la disciplina recata dalla legge regionale impugnata eccederebbe la competenza legislativa della Regione.
In relazione alle singole disposizioni, il Presidente del Consiglio dei ministri deduce che l’art. 1, evocando una forma particolare di pattugliamento delle coste, invaderebbe la competenza statale – attribuita, a seconda dell’ambito territoriale, al Comando generale delle Capitanerie di porto, alle Direzioni marittime ed ai Comandi di porto – in ordine al coordinamento delle attività di soccorso della vita umana in mare nelle zone costiere italiane.
Del pari, gli artt. 2 e 3 – nell’individuare, il primo, la moto d’acqua quale mezzo di soccorso nautico con minuziosa regolamentazione delle caratteristiche tecniche, e, il secondo, la barella quale strumento di salvataggio, con individuazione delle caratteristiche di galleggiabilità e di portata – invaderebbero la competenza esclusiva statale a regolare sia il trasporto marittimo delle persone (competenza esercitata con l’art. 59, numero 6, del regolamento per la navigazione marittima), sia l’allestimento dei natanti adibiti al salvataggio (competenza espressamente riservata allo Stato dall’art. 3, lettera c, del d.P.R. n. 662 del 1994).
Al riguardo, la Presidenza del Consiglio dei ministri richiama la giurisprudenza della Corte costituzionale sulla nozione di sicurezza, desunta dall’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., in cui sarebbe ricompresa la tutela dell’incolumità personale da fattori che la espongono a rischio (sono citate le sentenze n. 428 del 2004 e n. 222 del 2006): poiché chi si trova in mare verserebbe, in ogni caso, in una situazione di pericolo, l’attività di soccorso in mare rientrerebbe nel concetto di sicurezza pubblica.
Inoltre, anche a voler ritenere che la legge regionale impugnata persegua l’ulteriore finalità di tutela della salute, questa sarebbe recessiva rispetto alla finalità di tutela della sicurezza, in considerazione dell’inscindibile connessione con le attribuzioni del Corpo delle Capitanerie di porto. In applicazione del criterio della prevalenza, pertanto, la legge regionale impugnata andrebbe comunque ricondotta innanzitutto all’ambito della sicurezza pubblica e, conseguentemente, esulerebbe dalla competenza regionale.
Il Presidente del Consiglio dei ministri censura la normativa regionale anche con riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., il quale attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in materia di «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici».
Ritiene il ricorrente che gli artt. 1, 2 e 3 della legge regionale interferiscano sull’organizzazione e sulle funzioni delle varie strutture del Corpo delle Capitanerie di porto, innanzitutto perché le attività di programmazione e di coordinamento nel salvataggio in mare esercitate da dette strutture verrebbero, in concreto, incise dal pattugliamento e dal diffuso impiego delle moto d’acqua nel soccorso dei bagnanti, in mancanza di coordinamento tra la disciplina regionale e quella dettata dai competenti organi di tale Corpo. La legge regionale, inoltre, potrebbe essere interpretata come limitativa delle scelte delle strutture del Corpo delle Capitanerie di porto di dotarsi anche delle moto d’acqua e delle barelle, da utilizzare come mezzi di salvataggio: con la conseguente invasione della competenza organizzativa dello Stato e la violazione del consolidato principio secondo il quale la legge regionale non può prevedere l’istituzione di strutture o l’adempimento di obblighi da parte di organi statali.
In forza di tali argomenti il ricorrente conclude richiedendo che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge della Regione Lazio n. 11 del 2008.
Considerato in diritto
1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri solleva questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge della Regione Lazio 21 luglio 2008, n. 11 (Disposizioni per l’utilizzo di tecnologie innovative per le unità di soccorso in acqua), per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere g) ed h), della Costituzione.
In primo luogo, secondo il ricorrente, le disposizioni censurate, definendo le caratteristiche delle moto d’acqua, quale mezzo utilizzabile per il soccorso nautico, e delle barelle, quali strumenti prioritari di salvataggio, organizzerebbero e regolerebbero il pattugliamento ed il soccorso in mare e, in definitiva, mirerebbero a tutelare l’incolumità personale.
Tali materie sarebbero attribuite alla competenza legislativa esclusiva dello Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., in quanto attinenti alla «sicurezza pubblica», al cui ambito sarebbero riferibili la sicurezza delle persone e, in particolare, la tutela della incolumità personale da fattori che la espongono a rischio, non rilevando, in applicazione del criterio della prevalenza, l’eventuale concorrente finalità di tutela della salute, comunque recessiva rispetto alla prima.
L’illegittimità costituzionale deriverebbe, in secondo luogo, dalla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., che attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in materia di «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici». Il pattugliamento e il diffuso impiego delle moto d’acqua come mezzi di soccorso in mare in attuazione della legge regionale impugnata sarebbero, infatti, suscettibili di interferire con le attività di programmazione e coordinamento nel soccorso e nel salvataggio in mare, di competenza del Corpo delle Capitanerie di porto. La legge regionale, inoltre, potrebbe essere interpretata come limitativa delle scelte delle Capitanerie di porto di dotarsi anche delle moto d’acqua e delle barelle, da utilizzare come mezzi di salvataggio e, conseguentemente, sarebbe invasiva della competenza in materia di organizzazione dello Stato e lesiva del consolidato principio secondo il quale la legge regionale non può prevedere l’istituzione di strutture o l’adempimento di obblighi da parte di organi statali.
2. – Le censure non sono fondate.
3. – Entrambe derivano da una fallace interpretazione degli obiettivi e della portata delle disposizioni oggetto specifico di impugnazione, che, considerate sia per sè stesse, sia nel corpo della legge regionale della quale fanno parte, non consentono di inferire che si tratti di uno strumento normativo volto a «disciplinare la realizzazione di un efficace pattugliamento delle coste e […] interventi di soccorso in mare», cui consegua l’invasione della competenza statale in materia di tutela della sicurezza pubblica nonché di ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato.
Con l’art. 1 della legge regionale n. 11 del 2008, relativo alle finalità di essa, si dispone non già di realizzare quel pattugliamento e quegli interventi, ma semplicemente di favorire l’attività di salvamento (anche) mediante l’impiego – da parte di quanti se ne debbono o possono occupare – di moto d’acqua equipaggiate con dotazioni speciali per il trasporto dei bagnanti.
Lo strumento per incentivare tale impiego è la concessione e l’erogazione di contributi fino al concorso del settantacinque per cento della spesa documentata e ammissibile (art. 6) in favore di soggetti beneficiari, che sono determinati dall’art. 7 (tra cui principalmente: assistenti dei bagnanti di strutture balneari, articolazioni di soccorso e protezione civile, sezione di salvamento della Federazione italiana nuoto, polizia di Stato, Arma dei carabinieri, Guardia di finanza, Guardia costiera, Autorità portuali, Corpo nazionale vigili del fuoco).
È poi previsto che i natanti (moto d’acqua) e gli strumenti di salvataggio (barelle) da impiegare abbiano determinate caratteristiche, ritenute idonee allo scopo, specificamente e minutamente descritte agli artt. 2 e 3 della stessa legge.
È di tutta evidenza che queste caratteristiche sono richieste non come oggetto di prescrizioni necessarie in assoluto (quasi che nessuna altra moto d’acqua e nessuna altra barella possa mai essere impiegata a quello scopo), ma solo come condizione per ammettere al contributo regionale quanti, tra i soggetti sopra ricordati, intendano impiegarle allo scopo medesimo. Va, quindi, escluso che le norme dei citati artt. 2 e 3 della legge, pur costituendo norme tecniche volte a definire le caratteristiche strutturali di quel particolare natante integrato con strumenti di salvataggio, possano suscitare questioni attinenti alla riserva statale in materia di sicurezza pubblica; e ciò, a prescindere da ogni rilievo riguardo ai confini da assegnare a tale materia ed alla reale possibilità di includervi quanto dedotto dal ricorrente.
Altrettanto evidente è, sotto altro profilo, che le norme censurate non si occupano di disciplinare le condizioni e le modalità di impiego dei particolari natanti in esame, né di inserirli in una o in altra organizzazione di pattugliamento o di soccorso, né tantomeno di costituirne alcuna. Unico obbiettivo della legge, secondo le parole impiegate nel suo stesso titolo, è di promuovere con incentivi finanziari «l’utilizzo di tecnologie innovative per le unità di soccorso in acqua», ferme restando tutte le altrui competenze e tutte le discipline attinenti a quella organizzazione. Significativo, al riguardo, è, tra l’altro, quanto dispone l’art. 5, secondo cui «per l’uso dei natanti denominati moto d’acqua sono fatte salve le norme vigenti in materia di navigazione». Inoltre, la lettura del citato elenco dei soggetti legittimati a fruire degli incentivi rende palese che ben vi possono liberamente e discrezionalmente accedere proprio enti e organismi cui compete, a vario titolo, l’attività di pattugliamento delle coste e di soccorso.
Si deve, quindi, escludere una lesione della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici, con particolare riferimento alle attività di programmazione e coordinamento nel soccorso e nel salvataggio in mare di competenza delle Capitanerie di porto.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge della Regione Lazio 21 luglio 2008, n. 11 (Disposizioni per l’utilizzo di tecnologie innovative per le unità di soccorso in acqua), sollevata, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere g) ed h), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 novembre 2009.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Giuseppe FRIGO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 4 dicembre 2009.