Ordinanza n. 288 del 2009

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 288

ANNO 2009

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

- Francesco        AMIRANTE          Presidente

- Ugo                DE SIERVO          Giudice

- Paolo              MADDALENA                “

- Alfio               FINOCCHIARO              “

- Alfonso           QUARANTA                   “

- Luigi               MAZZELLA                    “

- Gaetano          SILVESTRI                     “

- Sabino            CASSESE                       “

- Maria Rita       SAULLE                         “

- Giuseppe         TESAURO                      “

- Paolo Maria     NAPOLITANO               “

- Giuseppe         FRIGO                           “

- Alessandro      CRISCUOLO                  “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del 19 febbraio 2009 relativa all'insindacabilità, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse da Raffaele Iannuzzi, senatore all'epoca dei fatti, nei confronti del dott. Giancarlo Caselli ed altri, promosso dal Tribunale di Milano – sezione VIII penale, con ricorso depositato in cancelleria il 16 aprile 2009 ed iscritto al n. 5 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2009, fase di ammissibilità.

    Udito nella camera di consiglio del 7 ottobre 2009 il Giudice relatore Paolo Maddalena.

    Ritenuto che il Tribunale di Milano, nel corso di un procedimento penale per reati di diffamazione aggravata a mezzo stampa a carico di Raffaele Iannuzzi, senatore all'epoca dei fatti, con ricorso del 7 aprile 2009, pervenuto nella cancelleria di questa Corte il 16 aprile 2009, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Senato della Repubblica, in relazione alla deliberazione adottata il 19 febbraio 2009 (doc. IV-ter, n. 6), con la quale è stato dichiarato, su conforme proposta della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, che i fatti per i quali è in corso l'indicato procedimento debbono ritenersi insindacabili ai sensi dell'art. 68 della Costituzione, costituendo opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni di parlamentare;

    che il ricorrente, nel riportare in premessa i capi di imputazione, rileva che il procedimento penale è sorto a seguito delle querele proposte dai magistrati Giancarlo Caselli, Guido Lo Forte, Gioacchino Natoli e Roberto Scarpinato nei confronti dello Iannuzzi, il quale – con due articoli di stampa pubblicati sul quotidiano “Il Giornale”, l'uno, del 2 novembre 2003, dal titolo “Genesi di una persecuzione – Buscetta rinnegò il verbale che aprì il caso Pecorelli”, l'altro, del 19 settembre 2004, dal titolo “Gli intoccabili in toga” – avrebbe offeso la reputazione dei querelanti, affermando: che il processo al senatore Giulio Andreotti sarebbe stato instaurato per finalità politiche; e che i predetti magistrati avrebbero strumentalizzato le dichiarazioni del pentito Buscetta, avrebbero posto in essere una serie di atti tali da determinare il suicidio del maresciallo Lombardo ed avrebbero, in sostanza, abusato delle rispettive posizioni per impedire che fossero scoperte le tracce del loro operato, anche attraverso un'indebita interferenza nel dibattito parlamentare conseguente all'esito del processo Andreotti;

    che il Tribunale esclude che, nella specie, vi sia alcun elemento concreto da cui si possa desumere la sussistenza di una corrispondenza sostanziale tra i contenuti degli articoli oggetto delle querele e le opinioni già espresse dal senatore in specifici atti parlamentari, non essendo sufficiente una mera comunanza di tematiche e un generico riferimento alla rilevanza dei fatti pubblici;

    che, richiamandosi alla giurisprudenza di questa Corte, il giudice ricorrente osserva che tale correlazione funzionale non può derivare dall'interesse costantemente manifestato dal senatore Iannuzzi, nello svolgimento della sua attività politica, per le tematiche della politica giudiziaria in ambito di contrasto all'attività mafiosa;

    che, a suo avviso, l'interpretazione prospettata dalla deliberazione da cui è sorto il conflitto comporterebbe, di fatto, che l'istituto della insindacabilità, previsto dall'art. 68 della Costituzione, si trasformerebbe da esenzione di responsabilità legata alla funzione in privilegio personale, con la conseguenza che le opinioni e le dichiarazioni manifestate da un parlamentare sarebbero, sempre e comunque, sottratte alla verifica giurisdizionale;

    che la condotta addebitabile allo Iannuzzi, astrattamente idonea, nella sua specificità e gravità, ad integrare un illecito, esulerebbe dall'esercizio delle funzioni parlamentari e non presenterebbe oggettivamente alcun legame con atti parlamentari neppure nell'accezione più ampia e, come tale, dovrebbe rientrare nella cognizione riservata al sindacato giurisdizionale;

    che, stante la dedotta carenza del nesso funzionale, il Tribunale chiede che questa Corte, previa declaratoria di ammissibilità del conflitto, dichiari che non spettava al Senato della Repubblica la valutazione della condotta addebitabile allo Iannuzzi, in quanto estranea alla previsione di cui all'art. 68, primo comma, Cost., e, per l'effetto, annulli la deliberazione del Senato della Repubblica in data 19 febbraio 2009, in quanto lesiva della sfera delle attribuzioni giurisdizionali.

    Considerato che, in questa fase del giudizio, la Corte è chiamata, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a deliberare, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile in quanto vi sia la «materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza», sussistendone i requisiti soggettivo ed oggettivo e restando impregiudicata ogni ulteriore questione, anche in punto di ammissibilità;

    che, sotto il profilo del requisito soggettivo, va riconosciuta la legittimazione del Tribunale di Milano a sollevare conflitto, in quanto organo giurisdizionale, in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene nell'esercizio delle funzioni attribuitegli;

    che, parimenti, deve essere riconosciuta la legittimazione del Senato della Repubblica ad essere parte del presente conflitto, quale organo competente a dichiarare in modo definitivo la propria volontà in ordine all'applicabilità dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;

    che, per quanto attiene al profilo oggettivo, il giudice ricorrente lamenta la lesione della propria sfera di attribuzione, costituzionalmente garantita, da parte della impugnata deliberazione del Senato della Repubblica;

    che, dunque, esiste la materia di un conflitto, la cui risoluzione spetta alla competenza di questa Corte.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dal Tribunale di Milano nei confronti del Senato della Repubblica con il ricorso indicato in epigrafe;

    dispone:

    a) che la cancelleria della Corte costituzionale dia immediata comunicazione della presente ordinanza al ricorrente Tribunale di Milano;

    b) che il ricorso e la presente ordinanza siano, a cura del ricorrente, notificati al Senato della Repubblica, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati, con la prova dell'avvenuta notifica, presso la cancelleria della Corte entro il termine di trenta giorni previsto dall'art. 24, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 novembre 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Paolo MADDALENA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 6 novembre 2009.