Ordinanza n. 97 del 2009

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 97

ANNO 2009

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Francesco                                       AMIRANTE          Presidente      

-  Ugo                                               DE SIERVO             Giudice

-  Paolo                                             MADDALENA               “

-  Alfio                                              FINOCCHIARO            “

-  Alfonso                                          QUARANTA                 “

-  Franco                                           GALLO                         “

-  Luigi                                              MAZZELLA                  “

-  Gaetano                                         SILVESTRI                   “

-  Sabino                                           CASSESE                     “

-  Maria Rita                                      SAULLE                       “

-  Giuseppe                                        TESAURO                     “

-  Paolo Maria                                    NAPOLITANO              “

-  Giuseppe                                        FRIGO                          “

-  Alessandro                                     CRISCUOLO                “

-  Paolo                                             GROSSI                        “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 200, 322-ter del codice penale e 1, comma 143, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), promosso con ordinanza del 12 febbraio 2008, dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Trento nel procedimento penale a carico di S.B., iscritta al n. 190 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell’11 marzo 2009 il Giudice relatore Franco Gallo.

Ritenuto che, con ordinanza del 12 febbraio 2008, il Giudice dell’udienza preliminare di Trento ha sollevato, in riferimento all’art. 117 della Costituzione, questione di legittimità degli artt. 200, 322-ter del codice penale e 1, comma 143, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), nella parte in cui prevedono «la confisca obbligatoria […] di beni di cui il reo abbia la disponibilità per un valore corrispondente a quello del profitto, per i reati tributari commessi precedentemente alla loro entrata in vigore»;

che il rimettente premette di aver applicato a un imputato, a norma dell’art. 444 del codice di procedura penale, la pena di anni uno e mesi dieci di reclusione per alcuni reati in materia tributaria e fallimentare (specificati nell’ordinanza di rimessione) commessi fino al 27 settembre 2005 e che, successivamente a tale pronuncia, il difensore ha avanzato istanza di dissequestro della somma di denaro sequestrata all’imputato nel corso del procedimento;

che, ad avviso del rimettente, la restituzione di tale somma, pur essendo «atto dovuto» – in quanto il denaro non è ricollegabile all’attività delittuosa –, è impedita dall’entrata in vigore, in data 1° gennaio 2008, del denunciato art. 1, comma 143, della legge n. 244 del 2007, secondo cui «nei casi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10-bis, 10-ter, 10-quater e 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all’art. 322-ter del codice penale»;

che infatti, per effetto di tale disposizione – prosegue il medesimo rimettente –, la confisca per equivalente è divenuta applicabile ai reati tributari oggetto del giudizio principale e, in quanto misura di sicurezza di natura patrimoniale, si applica anche ai reati che, come quelli di specie, siano stati commessi anteriormente alla sua entrata in vigore;

che tale conclusione, osserva il giudice a quo, deriva dal fatto che, in base al diritto vivente, il principio dell’irretroattività della legge penale, sancito dall’art. 25, secondo comma, Cost. e dall’art. 2 cod. pen., opera esclusivamente nei riguardi delle norme penali incriminatrici e non anche rispetto alle misure di sicurezza, come la confisca per equivalente, con la conseguenza che, per effetto della suddetta sopravvenuta normativa, la somma sequestrata all’imputato dovrebbe essere confiscata;

che, nondimeno, proprio l’applicazione retroattiva ai reati tributari della suddetta confisca per equivalente, si pone in contrasto, secondo il rimettente, con l’art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e, quindi, con l’art. 117, primo comma, Cost., che esige il rispetto, da parte del legislatore, dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali;

che, al riguardo, il giudice a quo osserva che detta confisca – quale forma di prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti – costituisce, alla stregua della giurisprudenza della Corte di cassazione, una misura di sicurezza di carattere «eminentemente sanzionatorio» (sezioni unite penali, n. 41936 del 2005) e, pertanto, sostanzialmente, una “pena”, anche «secondo la nozione che ne fornisce la Corte europea dei diritti dell’uomo»;

che, sempre per il rimettente, da ciò deriva che l’applicazione retroattiva della confisca per equivalente comporta, come rilevato dalla Corte europea con la sentenza 9 febbraio 1995, Welch contro Regno Unito, la violazione dell’art. 7 della citata Convenzione, nella parte in cui stabilisce che «non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso»;

che il giudice a quo, infine, afferma la rilevanza della sollevata questione, perché, nel caso di accoglimento, la somma di denaro sequestrata andrebbe restituita all’imputato e non confiscata;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o comunque infondata, per l’erroneità del presupposto interpretativo da cui muove il rimettente;

che la difesa erariale rammenta che l’art. 322-ter cod. pen. − il quale prevede, appunto, la “confisca per equivalente” − è stato inserito nell’ordinamento dall’art. 3 della legge 29 settembre 2000, n. 300, il cui art. 15 stabilisce che «le disposizioni di cui all’articolo 322-ter del codice penale, introdotto dal comma 1 dell’articolo 3 della presente legge, non si applicano ai reati ivi previsti, nonché a quelli indicati nel comma 2 del medesimo articolo 3, commessi anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge»;

che, per l’Avvocatura generale dello Stato, il citato art. 15 della legge n. 300 del 2000 è espressivo – come chiarito dalla giurisprudenza della Corte di legittimità – del principio generale dell’ordinamento secondo cui è impossibile applicare la confisca in questione a fatti di reato per i quali, al momento della loro commissione, detta misura non era prevista;

che da ciò discende − sempre secondo l’Avvocatura − che, contrariamente a quanto opinato dal giudice a quo, la confisca per equivalente si applica solo a quei reati tributari «commessi nella vigenza della l. n. 244/07».

Considerato che il Giudice dell’udienza preliminare di Trento dubita della legittimità costituzionale degli artt. 200, 322-ter del codice penale e 1, comma 143, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), nella parte in cui essi prevedono la confisca obbligatoria cosiddetta “per equivalente” − vale a dire, la confisca di beni di cui il reo abbia la disponibilità, per un valore corrispondente a quello del profitto derivante dal reato − anche per i reati tributari commessi precedentemente alla loro entrata in vigore;

che il giudice a quo muove dall’erroneo presupposto interpretativo che la confisca in questione, dovendosi formalmente qualificare come misura di sicurezza e non come pena, deve essere retroattivamente applicata anche a reati commessi nel tempo in cui non era legislativamente prevista ovvero risultava diversamente disciplinata quanto a tipo, qualità e durata;

che, in particolare, per il rimettente le denunciate disposizioni, così interpretate, violano l’art. 117, primo comma, della Costituzione, perché si pongono in contrasto con l’art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, assunto quale parametro interposto, il quale, nel prevedere che non possa essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è commesso, vieta, secondo l’interpretazione della Corte europea dei diritti dell’uomo, l’applicazione retroattiva anche della confisca “per equivalente”, che, quale misura di sicurezza di carattere eminentemente sanzionatorio, deve invece essere sostanzialmente assimilata a una pena;

che tale interpretazione è erronea, perché, contrariamente a quanto affermato dal rimettente, l’art. 1, comma 143, della legge n. 244 del 2007 − con il quale la disciplina della confisca “per equivalente” di cui all’art. 322-ter cod. pen. è stata estesa ai reati tributari di cui agli artt. 2, 3, 4, 5, 8, 10-bis, 10-ter e 11 del d.lgs. n. 74 del 2000 − non opera retroattivamente;

che, infatti - come affermato dalla Corte di cassazione in numerose pronunce - la mancanza di pericolosità dei beni che sono oggetto della confisca per equivalente, unitamente all’assenza di un “rapporto di pertinenzialità” (inteso come nesso diretto, attuale e strumentale) tra il reato e detti beni, conferiscono all’indicata confisca una connotazione prevalentemente afflittiva, attribuendole, cosí, una natura «eminentemente sanzionatoria», che impedisce l’applicabilità a tale misura patrimoniale del principio generale dell’art. 200 cod. pen., secondo cui le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione, e possono essere, quindi, retroattive (ex multis, Cassazione penale, sentenze n. 39173, n. 39172 e n. 21566 del 2008);

che a tale conclusione si giunge sulla base della duplice considerazione che il secondo comma dell’art. 25 Cost. vieta l’applicazione retroattiva di una sanzione penale, come deve qualificarsi la confisca per equivalente, e che la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto in contrasto con i princípi sanciti dall’art. 7 della Convenzione l’applicazione retroattiva di una confisca di beni riconducibile proprio ad un’ipotesi di confisca per equivalente (Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza n. 307A/1995, Welch v. Regno unito);

che da tali rilievi consegue la manifesta infondatezza della questione, per erroneità del presupposto interpretativo.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 200, 322-ter del codice penale e 1, comma 143, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), sollevata, in riferimento all’art. 117 della Costituzione, dal Giudice dell’udienza preliminare di Trento con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'1 aprile 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 2 aprile 2009.