ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
-Giovanni Maria FLICK Presidente
-Francesco AMIRANTE Giudice
-Ugo DE SIERVO "
-Paolo MADDALENA "
-Alfio FINOCCHIARO "
-Alfonso QUARANTA "
-Franco GALLO "
-Luigi MAZZELLA "
-Gaetano SILVESTRI "
-Sabino CASSESE "
-Maria Rita SAULLE "
-Giuseppe TESAURO "
-Paolo Maria NAPOLITANO "
-Giuseppe FRIGO "
-Alessandro CRISCUOLO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 2, della legge 8 febbraio 2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), promosso con ordinanza dell'11 gennaio 2008 dal Tribunale ordinario di Siena nel procedimento civile vertente tra S. L. e C. R., iscritta al n. 168 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 2008.
Visti l'atto di costituzione di C. R. nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 16 dicembre 2008 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro;
uditi l'avvocato Curzio Cicala per C. R. e l'avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che il Tribunale ordinario di Siena, nel corso di un procedimento originato dal ricorso presentato dal genitore collocatario di figli minori nati fuori dal matrimonio contro l'altro genitore, non più convivente, per ottenere sia i provvedimenti inerenti all'affidamento ed alle modalità di frequentazione dei figli, sia la determinazione del contributo al mantenimento degli stessi, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 2, della legge 8 febbraio 2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), così come interpretato dalla Corte di cassazione con la ordinanza 3 aprile 2007, n. 8362, per violazione degli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione;
che, secondo il giudice a quo, l'interpretazione prospettata in tale ordinanza - secondo cui il tribunale per i minorenni deve ritenersi competente non solo in materia di affidamento dei figli naturali minori di età e di modalità di esercizio della potestà genitoriale, ma anche sulle questioni relative al loro mantenimento e sulle questioni economiche in genere - non appare formalmente censurabile, non risolvendosi in una disparità di trattamento dei figli minori a seconda che siano nati o meno fuori dal matrimonio, uguale essendo la disciplina sostanziale: sicché, sotto tale profilo, non verrebbe in essere alcuna violazione del principio di uguaglianza, né della tutela del diritto sogg ettivo;
che il rimettente osserva che l'intento del legislatore, ricavabile dagli atti parlamentari, era quello di evitare la duplicità di competenze, facendo confluire tutte le controversie nella competenza del tribunale ordinario, la cui procedura offre maggiori garanzie per i minori;
che, prosegue il rimettente, la normativa di cui agli artt. 155 e seguenti del codice civile postula il rito processuale speciale di cui all'art. 706 e seguenti del codice di procedura civile, incompatibile con quello camerale tipico del tribunale per i minorenni;
che - rileva ancora il giudice a quo - deve ritenersi che la legge n. 54 del 2006 non ha espressamente derogato alla competenza del tribunale per i minorenni, quale si ricava dal combinato disposto degli artt. 38 delle disposizioni di attuazione cod. civ. e 317-bis cod. civ. e che, in tema di norme processuali, il rito speciale di cui agli artt. 706 e segg. cod. proc. civ. non è invocabile nelle controversie derivanti dalla crisi della convivenza di fatto;
che, tuttavia, stante l'interpretazione della legge n. 54 del 2006, avallata dalla Corte di cassazione nella citata ordinanza, l'assoggettamento delle questioni relative al mantenimento dei figli naturali minori di età e delle relative questioni economiche al rito camerale, tipico della volontaria giurisdizione comporta, secondo il rimettente, una limitazione di garanzie processuali che può tradursi in una disparità di trattamento rispetto alla tutela dei minori nati all'interno del matrimonio, per i quali è assicurata la garanzia processuale propria del rito ordinario;
che, sotto tale aspetto, il rimettente sospetta il contrasto della norma impugnata, oltre che con l'art. 3, con l'art. 24 della Costituzione;
che inoltre, secondo il giudice a quo, la diversificazione delle competenze confliggerebbe con il principio della ragionevole durata del processo (di cui all'art. 111 Cost.) e della concentrazione delle tutele (principio da ultimo affermato dalla citata ordinanza della Cassazione n. 8362 del 2007);
che ciò apparirebbe evidente nell'ipotesi di crisi della famiglia di fatto, con riguardo ai figli naturali minorenni ed a quelli maggiori di età, ma non ancora economicamente indipendenti, dal momento che, in tale ipotesi, i genitori naturali sarebbero costretti a rivolgersi al tribunale per i minorenni per i primi, e, nel contempo, al tribunale ordinario per i secondi, con eventuale necessità, presso ciascun ufficio, di disporre autonoma C.T.U. per accertare le situazioni economiche dei genitori alle quali parametrare il contributo al mantenimento dovuto dagli stessi, e con il pericolo di accertamenti disomogenei;
che appare, dunque, costituzionalmente corretto, secondo il giudice a quo, affermare l'esigenza della unicità delle competenze in tema di tutela dei minori, indipendentemente dalla natura del rapporto esistente tra i genitori al momento della loro separazione e, cioè, indipendentemente dalla condizione di figli nati fuori dal matrimonio;
che la dicotomia delle competenze, infine, si risolverebbe in violazione dell'art. 111 Cost. anche sotto altro profilo, perché, con riguardo ai provvedimenti emessi dal presidente del tribunale ordinario in tema di tutela dei figli nati dal matrimonio, è possibile il ricorso alla Corte di appello in sede di reclamo, e quindi alla Corte di cassazione, mentre lo stesso non è consentito in tema di tutela dei figli nati fuori dal matrimonio, per i quali è inammissibile il ricorso per Cassazione avverso il decreto della sezione minori della Corte di appello, che decide in sede di reclamo;
che, nel giudizio innanzi a questa Corte, si è costituita una delle parti del giudizio a quo, la quale ha rilevato che la Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 8362 del 2007, è pervenuta ad una soluzione che presenta profili di incostituzionalità, sia perché ha cristallizzato il principio del diritto alla piena parificazione tra figli naturali e figli legittimi sotto l'aspetto sostanziale e processuale, sia perché ha escluso l'applicabilità delle norme relative alla reclamabilità della ordinanza presidenziale, e la impugnabilità per Cassazione, ex art. 111 Cost., del decreto emesso a conclusione del procedimento innanzi al Tribu nale per i minorenni;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la inammissibilità della questione, per difetto di rilevanza, per essere le censure di incostituzionalità incentrate sul rito applicabile innanzi al Tribunale per i minorenni, laddove il giudizio a quo pende innanzi al Tribunale in sede ordinaria (e la instaurazione innanzi al Tribunale per i minorenni sarebbe ipotesi eventuale e futura), o, comunque, per la manifesta infondatezza della stessa;
che, nell'imminenza dell'udienza pubblica, la difesa della parte privata ha depositato una memoria, con la quale, nel ribadire le argomentazioni già svolte, ha concluso per l'attribuzione della competenza al tribunale ordinario delle controversie aventi ad oggetto i provvedimenti inerenti l'affidamento e il mantenimento dei figli nati da persone non coniugate; o, in via subordinata, per l'attribuzione della competenza al tribunale ordinario delle controversie relative alla determinazione del contributo al mantenimento e al tribunale per minorenni delle questioni relative ai provvedimenti inerenti l'affidamento; o, in via ulteriormente subordinata, per la declaratoria di incostituzionalità per manifesta irragionevolezza d ella normativa impugnata là dove attribuisce alla competenza del tribunale per i minorenni, invece che al tribunale ordinario, l'emissione dei provvedimenti inerenti l'affidamento e il mantenimento dei figli nati da persone non coniugate.
Considerato che il Tribunale ordinario di Siena dubita della legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 2, della legge 8 febbraio 2006, n.54 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), così come interpretato dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza 3 aprile 2007, n. 8362 - nel senso di attribuire al tribunale per i minorenni la competenza nelle controversie tra genitori naturali non solo in tema di affidamento di figli minori e di modalità di esercizio della potestà genitoriale, ma anche sulle questioni relative al mante nimento dei minori stessi e su quelle economiche in genere - per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione, poiché l'assoggettamento delle materie di cui si tratta al rito camerale, tipico della volontaria giurisdizione, comporterebbe una limitazione di garanzie processuali che potrebbe tradursi in una disparità di trattamento rispetto alla tutela dei minori nati all'interno del matrimonio, per i quali è assicurata invece la garanzia processuale propria del rito ordinario; e per violazione dell'art. 111 Cost., in quanto la disparità delle competenze, si porrebbe in contrasto con il principio della concentrazione delle tutele; nonché dello stesso art. 111 Cost. poiché, con riguardo ai provvedimenti emessi dal tribunale ordinario in tema di tutela dei figli nati fuori dal matrimonio, è possibile il ricorso alla Corte d'appello in sede di reclamo, e quindi alla Corte di cassazione, mentre, in tema di tutela dei figli nati fuori dal matrimonio, è inammissibile il ricorso per cassazione avverso il decreto della sezione minori della Corte di appello, che decide in sede di reclamo;
che la questione proposta è manifestamente inammissibile per non avere il rimettente delimitato in modo esaustivo il petitum lasciando margini di dubbio in ordine alla effettiva portata dello stesso: se, cioè, esso comprenda l'attribuzione tout court alla competenza del giudice ordinario delle controversie attinenti alla prole minorenne di genitori non coniugati - nel qual caso sarebbe stata, peraltro, superflua la specifica contestazione della ordinanza della Cassazione, poiché è la stessa legge n. 54 del 2006, per ammissione dello stesso rimettente, a riconoscere la competenza del Tribunale per i minorenni - ovvero sia limitata all'attribuzione di detta co mpetenza al giudice ordinario solo nei casi di controversie attinenti agli aspetti economici;
che da quanto precede deriva la manifesta inammissibilità della questione proposta.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 9 e 87, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 2, della legge 8 febbraio 2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Siena, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 febbraio 2009.
F.to:
Giovanni Maria FLICK, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 18 febbraio 2009.