Sentenza n. 442 del 2008

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SENTENZA N. 442

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Giovanni Maria                                FLICK                  Presidente

-  Francesco                                       AMIRANTE            Giudice

-  Ugo                                                         DE SIERVO                  “

-  Paolo                                             MADDALENA               “

-  Alfio                                              FINOCCHIARO            “

-  Alfonso                                          QUARANTA                           “

-  Franco                                           GALLO                         “

-  Luigi                                              MAZZELLA                  “

-  Gaetano                                         SILVESTRI                   “

-  Sabino                                           CASSESE                     “

-  Maria Rita                                      SAULLE                       “

-  Giuseppe                                        TESAURO                     “

-  Paolo Maria                                    NAPOLITANO              “

-  Giuseppe                                        FRIGO                          “        

-  Alessandro                                     CRISCUOLO                “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, della legge della Regione Siciliana 3 maggio 2001, n. 6 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2001), come modificato dall’art. 11, comma 1, della legge della Regione Siciliana 26 marzo 2002, n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2002), promosso con ordinanza depositata il 20 marzo 2007 dalla Commissione tributaria provinciale di Palermo nel giudizio vertente tra la Provincia regionale di Palermo, il Comune di Bisacquino ed altra parte, iscritta al n. 158 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Visto l’atto di intervento del Presidente della Regione Siciliana;

udito nella camera di consiglio del 19 novembre 2008 il Giudice relatore Franco Gallo.

Ritenuto in fatto

1. – Nel corso di un giudizio promosso dalla Provincia regionale di Palermo avverso alcune cartelle di pagamento concernenti la TARSU relativa agli anni dal 2000 al 2003, emesse nei suoi confronti dal Comune di Bisacquino in relazione a locali adibiti a sede di un istituto di istruzione secondaria siti in quel Comune, la Commissione tributaria provinciale di Palermo, con ordinanza depositata il 20 marzo 2007, ha sollevato – in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, 36 dello statuto speciale per la Regione Siciliana e 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria) – questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, della legge della Regione Siciliana 3 maggio 2001, n. 6 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2001), come modificato dall’art. 11, comma 1, della legge della Regione Siciliana 26 marzo 2002, n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2002), nella parte in cui pone «a carico» delle province «l’onere relativo alla tassa e agli accessori» dovuti per la raccolta e il trasporto dei rifiuti solidi urbani, «per quanto riguarda le istituzioni scolastiche statali di istruzione secondaria di secondo grado e gli istituti regionali di cui all’articolo 1 della legge regionale 5 settembre 1990, n. 34 e successive modifiche ed integrazioni».

1.1. – Il giudice rimettente premette che la Provincia regionale ricorrente ha impugnato le suddette cartelle deducendo, tra l’altro, il proprio difetto di legittimazione passiva in ordine alla pretesa impositiva, perché la tassa in questione, il cui onere è addossato alle province in forza della disposizione denunciata, è «dovuta, ai sensi della legge istitutiva, da coloro che occupano o detengono i locali o le aree scoperte, e cioè, nel caso di specie, il Ministero della pubblica istruzione».

1.2. – In ordine alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice a quo afferma che la censurata disposizione di legge regionale incide sull’individuazione del soggetto passivo della TARSU, cioè di un tributo qualificabile come “statale” – in quanto istituito con legge statale – e, pertanto, interviene in una materia riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato. Il rimettente osserva, al riguardo (richiamando, per analogia, la sentenza n. 75 del 2006, con cui la Corte costituzionale, in tema di ICI, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 27 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 4 marzo 2005, n. 4), che deve escludersi che «la Regione Sicilia abbia competenza legislativa per individuare altro soggetto passivo dell’imposta da quello individuato dalla legislazione statale e ciò né in forza dell’articolo 117 della Costituzione come modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, né in forza dello Statuto regionale, con la conseguente violazione dello stesso articolo 117, sia nel suo originario contenuto che in quello determinato dalla modifica del 2001».

1.3. – Quanto alla rilevanza, il medesimo giudice osserva che il problema della «titolarità passiva del soggetto obbligato al pagamento della tassa sui rifiuti solidi urbani» è da considerarsi, nel giudizio principale, «preliminare ad ogni altro».

2. – È intervenuto in giudizio il Presidente della Regione Siciliana, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata.

2.1. – In via preliminare, la difesa regionale propone tre eccezioni di inammissibilità della sollevata questione.

In primo luogo, eccepisce che «dal dispositivo dell’ordinanza di rimessione non risulta la comunicazione» della medesima ordinanza «al Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana», ai sensi del quarto comma dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale).

In secondo luogo, la sollevata questione sarebbe inammissibile per difetto di rilevanza. Per la difesa della Regione, l’individuazione del soggetto tenuto a sopportare l’onere della TARSU in relazione a locali adibiti a sede degli istituti di istruzione secondaria «è sempre stata oggetto di difficoltà interpretative», risolte dalla prassi – sulla base del parere della prima sezione del Consiglio di Stato n. 1784 del 25 settembre 1995 – nel senso che detto onere grava sugli enti locali, in forza dell’art. 3, comma 2, della legge 11 gennaio 1996, n. 23 (Norme per l’edilizia scolastica), secondo cui i comuni, per gli edifici da destinare a sede di scuole materne, elementari e medie, e le province, per gli edifici da destinare a sede di istituti e scuole di istruzione secondaria superiore, provvedono «alle spese varie di ufficio e per l’arredamento e a quelle per le utenze elettriche e telefoniche, per la provvista dell’acqua e del gas, per il riscaldamento ed ai relativi impianti» (Ministero delle Finanze, circolare n. 161/E del 23 luglio 1999; Ministero dell’Interno, circolare n. 3 del 14 gennaio 1999). L’art. 33-bis del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito dall’art. 1, comma 1, della legge 28 febbraio 2008, n. 31, ha successivamente disposto che, a decorrere dall’anno 2008, il Ministero della pubblica istruzione provveda a corrispondere direttamente ai Comuni una somma, concordata in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali e determinata forfetariamente, per il servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani. La difesa regionale riferisce altresí che, sulla base di tale ultima disposizione, nella seduta del 20 marzo 2008 della Conferenza Stato-città e autonomie locali è stato raggiunto un ulteriore accordo tra il Ministero della pubblica istruzione e gli enti locali interessati «per quanto riguarda la situazione pregressa, sino all’esercizio finanziario 2006 compreso». Alla luce di tale accordo, «lo stesso Ministero, sentita l’ANCI, provvederà a contribuire alla definizione della medesima sino alla concorrenza di euro 58.000.000». Ad avviso della Regione, «ciò comporta, di conseguenza, il venir meno della ragione creditoria del comune di Bisacquino nel giudizio a quo e, quindi, l’irrilevanza della questione di legittimità costituzionale prospettata».

In terzo luogo, la questione sarebbe inammissibile, perché formulata in riferimento ad una disposizione costituzionale “inconferente”, avendo il rimettente evocato «quale parametro una norma, contenuta nel Titolo V della Costituzione, come modificata dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, in assenza di precise argomentazioni circa l’applicabilità alla Regione Siciliana, ex art. 10 della citata legge costituzionale 3/2001, di tale disposizione».

2.2. – Nel merito, la difesa regionale afferma che la questione non è fondata, perché la disposizione denunciata, lungi dall’individuare «un soggetto passivo della tassa diverso da quello previsto dalla norma statale istitutiva», si è limitata a ripartire l’onere economico dell’imposizione tributaria tra i diversi enti locali, «a seconda che si tratti di scuole di istruzione primaria o secondaria, ferma restando la soggettività passiva di queste ultime». Da ciò consegue che essa attiene, in realtà, «all’organizzazione degli enti locali, di esclusiva competenza della Regione Siciliana ai sensi dell’art. 14, lett. o) dello Statuto speciale».

Considerato in diritto

1. – La Commissione tributaria provinciale di Palermo dubita – in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, 36 dello statuto speciale per la Regione Siciliana e 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria) – della legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, della legge della Regione Siciliana 3 maggio 2001, n. 6 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2001), come modificato dall’art. 11, comma 1, della legge della Regione Siciliana 26 marzo 2002, n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2002), nella parte in cui pone «a carico» delle province «l’onere relativo alla tassa e agli accessori» dovuti per la raccolta e il trasporto dei rifiuti solidi urbani «per quanto riguarda le istituzioni scolastiche statali di istruzione secondaria di secondo grado e gli istituti regionali di cui all’articolo 1 della legge regionale 5 settembre 1990, n. 34 e successive modifiche ed integrazioni».

2. – Il giudice rimettente afferma che la denunciata disposizione di legge regionale, incidendo sull’individuazione del soggetto passivo della TARSU, cioè di un tributo da considerare statale in quanto istituito con legge statale, interviene nella materia «sistema tributario dello Stato», la cui disciplina sostanziale, in forza degli evocati parametri, è preclusa alla Regione ed è riservata alla potestà legislativa esclusiva statale, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

3. – La difesa regionale ha proposto, in via preliminare, tre distinte eccezioni di inammissibilità della sollevata questione. Nessuna di tali eccezioni è fondata.

3.1. – In primo luogo, la difesa della Regione Siciliana fa derivare l’inammissibilità della questione dal fatto che «dal dispositivo dell’ordinanza di rimessione non risulta la comunicazione» della medesima ordinanza «al Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana», ai sensi dell’ultimo periodo del quarto comma dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.

L’eccezione non può essere accolta. Come risulta dagli atti di causa, la suddetta comunicazione è stata effettuata in data 11 marzo 2008, e ciò è sufficiente a far ritenere rispettata la citata disposizione dell’art. 23 della legge n. 87 del 1953, la quale pone l’onere della suddetta comunicazione a carico del cancelliere del giudice a quo, senza richiedere – come invece ritiene la difesa regionale – un previo specifico ordine in tal senso nel dispositivo dell’ordinanza di rimessione.

3.2. – In secondo luogo, la difesa della Regione Siciliana eccepisce il difetto di rilevanza della sollevata questione per il sopravvenuto venir meno della ragione creditoria del Comune di Bisacquino nel giudizio a quo. Al riguardo, la difesa regionale riferisce che: a) l’art. 33-bis del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito dall’art. 1, comma 1, della legge 28 febbraio 2008, n. 31, dispone che, a decorrere dall’anno 2008, il Ministero della pubblica istruzione provvede a corrispondere direttamente ai Comuni una somma, concordata in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali e determinata forfetariamente per il servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani; b) in forza della predetta disposizione, nella seduta del 20 marzo 2008 della Conferenza Stato-città e autonomie locali, il Ministero della pubblica istruzione e gli enti locali interessati hanno raggiunto un accordo «per quanto riguarda la situazione pregressa, sino all’esercizio finanziario 2006 compreso»; c) per effetto di tale accordo, «lo stesso Ministero, sentita l’ANCI, provvederà a contribuire alla definizione di tale situazione sino alla concorrenza di euro 58.000.000».

Anche tale eccezione non è fondata. La Regione si limita, infatti, a prospettare una futura ed incerta vicenda estintiva del rapporto sostanziale fatto valere nel giudizio principale; vicenda che non influisce sul giudizio di costituzionalità, il quale è autonomo rispetto al giudizio a quo e non si estingue «neppure nel caso in cui, per qualsiasi causa, sia venuto a cessare il giudizio rimasto sospeso davanti all’autorità giurisdizionale, che ha promosso il giudizio di legittimità costituzionale» (art. 22 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte).

3.3. – Infine, la difesa regionale eccepisce che il rimettente non ha fornito le «precise argomentazioni» necessarie per ritenere che l’evocato art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. prevede forme di autonomia piú ampie di quelle statutarie e che, pertanto, è applicabile in luogo dello statuto speciale, ai sensi dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. Di qui l’asserita inconferenza del parametro costituzionale richiamato dal rimettente.

Neppure tale eccezione può accogliersi, perché il giudice a quo ha espressamente evocato a parametro lo statuto della Regione Siciliana. Egli afferma, infatti, che la Regione Siciliana non ha competenza legislativa per modificare il soggetto passivo della TARSU, quale stabilito dalla legislazione statale, «né in forza dell’articolo 117 della Costituzione come modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, né in forza dello Statuto regionale». Per il rimettente, la disposizione denunciata costituisce, quindi, esercizio di una potestà legislativa che è preclusa alla Regione dall’art. 36, primo comma, dello statuto speciale e dall’art. 2 del d.lgs. n. 1074 del 1965 e che è, al contempo, attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in forza dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. Pertanto, contrariamente a quanto eccepito dalla difesa regionale, il giudice a quo ha adeguatamente motivato in ordine alla scelta del parametro, perché egli ha ritenuto che la disposizione denunciata – incidendo su un tributo erariale, la cui disciplina sostanziale rientra nella potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi del menzionato art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. – si è posta in contrasto con lo statuto regionale, che riserva alla Regione la sola potestà legislativa in materia di tributi «deliberati dalla medesima» e non attribuisce alla Regione stessa alcuna potestà legislativa in ordine ai tributi istituiti con legge statale.

4. – Nel merito, la questione è fondata.

4.1. – Il denunciato art. 6, comma 2, della legge reg. n. 6 del 2001 pone a carico delle Province l’«onere» relativo alla tassa ed agli accessori dovuti per la raccolta e il trasporto dei rifiuti solidi urbani «per quanto riguarda le istituzioni scolastiche statali di istruzione secondaria di secondo grado e gli istituti regionali di cui all’articolo 1 della legge regionale 5 settembre 1990, n. 34 e successive modifiche ed integrazioni». Esso, pertanto, individua un soggetto passivo della TARSU diverso da quello indicato dall’art. 63, comma 1, del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507 (Revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell’art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale) – applicabile ratione temporis alla fattispecie, secondo quanto afferma il giudice rimettente –, il quale prevede, invece, che la tassa è dovuta solo «da coloro che occupano o detengono i locali o le aree scoperte di cui all’art. 62», e cioè le aree scoperte a qualsiasi uso adibite, «ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie di civili abitazioni diverse dalle aree a verde, esistenti nelle zone del territorio comunale in cui il servizio è istituito ed attivato o comunque reso in maniera continuativa». Secondo un costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, tale ultima disposizione collega la debenza del tributo non all’immobile, ma all’attività produttiva di rifiuti esercitata dall’occupante o detentore dell’immobile medesimo e pertanto, nel caso di edifici adibiti a sede di istituti scolastici, individua il soggetto passivo dell’imposizione tributaria nell’«Amministrazione della pubblica istruzione» (Corte di cassazione civile, sentenze n. 17617 del 2004 e n. 4944 del 2000). Con l’indicato orientamento giurisprudenziale, si è anche precisato che l’art. 3, comma 2, della legge 11 gennaio 1996, n. 23 (Norme per l’edilizia scolastica) – secondo cui i Comuni, per gli edifici da destinare a sede di scuole materne, elementari e medie, e le Province, per gli edifici da destinare a sede di istituti e scuole di istruzione secondaria superiore, provvedono «alle spese varie di ufficio e per l’arredamento e a quelle per le utenze elettriche e telefoniche, per la provvista dell’acqua e del gas, per il riscaldamento ed ai relativi impianti» –, costituisce una norma eccezionale e, perciò, di stretta interpretazione in ordine ai criteri di riparto, tra gli enti locali e lo Stato, delle spese riguardanti la gestione degli edifici e delle attività di istruzione; con la conseguenza che tra le «spese varie d’ufficio» non può farsi rientrare, neppure in via analogica od estensiva, l’onere della TARSU.

Tali plausibili conclusioni esegetiche non sono contrastate da alcun argomento prospettato dalla difesa regionale e, pertanto, vanno tenute ferme. La denunciata disposizione modifica, dunque, nel caso di specie, il soggetto passivo della TARSU, quale individuato dalla legge statale, senza che questa abbia attribuito alla legge regionale tale potere. Ne deriva che il thema decidendum del presente giudizio di legittimità costituzionale resta circoscritto alla verifica della sussistenza della competenza della Regione Siciliana ad operare detta modifica.

4.2. – La tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani non è istituita dalla Regione e, quindi, non è un tributo regionale, ai sensi dello statuto e delle norme di attuazione statutaria (art. 36 dello statuto speciale ed art. 2 del d.lgs. n. 1074 del 1965). È, invece, un tributo erariale, istituito, nell’àmbito della competenza legislativa esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., dalla legge dello Stato (art. 58 del citato d.lgs. n. 507 del 1993) e da questa disciplinato (si vedano, ex plurimis, a proposito dei tributi erariali in generale, le sentenze n. 168 del 2008 e n. 75 del 2006), salvo quanto espressamente rimesso dalla stessa legge statale all’autonomia dei Comuni.

Il denunciato art. 6, comma 2, della legge reg. n. 6 del 2001 – nel porre a carico delle Province l’«onere» relativo alla tassa e agli accessori dovuti per la raccolta e il trasporto dei rifiuti solidi urbani «per quanto riguarda le istituzioni scolastiche statali di istruzione secondaria di secondo grado e gli istituti regionali di cui all’articolo 1 della legge regionale 5 settembre 1990, n. 34 e successive modifiche ed integrazioni» – interviene, dunque, su una materia non attribuita dallo statuto alla competenza del legislatore regionale e si pone, perciò, in contrasto con l’evocato art. 36, primo comma, dello statuto medesimo e con l’art. 2 del d.lgs. n. 1074 del 1965, i quali, come si è visto, riservano alla Regione la potestà legislativa nella materia dei soli tributi «deliberati dalla medesima». Ne consegue che la disposizione censurata incide illegittimamente sulla potestà legislativa esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

4.3. – Alla conclusione dell’illegittimità costituzionale della disposizione denunciata non può opporsi, come fa la difesa regionale, che detta disposizione è suscettibile di una differente interpretazione, nel senso che essa non individuerebbe «un soggetto passivo della tassa diverso da quello previsto dalla norma statale istitutiva», ma si limiterebbe – nell’àmbito della competenza legislativa regionale in materia di «organizzazione degli enti locali» (recte: «regime degli enti locali») prevista dalla lettera o) dell’art. 14 dello statuto – a ripartire l’onere economico dell’imposizione tributaria tra i Comuni e le Province, «a seconda che si tratti di scuole di istruzione primaria o secondaria, ferma restando la soggettività passiva di queste ultime». E ciò perché detta disposizione non solo non è riconducibile ad alcun titolo di competenza legislativa statutaria e, in particolare, all’invocata materia del regime degli enti locali, ma può essere letteralmente e logicamente interpretata solo nel senso che essa individua un soggetto passivo della TARSU diverso da quello indicato dalla legge statale.

Che la suddetta disposizione regionale non possa essere ricondotta a nessuna delle materie di competenza legislativa elencate nello statuto – e, in particolare, alla materia del regime degli enti locali – risulta dal fatto che l’attribuzione alle Province regionali dell’onere economico della TARSU gravante sullo Stato si risolve nella previsione di un’obbligazione pecuniaria a carico delle Province stesse, che certamente non incide sul «regime degli enti locali», perché estranea alla disciplina della loro struttura organizzativa e alla connessa regolamentazione delle loro funzioni.

Che la norma denunciata debba interpretarsi esclusivamente nel senso che individua un soggetto passivo della TARSU e non fissa mere regole contabili di ripartizione dell’onere economico risulta dalla circostanza che essa nulla stabilisce circa il rapporto tra la Provincia regionale onerata e l’Amministrazione della pubblica istruzione in ordine all’importo corrisposto a titolo di TARSU. In particolare, non precisa quali siano le modalità di tale corresponsione, né se l’onere economico del tributo sia posto definitivamente a carico della Provincia ovvero se questa possa esercitare (ed eventualmente, in quali modi e termini) azioni di regresso o di rivalsa nei confronti dell’amministrazione statale. Tali gravi lacune della disciplina denunciata, attinenti ai meccanismi essenziali dell’asserita traslazione economica del tributo, non sono dunque compatibili con l’interpretazione prospettata dalla difesa della Regione, ma trovano spiegazione solo con l’intenzione del legislatore regionale di individuare nelle Province regionali e non nell’amministrazione della pubblica istruzione il soggetto passivo della tassa.

5. – La dichiarazione di illegittimità costituzionale del censurato art. 6, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 6 del 2001 comporta la dichiarazione di illegittimità costituzionale consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, del medesimo art. 6, comma 2, di detta legge, nella parte in cui stabilisce che l’«onere» relativo alla stessa tassa «è posto a carico dei comuni per quanto attiene alle scuole materne, elementari e medie statali», data l’evidente analogia tra le due disposizioni.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, della legge della Regione Siciliana 3 maggio 2001, n. 6 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2001), come modificato dall’art. 11, comma 1, della legge della Regione Siciliana 26 marzo 2002, n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2002), nella parte in cui pone «a carico» delle province «l’onere relativo alla tassa e agli accessori» dovuti per la raccolta e il trasporto dei rifiuti solidi urbani «per quanto riguarda le istituzioni scolastiche statali di istruzione secondaria di secondo grado e gli istituti regionali di cui all’articolo 1 della legge regionale 5 settembre 1990, n. 34 e successive modifiche ed integrazioni»;

dichiara, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale del medesimo art. 6, comma 2, della legge della Regione Siciliana n. 6 del 2001, nella parte in cui pone «a carico» dei comuni «l’onere relativo alla tassa e agli accessori» dovuti per la raccolta e il trasporto dei rifiuti solidi urbani «per quanto attiene alle scuole materne, elementari e medie statali».

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 dicembre 2008.

F.to:

Giovanni Maria FLICK, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 29 dicembre 2008.