ORDINANZA N. 419
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giovanni Maria FLICK Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Ugo DE SIERVO “
- Paolo MADDALENA “
- Alfio FINOCCHIARO “
- Alfonso QUARANTA “
- Franco GALLO “
- Luigi MAZZELLA “
- Gaetano SILVESTRI “
- Sabino CASSESE “
- Maria Rita SAULLE “
- Giuseppe TESAURO “
- Paolo Maria NAPOLITANO “
- Giuseppe FRIGO “
- Alessandro CRISCUOLO “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 58, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), promossi con sette ordinanze depositate il 31 gennaio 2008 dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, rispettivamente iscritte al n. 185 ed al n. 186 nonché ai numeri da 196 a 200 del registro ordinanze 2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26 e n. 27, prima serie speciale, dell’anno 2008.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 3 dicembre 2008 il Giudice relatore Franco Gallo.
Ritenuto che, nel corso di alcuni giudizi aventi ad oggetto l’impugnazione del silenzio-rifiuto formatosi sulle istanze di rimborso dell’IRPEG ovvero dell’IRPEG e dell’ILOR presentate nel luglio 2005 da varie società a responsabilità limitata in relazione a periodi di imposta compresi tra il 1981 ed il 1986, la Commissione tributaria provinciale di Milano, con sette ordinanze di contenuto sostanzialmente identico, depositate il 31 gennaio 2008, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97 e 113, secondo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 58, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), il quale dispone che, «Nel quadro delle iniziative volte a definire le pendenze con i contribuenti, e di rimborso delle imposte, l’Agenzia delle entrate provvede alla erogazione delle eccedenze di IRPEF e IRPEG dovute in base alle dichiarazioni dei redditi presentate fino al 30 giugno 1997, senza far valere la eventuale prescrizione del diritto dei contribuenti»;
che, secondo quanto il giudice rimettente premette in punto di fatto: a) le società ricorrenti nei giudizi principali, nelle dichiarazioni dei redditi a loro tempo presentate ai fini dell’IRPEG e dell’ILOR, avevano evidenziato crediti nei confronti dell’amministrazione finanziaria, chiedendone contestualmente il rimborso; b) le stesse società – dopo aver invano sollecitato, nel novembre 2004, la suddetta amministrazione a provvedere al rimborso – avevano reiterato, con plico postale spedito nel luglio 2005, l’istanza di rimborso delle imposte versate;
che, secondo quanto il medesimo giudice rimettente premette in punto di diritto: a) il silenzio-rifiuto si era già formato con il mancato adempimento dell’amministrazione finanziaria alle richieste di rimborso contenute nelle dichiarazioni dei redditi delle contribuenti e, quindi, prima ancora della spedizione, nel 2005, delle rinnovate istanze di rimborso; b) alle suddette richieste di rimborso, presentate contestualmente alle dichiarazioni dei redditi, non erano applicabili i termini di decadenza fissati dall’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizione sulla riscossione delle imposte sui redditi), riguardanti esclusivamente le istanze di rimborso di versamenti diretti presentate autonomamente rispetto alle dichiarazioni dei redditi; c) il termine di prescrizione decennale del diritto al rimborso si era già maturato prima della presentazione, da parte delle società (nel «novembre 2004»), dei solleciti di pagamento e delle rinnovate istanze di rimborso (nel «luglio 2005»); d) la maturata prescrizione del diritto al rimborso del tributo – prescrizione che, per lo stesso giudice a quo, «non può essere rilevata di ufficio dal giudice (art. 2938 del codice civile)» – non era stata eccepita in giudizio dalla resistente Agenzia delle entrate;
che, su tali premesse, il giudice a quo afferma, in ordine alla non manifesta infondatezza delle sollevate questioni, che la norma censurata, nel vietare all’amministrazione finanziaria di eccepire al contribuente la prescrizione del diritto al rimborso, víola: a) l’art. 3 Cost., perché: a.1.) discrimina ingiustificatamente l’amministrazione finanziaria, vietandole di esercitare una facoltà difensiva prevista in generale dall’ordinamento processuale; a.2.) favorisce, irragionevolmente, la sola categoria di contribuenti che hanno presentato le proprie dichiarazioni fiscali entro il 30 giugno 1997; a.3.) riguarda tutti i rapporti derivanti dalle dichiarazioni anteriori al 30 giugno 1997, senza porre alcun limite iniziale, e pertanto, altrettanto irragionevolmente, «offre ai contribuenti la possibilità di riaprire ad libitum rapporti giuridici di crediti anche risalenti al passato remoto»; a.4.) incongruamente adduce a propria espressa giustificazione l’intento del legislatore di «definire le pendenze con i contribuenti» e di procedere ad «iniziative […] di rimborso delle imposte», senza considerare che, per i rapporti ancora sub iudice o per i quali sono ancora aperti i termini per l’accertamento, non è maturata alcuna prescrizione e che i termini per il rimborso d’ufficio delle imposte – previsti dal combinato disposto degli artt. 42-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 – sono molto piú brevi di quelli della prescrizione; b) l’art. 97 Cost., perché «dà adito a vere e proprie frodi ai danni dell’erario», in quanto, a séguito della ormai avvenuta eliminazione, ad opera degli uffici tributari, della documentazione cartacea ed informatica relativa a remoti anni d’imposta, è impossibile effettuare controlli sulla effettiva spettanza delle richieste di rimborso relative a tali anni, con conseguente lesione dei princípi di buon andamento e di imparzialità della pubblica amministrazione; c) l’art. 113, secondo comma, Cost., perché «esclude la tutela giurisdizionale della […] Pubblica Amministrazione per determinate categorie di atti», cioè per le richieste di rimborso delle eccedenze IRPEF e IRPEG risultanti dalle dichiarazioni dei redditi presentate fino al 30 giugno 1997;
che infine, in ordine alla rilevanza, il giudice a quo afferma che la sottolineata fattuale impossibilità per l’amministrazione finanziaria – dato il tempo ultradecennale trascorso dalla maturazione dei crediti e l’eliminazione della documentazione – di contrastare nel merito le richieste di rimborso dei contribuenti comporterebbe l’accoglimento dei ricorsi dei giudizi principali, i quali potrebbero essere rigettati solo ove, per effetto dell’accoglimento delle sollevate questioni, l’Agenzia delle entrate potesse eccepire l’estinzione, per prescrizione, del diritto delle contribuenti al rimborso;
che in tutti i giudizi di legittimità costituzionale è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o comunque infondate;
che, per la difesa erariale, la norma censurata: a) non è irragionevole, perché essa, in presenza di «un elevatissimo numero di eccedenze di IRPEF ed IRPEG risultanti dalle dichiarazioni dei contribuenti presentate sino al 30.6.1997, non sottoposte nei termini al potere di controllo degli uffici, e pertanto ormai incontestabili e definitive, ma non soddisfatte solo per mancanza di risorse disponibili», è diretta ad evitare che la maturata prescrizione impedisca il soddisfacimento dei crediti dei contribuenti «meno litigiosi che cioè non si erano attivati, in via amministrativa o giurisdizionale, con istanze di rimborso […] confidando nel fatto che quanto loro dovuto sarebbe (prima o poi) arrivato»; b) contrariamente a quanto affermato dal rimettente, non opera solo nel processo, ma anche fuori e prima di esso, incidendo sulla disciplina sostanziale del rapporto di rimborso; c) regola diversamente situazioni diverse, data l’evidente disomogeneità della posizione dell’Amministrazione finanziaria debitrice rispetto a quella del contribuente creditore; d) non comporta una ingiustificata disparità di trattamento tra diverse categorie di contribuenti, perché, al contrario, è giustificata dall’intento di provvedere al rimborso dei crediti piú risalenti nel tempo, risultanti dalle dichiarazioni presentate fino al 30 giugno 1997, ormai divenuti definitivi e non soddisfatti dagli uffici tributari solo per ragioni di bilancio, mentre, per i crediti maturati successivamente, «non vi è alcuna ragione giustificativa» di prevedere un simile divieto di eccepire la prescrizione; e) non víola l’art. 97 Cost., perché il paventato rischio di frodi in danno dell’erario non solo è inconveniente di mero fatto, non rilevante ai fini del giudizio di legittimità costituzionale, ma è anche escluso dal perdurante sussistere dell’onere del contribuente di provare i fatti costitutivi del diritto al rimborso e dalla possibilità per l’amministrazione finanziaria di provare i fatti estintivi (diversi dalla prescrizione) o modificativi del credito del contribuente; f) non víola neppure l’art. 113, secondo comma, Cost., perché tale parametro garantisce solo la tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione e, comunque, perché il menzionato ragionevole e temporalmente limitato divieto di eccepire la prescrizione del credito del contribuente non menoma la difesa in giudizio dell’amministrazione finanziaria, tenuto conto della ricordata ripartizione degli oneri probatori tra questa ed il contribuente.
Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Milano – con sette ordinanze di contenuto sostanzialmente identico, emesse nel corso di giudizi aventi ad oggetto l’impugnazione del silenzio-rifiuto formatosi sulle istanze di rimborso dell’IRPEG ovvero dell’IRPEG e dell’ILOR presentate nel luglio 2005 da varie società a responsabilità limitata in relazione a periodi di imposta compresi tra il 1981 ed il 1986 – dubita, in riferimento agli artt. 3, 97 e 113, secondo comma, della Costituzione, della legittimità dell’art. 2, comma 58, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato);
che detta disposizione stabilisce che, «Nel quadro delle iniziative volte a definire le pendenze con i contribuenti, e di rimborso delle imposte, l’Agenzia delle entrate provvede alla erogazione delle eccedenze di IRPEF e IRPEG dovute in base alle dichiarazioni dei redditi presentate fino al 30 giugno 1997, senza far valere la eventuale prescrizione del diritto dei contribuenti»;
che, ad avviso del giudice a quo, la disposizione denunciata víola: a) l’art. 3 Cost., per diverse ragioni, e cioè perché: 1) discrimina ingiustificatamente l’amministrazione finanziaria, vietandole di esercitare una facoltà difensiva prevista in generale dall’ordinamento processuale; 2) favorisce, irragionevolmente, la sola categoria di contribuenti che hanno presentato le proprie dichiarazioni fiscali entro il 30 giugno 1997; 3) riguarda tutti i rapporti derivanti dalle dichiarazioni presentate fino al 30 giugno 1997, senza porre alcun limite iniziale, e pertanto, irragionevolmente, «offre ai contribuenti la possibilità di riaprire ad libitum rapporti giuridici di crediti anche risalenti al passato remoto»; 4) adduce incongruamente a propria espressa giustificazione l’intento del legislatore di «definire le pendenze con i contribuenti» e di procedere ad «iniziative […] di rimborso delle imposte», senza considerare invece che, per i rapporti ancora sub iudice o per i quali sono ancora aperti i termini per l’accertamento, non è maturata alcuna prescrizione e che i termini per il rimborso d’ufficio delle imposte sono molto piú brevi di quelli della prescrizione; b) l’art. 97 Cost., perché «dà adito a vere e proprie frodi ai danni dell’erario», in quanto, a séguito della ormai avvenuta eliminazione, ad opera degli uffici tributari, della documentazione cartacea ed informatica relativa a remoti anni d’imposta, è impossibile effettuare controlli sulla effettiva spettanza delle richieste di rimborso relative a tali anni, con conseguente lesione dei princípi di buon andamento e di imparzialità della pubblica amministrazione; c) l’art. 113, secondo comma, Cost., perché «esclude la tutela giurisdizionale della […] Pubblica Amministrazione per determinate categorie di atti», cioè per le richieste di rimborso delle eccedenze IRPEF e IRPEG risultanti dalle dichiarazioni dei redditi presentate fino al 30 giugno 1997;
che le indicate questioni, sollevate dal giudice a quo con diverse ordinanze di rimessione, hanno identico contenuto e, pertanto, i relativi giudizi di legittimità costituzionale vanno riuniti per essere congiuntamente trattati e decisi;
che le questioni sono manifestamente inammissibili per difetto di rilevanza, perché il giudice rimettente non deve fare applicazione, nei giudizi a quibus, della disposizione denunciata;
che infatti, come riconosciuto dallo stesso rimettente, la prescrizione dei crediti di rimborso dei contribuenti non è stata eccepita, nei giudizi principali, dalla resistente amministrazione finanziaria né può essere rilevata d’ufficio dal giudice, per l’espresso divieto posto dall’art. 2938 del codice civile;
che, pertanto, anche nel caso in cui la mancata eccezione della prescrizione nei giudizi principali fosse effetto non già di una scelta discrezionale dell’Agenzia delle entrate, ma (come afferma il giudice a quo, senza fornire alcuna motivazione) dell’applicazione della norma censurata, tale applicazione sarebbe stata già effettuata dall’amministrazione finanziaria al di fuori del processo, senza che al giudice rimettente sia consentito alcun sindacato al riguardo e, soprattutto, senza che detto giudice abbia la possibilità di applicare in giudizio la norma medesima;
che, perciò, l’eventuale accoglimento delle sollevate questioni, pur comportando l’eliminazione del divieto di eccepire la prescrizione, non potrebbe avere l’effetto né di rendere rilevabile d’ufficio la prescrizione né di ritenere prospettata dalla parte una eccezione di prescrizione, di fatto, non prospettata.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 58, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), sollevate dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, in riferimento agli artt. 3, 97 e 113, secondo comma, della Costituzione, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 dicembre 2008.
F.to:
Giovanni Maria FLICK, Presidente
Franco GALLO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 17 dicembre 2008.