Ordinanza n. 389 del 2008

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ORDINANZA N. 389

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

-      Giovanni Maria                    FLICK                                    Presidente

-      Francesco                             AMIRANTE                            Giudice

-      Ugo                                              DE SIERVO                        "

-      Paolo                                   MADDALENA                    "

-      Alfio                                   FINOCCHIARO                  "

-      Alfonso                               QUARANTA                       "

-      Franco                                 GALLO                              "

-      Luigi                                   MAZZELLA                                 "

-      Gaetano                               SILVESTRI                        "

-      Sabino                                 CASSESE                           "

-      Maria Rita                                     SAULLE                   "

-      Giuseppe                              TESAURO                          "

-      Paolo Maria                          NAPOLITANO                   "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, legge finanziaria per il 2005), promosso con ordinanza del 24 settembre 2007 dal Tribunale di Napoli, Sezione distaccata di Ischia, nel procedimento civile vertente tra Del Monte Francesco ed altra e Sollazzo Assunta, iscritta al n. 136 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 22 ottobre 2008 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.

Ritenuto che, con ordinanza del 24 settembre 2007, il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Ischia, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, legge finanziaria per il 2005), per contrasto con gli artt. 3, 24 e 41 della Costituzione;

che il rimettente riferisce che i locatori di un immobile ad uso abitativo hanno intimato sfratto per morosità alla conduttrice in forza di un contratto di locazione concluso in forma scritta in data 11 novembre 2006;

che la conduttrice si è costituita opponendosi all’intimato sfratto e chiedendo la concessione del termine ex art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), per sanare la morosità ed eccependo la nullità del contratto per mancata registrazione in ossequio al disposto di cui all’art. 1, comma 346, della legge n. 311 del 2004;

che il giudice a quo rileva che l’adozione dei provvedimenti richiesti da entrambe le parti è preclusa rebus sic stantibus dal disposto dell’art. 1, comma 346, della predetta legge n. 311 del 2004;

che – sempre secondo il rimettente – le emergenze processuali non attestano l’avvenuta registrazione del dedotto contratto scritto di locazione, con la conseguenza che, in mancanza di un valido rapporto locativo, esso giudicante non può né convalidare lo sfratto per morosità per intervenuta opposizione, né assegnare il termine per sanare la morosità;

che il giudice rimettente solleva quindi la questione di legittimità costituzionale, non ritenendo applicabile, sulla base del dato normativo, quell’orientamento della giurisprudenza di merito per il quale l’omessa registrazione del contratto è da configurare non come requisito di validità della locazione, ma quale mera condicio iuris di efficacia del contratto, che può intervenire, con effetto ex tunc, pure in momento successivo rispetto alla conclusione del negozio;

che, secondo il giudice a quo, il legislatore ha operato al fine di creare una figura di nullità a carattere assoluto, collegata ad una fattispecie esterna rispetto all’accordo negoziale, senza che sia possibile estendere alla suddetta materia l’interpretazione dei patti contrari alla legge di cui all’art. 13, comma 1, legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), suggerita dalla Cassazione (sentenza 27 ottobre 2003, n. 16089) e dalla Corte costituzionale (ordinanza n. 242 del 2004);

che la decisione del legislatore di stabilire la registrazione quale vero e proprio requisito per la giuridica validità del contratto si tradurrebbe in un limite all’autonomia contrattuale, la quale costituisce un diritto fondamentale della persona (giacché strumentale al principio di libertà dell’iniziativa economica tutelato dall’art. 41, primo comma, Cost.), che deve cedere solo di fronte a motivi di ordine superiore, economico e sociale, considerati rilevanti dalla Costituzione (art. 41, secondo comma, Cost.);

che il giudice a quo ritiene che il mancato rispetto della normativa tributaria non costituisca, in tale ottica, un legittimo limite all’autonomia privata (e quindi all’iniziativa economica);

che – osserva il rimettente – la violazione della disciplina tributaria rimane innanzitutto sanzionabile mediante il recupero, anche coattivo, delle somme evase così da soddisfare pienamente l’interesse statuale al reperimento delle necessarie risorse finanziarie;

che, peraltro – sempre ad avviso del Tribunale – la salvaguardia degli interessi economici dello Stato è assicurata anche dall’obbligo imposto al giudice civile dall’art. 36, comma quarto, del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), e successive modificazioni, di trasmettere idonea comunicazione agli organi competenti per l’accertamento degli illeciti tributari e fiscali;

che lo stesso legislatore ha sancito all’art. 10, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), che le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto;

che tale principio sarebbe coerente, a differenza della normativa censurata, con la regola della dicotomia fra l’interpretazione a fini fiscali del contratto rispetto al mero dato civilistico, posta dall’art. 19 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 (Disciplina dell’imposta di registro), poi art. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), in virtù del quale «l’imposta è applicata secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente»;

che, secondo il giudice a quo, la norma impugnata sarebbe inoltre in contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto irrazionale e discriminatoria, perché assoggetta, in caso di mancata registrazione, alla sanzione della nullità, senza alcuna plausibile giustificazione, unicamente alcune fattispecie contrattuali (i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, dì unità immobiliari ovvero di loro porzioni) e non tutte le ipotesi di atti privati, per i quali vige l’obbligo di registrazione;

che la norma impugnata non sarebbe neppure conforme all’art. 24 Cost., dal momento che lo Stato non potrebbe mai sanzionare il mancato pagamento di un tributo con la perdita dell’esercizio di un diritto, mentre la sanzione della nullità del contratto di locazione non registrato impedirebbe de facto al locatore di giovarsi del procedimento sommario di sfratto per morosità, potendo lo stesso recuperare la disponibilità dell’immobile solo a seguito dell’utile esperimento della meno agevole azione ordinaria per occupazione sine titulo;

che, peraltro, neanche il conduttore risulterebbe tutelato dalla normativa in esame, in quanto egli, anche in caso di incolpevole omessa registrazione, sarebbe equiparato ad un mero occupante sine titulo, con tutte le conseguenze in tema di precarietà della disponibilità dell’immobile e di non azionabilità dei diritti a lui attribuiti dallo statuto locativo;

che nel giudizio innanzi alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall’Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata manifestamente infondata;

che, secondo l’Avvocatura, la norma impugnata non introdurrebbe una condizione al diritto di agire in giudizio, ma opererebbe sul piano sostanziale, limitandosi a sancire una nullità non prevista dal codice civile, con la conseguenza che tale norma non creerebbe ostacoli al ricorso alla tutela giurisdizionale, ma eleverebbe la norma tributaria al rango di norma imperativa la cui violazione determina la nullità del negozio ex art. 1418 cod. civ.;

che tale operazione non costituirebbe una novità nel nostro ordinamento, poiché, ai sensi dell’art. 62 del d.P.R. n. 131 del 1986, sono nulli i patti contrari alle disposizioni del decreto medesimo, compresi quelli che pongono l’imposta e le eventuali sanzioni a carico di una delle parti;

che, peraltro, la stessa questione è stata già dichiarata manifestamente infondata con l’ordinanza n. 420 del 2007;

che, quanto al limite all’iniziativa economica, il dubbio sarebbe del tutto infondato, in quanto le norme sostanziali che dispongono la sanzione della nullità vanno rispettate come qualsiasi altra norma.

Considerato che il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Ischia, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria per il 2005), nella parte in cui prevede che i contratti di locazione sono nulli se non registrati;

che secondo il rimettente sarebbe violato l’art. 41 Cost., perché si porrebbe un limite all’autonomia contrattuale, la quale invece costituirebbe un diritto fondamentale della persona, che in quanto tale potrebbe cedere solo di fronte a motivi di ordine superiore, economico e sociale, considerati rilevanti dalla Costituzione, fra i quali non rientrerebbe il mancato rispetto della normativa tributaria;

che inoltre la norma impugnata si porrebbe in contrasto con l’art. 3 Cost. in quanto assoggetterebbe, in caso di mancata registrazione, alla sanzione di nullità unicamente alcune fattispecie contrattuali e non già tutte le ipotesi di atti privati per i quali vige l’obbligo di registrazione;

che infine sarebbe recato un vulnus all’art. 24 Cost., perché la sanzione della nullità del contratto di locazione non registrato impedirebbe al locatore di giovarsi del procedimento sommario di sfratto per morosità, potendo lo stesso recuperare la disponibilità dell’immobile solo a seguito dell’utile esperimento della meno agevole azione ordinaria per occupazione sine titulo e allo stesso tempo equiparerebbe il conduttore ad un mero occupante sine titulo, con conseguente precarietà della disponibilità dell’immobile e non azionabilità dei diritti a lui attribuiti dallo statuto locativo;

che il rimettente – evocando relativamente agli effetti dell’omessa registrazione la diversità delle conseguenze previste per la fattispecie oggetto del giudizio a quo rispetto a quelle sancite per altri contratti per i quali esiste un analogo obbligo di registrazione a fini fiscali – pone a raffronto tipi negoziali affatto eterogenei (i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, da un lato, e gli altri contratti, dall’altro), senza però motivare adeguatamente in ordine a tale diversità e alla dedotta irragionevolezza delle conseguenze della sanzione della nullità sulle posizioni dei contraenti;

che, in particolare, il medesimo rimettente non individua quali siano i motivi dell’ipotizzata irragionevolezza intrinseca della norma, limitandosi ad indicare, in termini meramente descrittivi, l’ovvia diversità delle conseguenze per le parti derivanti dalla previsione della nullità del contratto rispetto al regime precedente;

che, inoltre, non vengono neppure chiarite le ripercussioni della nullità sull’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione finanziaria sotto il profilo della possibilità o meno per la stessa di trattenere le somme eventualmente versate a titolo di imposta di registro, discendendone così una carenza, sul punto, della motivazione relativa alla dedotta irragionevolezza della norma e al suo presunto contrasto con l’ipotizzato diritto fondamentale della persona all’autonomia contrattuale;

che tali difetti di motivazione determinano la manifesta inammissibilità della questione sollevata in riferimento agli artt. 3 e 41 Cost.;

che, con riferimento alla violazione dell’art. 24 Cost., deve confermarsi la pronuncia di manifesta infondatezza in precedenza adottata con riferimento ad identica controversia, perché il parametro invocato non è conferente in quanto la norma impugnata non introduce ostacoli alla tutela giurisdizionale (ordinanza n. 420 del 2007).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, legge finanziaria per il 2005), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, dal Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Ischia, con l’ordinanza in epigrafe;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del medesimo art. 1, comma 346, della legge n. 311 del 2004, sollevata, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, dal Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Ischia, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 novembre 2008.

F.to:

Giovanni Maria FLICK, Presidente

Alfio FINOCCHIARO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 25 novembre 2008.