Ordinanza n. 374 del 2008

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ORDINANZA N. 374

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

- Giovanni Maria                    FLICK                             Presidente

- Francesco                             AMIRANTE                       Giudice

- Ugo                                     DE SIERVO                            "

- Paolo                                   MADDALENA                        "

- Alfio                                   FINOCCHIARO                      "

- Alfonso                               QUARANTA                           "

- Franco                                 GALLO                                  "

- Luigi                                   MAZZELLA                           "

- Gaetano                               SILVESTRI                            "

- Sabino                                 CASSESE                                "

- Maria Rita                            SAULLE                                 "

- Giuseppe                              TESAURO                               "

- Paolo Maria                          NAPOLITANO                        "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito delle deliberazioni della Camera dei deputati del 2 maggio 2007, relative alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dai deputati Mario Borghezio ed altri, promosso con ricorso del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Verona depositato in cancelleria il 24 aprile 2008 ed iscritto al n. 10 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2008, fase di ammissibilità.

Udito nella camera di consiglio dell’8 ottobre 2008 il Giudice relatore Paolo Maddalena.

Ritenuto che il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Verona ha sollevato conflitto di attribuzione «in ordine al corretto uso del potere di decidere con riguardo alla ricorrenza dei presupposti di applicabilità dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, come esercitato dalla Camera dei deputati con le delibere del 2 maggio 2007 relativamente al procedimento penale», pendente dinanzi al medesimo giudice, «a carico dei deputati Mario Borghezio, Umberto Bossi, Enrico Cavaliere, Giacomo Chiappori, Giancarlo Pagliarini, Luigino Vascon, Roberto Maroni e Roberto Calderoli»;

che il ricorrente precisa che nei confronti dei suddetti deputati – dopo la sentenza di proscioglimento per i reati di cui agli artt. 241, 283 e 271 del codice penale, trattandosi di fatti non più previsti dalla legge come reato a seguito della declaratoria di incostituzionalità recata dalla sentenza n. 243 del 2001 della Corte costituzionale e della successiva legge 24 febbraio 2006, n. 85 – residua la richiesta di rinvio a giudizio per l’imputazione relativa al reato di cui agli artt. 81 cod. pen. e 1 del d.lgs. 14 febbraio 1948, n. 43;

che nel ricorso si evidenzia altresì che la Corte costituzionale, con ordinanza n. 102 del 2007, richiamata la propria sentenza di inammissibilità n. 267 del 2005, ha dichiarato inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dallo stesso Giudice ricorrente nei confronti del Senato della Repubblica in relazione alle deliberazioni adottate dall’Assemblea nella seduta del 31 gennaio 2001 (doc. IV-quater n. 60), con le quali è stato ritenuto che i fatti oggetto del procedimento penale a carico dei senatori Vito Gnutti e Francesco Speroni concernono opinioni espresse da membri del Parlamento nell'esercizio delle loro funzioni e, in quanto tali, sono insindacabili: e ciò in quanto il conflitto contro la stessa delibera del Senato è stato «riproposto nel corso della stessa fase del giudizio e dall’identico giudice»;

che, pertanto, nei confronti dei senatori Gnutti e Speroni è stata pronunciata all’udienza preliminare del 31 marzo 2008 sentenza di non doversi procedere, ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale e dell’art. 6, comma 8, della legge 20 giugno 2003, n. 140, per difetto della condizione di procedibilità, essendo stati gli imputati «ritenuti immuni ai sensi dell’art. 68, comma primo, della Costituzione»;

che, successivamente, con ordinanza del 9 ottobre 2006, lo stesso Giudice rimetteva gli atti, ai sensi degli artt. 3, commi 4 e 5, della legge n. 140 del 2003 e 68, primo comma, Cost., al Parlamento italiano in relazione alla posizione dei deputati innanzi indicati ed al Parlamento europeo in riferimento all’analoga posizione di Gian Paolo Gobbo, parlamentare europeo;

che, con decisione del 24 ottobre 2007, il Parlamento europeo riteneva di «non difendere l'immunità né i privilegi del parlamentare europeo On. Gian Paolo Gobbo, reputando che i fatti attribuitigli non siano coperti da immunità parlamentare»;

che, con nota del 4 maggio 2007, il Presidente della Camera dei Deputati comunicava «che l’Assemblea, nella seduta del 2 maggio 2007, ha approvato la relazione doc. IV quater n. 9, deliberando che i fatti per i quali è in corso il presente processo penale a carico di Mario Borghezio, Umberto Bossi, Enrico Cavaliere, Giacomo Chiappori, Giancarlo Pagliarini, Luigino Vascon, Roberto Maroni e Roberto Calderoli, deputati all'epoca dei fatti, concernono opinioni espresse da membri del Parlamento nell'esercizio delle loro funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione»;

che, tanto premesso, il ricorrente sostiene che, non essendo stata mai investita la Corte costituzionale della risoluzione di un conflitto di attribuzione contro la predetta delibera della Camera dei deputati, sussisterebbe, nel caso di specie, l’interesse a ricorrere, non potendo spiegare effetti nei confronti dei deputati anzidetti le declaratorie di inammissibilità, di cui alle pronunce della Corte costituzionale sopra ricordate, dei ricorsi con cui era stato sollevato conflitto contro il Senato della Repubblica, concernenti unicamente le posizioni dei senatori Gnutti e Speroni, allora imputati;

che, dunque, ad avviso del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Verona, nel caso in esame, «il ricorso viene proposto contro la Camera dei Deputati e avverso la delibera del 2 maggio 2007, ossia avverso un atto nuovo e distinto dalla delibera all’epoca adottata da un altro ramo del Parlamento, e cioè dal Senato della Repubblica, e che si ritiene viziato da incompetenza»;

che il ricorrente, dopo aver descritto i fatti addebitati ai singoli imputati, nonché i risultati delle indagini promosse a loro carico, sostiene che «gli atti integranti il reato di partecipazione ad una associazione di tipo militare, svolgendo in essa compiti promozionali, direttivi e organizzativi, nonché sovrintendendo alle adesioni al gruppo da parte di terze persone, sono estranei al concetto di opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari, ancorché letti nel contesto ideologico da cui si è mossa l'azione politica della Lega Nord ed il programma secessionista cui i parlamentari imputati hanno aderito»;

che, pertanto, secondo il giudice confliggente, nella proposta di insindacabilità della Giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati, poi approvata dall’Assemblea nella seduta del 2 maggio 2007, non sarebbe stato adeguatamente affrontato «il tema della connessione tra l'esercizio delle funzioni parlamentari e le attività svolte, invece, in relazione all'associazione vietata dalla legge», né sarebbero state esplicitate le ragioni «per cui attività materiali come quelle più volte descritte nei paragrafi superiori possano ricondursi alla categoria delle “opinioni” espresse nell'esercizio delle funzioni di parlamentare», limitandosi detta proposta a qualificare le condotte oggetto di imputazione come una proiezione di uno specifico «disegno politico»;

che, quindi, la delibera di insindacabilità si sarebbe discostata dai principi espressi dalla Corte costituzionale in più di un’occasione circa l'ambito di operatività della garanzia prevista dall'art. 68, primo comma, Cost.;

che, difatti, argomenta ancora il ricorrente, nei comportamenti addebitati ai predetti parlamentari «manca del tutto la riproduzione o divulgazione di una precedente attività parlamentare rispetto alla quale i fatti in esame presentino una “sostanziale identità di contenuti” tale da comportare un “nesso funzionale”»;

che, in definitiva, conclude il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Verona, la delibera impugnata, nel ritenere sostanzialmente che la prerogativa dell’insindacabilità copra «tutti i comportamenti riconducibili all'attività politica lato sensu intesa del parlamentare, e che la sua ricorrenza non è esclusa anche di fronte a comportamenti che in astratto possono rivestire natura illecita», esorbiterebbe «dall'ambito derogatorio consentito dall’art. 68, primo comma, Cost., risultando violati, da un lato, anche gli artt. 101, secondo comma, 102, primo comma, e 104, primo comma, Cost., posti a tutela della titolarità della funzione giurisdizionale in capo alla magistratura e della legalità ed indipendenza del suo esercizio; dall’altro, l’art. 3, primo comma, Cost., per la disparità di trattamento che in tal modo viene introdotta tra cittadini ordinari e parlamentari, consentendosi a questi ultimi condotte in ipotesi integranti figure di reato prive di qualsiasi connessione con la funzione parlamentare».

Considerato che, in questa fase del giudizio, la Corte è chiamata, a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a deliberare, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile in quanto vi sia la «materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza», sussistendone i requisiti soggettivo ed oggettivo e restando impregiudicata ogni ulteriore questione, anche in punto di ammissibilità;

che, sotto il profilo del requisito soggettivo, va riconosciuta la legittimazione del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Verona a sollevare conflitto, in quanto organo giurisdizionale, in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene nell’esercizio delle funzioni attribuitegli;

che, parimenti, deve essere riconosciuta la legittimazione della Camera dei deputati ad essere parte del presente conflitto, quale organo competente a dichiarare in modo definitivo la propria volontà in ordine all’applicabilità dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

che, per quanto attiene al profilo oggettivo, il giudice ricorrente lamenta la lesione della propria sfera di attribuzione, costituzionalmente garantita, in conseguenza di un esercizio ritenuto illegittimo, per inesistenza dei relativi presupposti, del potere spettante alla Camera di appartenenza dei parlamentari di dichiarare l’insindacabilità delle opinioni espresse da questi ultimi ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

che, dunque, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetta alla competenza di questa Corte.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Verona nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso indicato in epigrafe;

dispone:

a) che la cancelleria della Corte costituzionale dia immediata comunicazione della presente ordinanza al ricorrente Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Verona;

b) che il ricorso e la presente ordinanza siano, a cura del ricorrente, notificati alla Camera dei deputati, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, presso la cancelleria della Corte entro il termine fissato dall’art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 novembre 2008.

F.to:

Giovanni Maria FLICK, Presidente

Paolo MADDALENA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 14 novembre 2008.