Ordinanza n. 344 del 2008

ORDINANZA N. 344

ANNO 2008

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

-    Giovanni Maria           FLICK                                 Presidente

-    Francesco                  AMIRANTE                          Giudice

-    Ugo                          DE SIERVO                                "

-    Paolo                        MADDALENA                             "

-    Alfio                         FINOCCHIARO                          "

-    Alfonso                     QUARANTA                               "

-    Franco                      GALLO                                       "

-    Luigi                         MAZZELLA                                "

-    Gaetano                     SILVESTRI                                 "

-    Maria Rita                 SAULLE                                     "

-    Giuseppe                   TESAURO                                   "

-    Paolo Maria               NAPOLITANO                            "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 12, secondo comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), in combinato disposto con l’art. 48 (ora 51), lettera f-bis), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), come modificato dall’art. 13, comma 1, del decreto legislativo 23 dicembre 1999, n. 505 (Disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 2 settembre 1997, n. 314, 21 novembre 1997, n. 461, 18 dicembre 1997, n. 466 e n. 467, in materia di redditi da capitale, di imposta sostitutiva della maggiorazione di conguaglio e di redditi di lavoro dipendente), promosso con ordinanza del 13 luglio 2007 dal Tribunale di Parma nel procedimento civile vertente tra la Chiesi Farmaceutici s.p.a. e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) ed altro, iscritta al n. 845 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Visto l’atto di costituzione dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 23 settembre 2008 il Giudice relatore Luigi Mazzella;

uditi l’avvocato Luigi Caliulo per l’INPS e l’avvocato dello Stato Gianna Maria De Socio per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che nel corso di un giudizio promosso davanti  al Tribunale di Parma la società Chiesi Farmaceutici s.p.a. chiedeva la dichiarazione di infondatezza di un accertamento ispettivo con il quale l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) le aveva contestato di non aver assoggettato a contribuzione previdenziale le somme da essa erogate ai propri dipendenti a titolo di rimborso delle rette di frequenza delle scuole materne (recte: “scuole dell’infanzia”) dei loro figli;

         che il Tribunale adìto ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 4 e 31 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 12, secondo comma,  della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), in combinato disposto con l’art. 51 (ex 48), lettera. f-bis), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), come modificato dall’art. 13, comma 1, del decreto legislativo 23 dicembre 1999, n. 505 (Disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 2 settembre 1997, n. 314, 21 novembre 1997, n. 461, 18 dicembre 1997, n. 466 e n. 467, in materia di redditi da capitale, di imposta sostitutiva della maggiorazione di conguaglio e di redditi di lavoro dipendente), nella parte in cui  prevede che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente le somme erogate dal datore di lavoro alla generalità dei propri dipendenti o a categorie di dipendenti per la frequenza di asili nido da parte dei familiari indicati dall’art. 12 del medesimo d.P.R. n. 917 del 1986 e successive modificazioni, e non anche le somme che il datore di lavoro eroga alla generalità dei propri dipendenti, o a categorie di dipendenti, per la frequenza delle scuole dell’infanzia;

     che, secondo il rimettente, le somme erogate dal datore di lavoro per la frequenza di queste ultime scuole, proprio perché non previste dal citato art. 51, lettera f-bis), del d.P.R. n. 917 del 1986, restano soggette al calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza a differenza di quanto avviene per le somme erogate per la frequenza di asili nido;

che, premessa la rilevanza della questione, originata dalla pretesa creditoria avanzata dall’INPS in riferimento alle somme erogate dalla società ricorrente al predetto titolo, osserva il rimettente che le due fattispecie sono accomunate da una identica ratio, ravvisabile nella necessità di incentivare l’attribuzione alle famiglie di un sostegno economico per la frequenza, da parte dei figli sin dal terzo mese di vita, di adeguate strutture che, da un lato, consentano la formazione e l’apprendimento dei bambini, e, dall’altro, agevolino i genitori nelle loro necessità di lavoro;      

     che, dopo aver richiamato i principi costituzionali coinvolti nella questione (artt. 3, 4 e 31 Cost.), il Giudice del lavoro di Parma richiama l’allegato A previsto dall’art. 12, comma 2 del d.lgs. 19 febbraio 2004, n. 59 (Definizione delle norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dell’istruzione, a norma dell’articolo 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53), sottolineando che l’art. 1 del suddetto decreto legislativo afferma che la scuola materna contribuisce alla realizzazione del principio di uguaglianza delle opportunità ed alla rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini;

     che, nel costituirsi in giudizio, l’INPS ha rilevato che il rimettente trascura l’oggettiva diversità delle situazioni poste a confronto, sia in ordine alle modalità di accesso alle strutture, sia in relazione all’età dei bambini interessati, né considera la discrezionalità del legislatore nell’assecondare le esigenze di contenimento delle spese a carico dello Stato;

     che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri – rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato – eccependo l’inammissibilità della questione in quanto il rimettente si limita a contestare la tesi difensiva dell’INPS, senza individuare esattamente la disciplina applicabile alle scuole materne statali, e, quindi, i termini esatti dell’asserita disparità di trattamento, ed eccependo altresì l’assoluta genericità del riferimento operato dal rimettente agli artt. 4 e 31 Cost.;

         che, in ogni caso - secondo la difesa erariale - anche in riferimento all’art. 3 Cost., la questione sarebbe manifestatamente infondata in quanto le situazioni poste a confronto non sono omogenee;

         che, infatti, la frequenza delle scuole dell’infanzia (nuova denominazione delle scuole materne, ai sensi dell’art 12 del d.lgs. n. 59 del 2004) è gratuita, il che dimostra come il legislatore abbia predisposto differenti sistemi per la tutela della famiglia, dell’istruzione e del lavoro, proprio in ragione della necessità di differenziare la disciplina con riferimento alla incomparabilità delle esigenze dei bambini compresi fra i tre mesi ed i tre anni di vita rispetto quelli di età superiore;

     che, in prossimità dell’udienza, l’INPS ha depositato memoria illustrativa ribadendo gli argomenti esposti in precedenza.

     Considerato che il Tribunale di Parma dubita della legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 12, secondo comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), e 48 (ora 51), lettera f-bis), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), come modificato dall’art. 13, comma 1, del decreto legislativo 23 dicembre 1999, n. 505 (Disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 2 settembre 1997, n. 314, 21 novembre 1997, n. 461, 18 dicembre 1997, n. 466 e n. 467, in materia di redditi da capitale, di imposta sostitutiva della maggiorazione di conguaglio e di redditi di lavoro dipendente), nella parte in cui  prevede che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente le somme erogate dal datore di lavoro alla generalità dei propri dipendenti, o a categorie di dipendenti, per la frequenza di asili nido da parte dei familiari indicati dall’art. 12 del medesimo d.P.R. n. 917 del 1986 e successive modificazioni, e non anche le somme che il datore di lavoro eroga alla generalità dei propri dipendenti, o a categorie di dipendenti, per la frequenza delle scuole dell’infanzia ;

     che, a giudizio del rimettente, identiche essendo le situazioni poste a confronto, la scelta operata soltanto con riguardo alle somme riferite alla frequenza degli asili nido non sarebbe coerente con i principi costituzionali di parità di trattamento (art. 3 Cost.),  di tutela della famiglia (art. 31 Cost.) e di pari opportunità di accesso al lavoro (art. 4 Cost.);

     che la questione di legittimità costituzionale è rilevante ai fini della decisione della controversia pendente innanzi al Tribunale rimettente, poiché incide direttamente sulla fondatezza della domanda proposta dalla società ricorrente, la quale contesta la pretesa dell’INPS all’integrale recupero di contributi sulle somme da essa erogate ai propri dipendenti a titolo di rimborso delle rette di frequenza delle scuole dell’ infanzia da parte dei loro figli;

 

     che non si ravvisa alcuno dei profili di inammissibilità della questione sollevati dalla difesa erariale per non aver il rimettente chiarito il contenuto della disciplina sulla cui base la ricorrente società sarebbe obbligata a versare i contributi sulle somme erogate a copertura (parziale o totale) delle rette di frequenza delle scuole dell’infanzia;

che il profilo di inammissibilità non ha pregio, essendo del tutto pacifica l’avvenuta erogazione delle somme previste dalla specifica disciplina collettiva;

che, quanto ai parametri costituzionali invocati dal rimettente, deve rilevarsi che – conformemente all’eccezione dell’Avvocatura dello Stato - del tutto apodittico è il riferimento agli artt. 4 e 31 della Costituzione, che si esaurisce in un vago richiamo ai principi di pari opportunità nell’accesso al lavoro, ed alla tutela della famiglia, il che rende manifestamente inammissibile la questione in relazione ai citati parametri;

che, invece, appropriato è il riferimento all’art. 3 Cost. sotto il profilo della irragionevolezza del diverso trattamento normativo riservato dalla norma censurata alle due situazioni poste a confronto;

che, nel merito, la questione è manifestamente infondata;

che l’art. 12, secondo comma della legge 30 aprile 1969, n. 153 - in combinato disposto con l’art. 48 (ora 51), lettera f-bis), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dall’art. 13, comma 1, del decreto legislativo 23 dicembre 1999, n. 505 - prevede che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente, costituente base imponibile per il calcolo dei contributi di previdenza, le somme erogate dal datore di lavoro alla generalità dei propri dipendenti o a categorie di dipendenti per la frequenza di asili nido da parte dei familiari indicati dall’art. 12 del medesimo d.P.R. n. 917 del 1986 e successive modificazioni;

che lo stesso trattamento non è previsto per le somme che il datore di lavoro eroga alla generalità dei propri dipendenti, o a categorie di dipendenti, in adempimento di quanto disposto dalla contrattazione collettiva, per la frequenza delle “scuole dell’ infanzia”;

     che le due situazioni poste a confronto presentano aspetti differenziali sufficienti a giustificare il diverso regime contributivo riservato a ciascuna di esse;

     che, infatti, le somme erogate per la frequenza dei figli dei dipendenti alle scuole dell’infanzia si traducono, comunque, in un “incremento netto del reddito”, stante la gratuità di tale servizio scolastico prevista dall’art. 99, comma 3, del d. lgs. 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado);

     che, al contrario, le somme erogate per la frequenza di asili nido da parte dei familiari indicati dall’art. 12 del d.P.R. n. 917 del 1986 sono destinate a coprire le rette già sostenute dai dipendenti per la partecipazione dei propri figli (da tre mesi a tre anni di età) agli asili nido, essendo del tutto infrequenti i casi in cui tali strutture siano già operative a carico dell’azienda;

     che, a parte l’incomparabilità delle esigenze dei bambini compresi fra i tre mesi ed i tre anni di vita, rispetto a quelli di età superiore, nonché la discrezionalità del legislatore nell’assecondare esigenze di contenimento delle spese a carico dello Stato, il carattere straordinario ed eccezionale dell’intervento legislativo di favore costituito dalla normativa censurata rende quest’ultima intrinsecamente inidonea a fungere da tertium comparationis per estendere tale disciplina derogatoria ai casi non inclusi (ordinanza n. 178 del 2006);

     che, a quest’ultimo riguardo, va rilevato che le eccezioni al principio generale fissato dall'art. 12, primo comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153, per il quale costituisce retribuzione imponibile ai fini della contribuzione assicurativa ogni erogazione fatta dai datori di lavoro a favore dei lavoratori in dipendenza del rapporto di lavoro, hanno carattere tassativo, sicché i titoli in relazione ai quali vi è esenzione totale o parziale dalla contribuzione non possono essere ampliati né in via analogica né tramite interpretazione estensiva;

 

     che, pertanto, la questione è manifestamente infondata.

     Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 12, secondo comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), e dell’art. 48 (ora 51), lettera f-bis), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), come modificato dall’art. 13, comma 1, del decreto legislativo 23 dicembre 1999, n. 505    (Disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 2 settembre 1997, n. 314,21 novembre 1997, n. 461, 18 dicembre 1997, n. 466 e 467, in materia di redditi da capitale, di imposta sostitutiva della maggiorazione di conguaglio e di redditi di lavoro dipendente), sollevata, in riferimento agli articoli 4 e 31 della Costituzione, dal Tribunale di Parma con l’ordinanza indicata in epigrafe;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità delle medesime disposizioni sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Parma con l’ordinanza indicata in epigrafe.

         Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 ottobre 2008.

F.to:

Giovanni Maria FLICK, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 23 ottobre 2008.