ORDINANZA N. 321
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 26 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza del giudice di pace, a norma dell’art. 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), promosso con ordinanza del 16 ottobre 2007 dal Giudice di pace di Napoli nel procedimento penale a carico di G.M., iscritta al n. 20 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell’anno 2008.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 9 luglio 2008 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro.
Ritenuto che il Giudice di pace di Napoli, con ordinanza del 16 ottobre 2007, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 26 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza del giudice di pace, a norma dell’art. 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), nella parte in cui prevede che, a seguito di ricorso immediato della persona offesa, «il giudice può provvedere autonomamente dal P.M. nei soli casi di inammissibilità, incompetenza e infondatezza, mentre, laddove egli ritenga fondata la richiesta di convocazione, in contrasto con il parere del P.M., non può emettere il decreto» di cui all’art. 27 del citato decreto delegato;
che il giudice a quo è investito di un procedimento introdotto con ricorso della persona offesa, ai sensi dell’art. 21 del d. lgs. n. 274 del 2000, nel quale il pubblico ministero ha espresso parere contrario in ordine alla citazione a giudizio della persona cui è attribuito il reato;
che egli, non condividendo il parere del pubblico ministero, lamenta che il giudice di pace, anche se ritiene fondata la richiesta della persona offesa, non possa convocare le parti in udienza, in mancanza di un’imputazione, e debba invece disporre la trasmissione del ricorso all’organo dell’accusa, affinché questi proceda, «ove vi siano i presupposti (quindi anche la querela)», nelle forme ordinarie;
che, a suo avviso, dopo la trasmissione degli atti al pubblico ministero il procedimento non potrebbe proseguire nelle forme ordinarie, ove, come nella specie, il ricorrente avesse omesso di presentare la querela nei termini di legge, «con il conseguente grave e irreparabile vulnus della persona offesa»;
che, dunque, il rimettente censura l’art. 26 del d. lgs. n. 274 del 2000, il quale, limitandosi a stabilire che il giudice di pace, anche se il pubblico ministero non ha avanzato richieste, adotta i soli «provvedimenti di segno negativo» di cui ai commi 2, 3 e 4, non consente la convocazione delle parti nell’ipotesi opposta, in cui il giudice, dissentendo dal parere negativo dell’organo dell’accusa, ritenga che l’iter del ricorso immediato debba proseguire;
che tale norma violerebbe innanzitutto l’art. 3 Cost., poiché «le due parti non risultano avere eguali diritti, nella prevalenza del P.M.», nonché per l’irragionevolezza di una disciplina in base alla quale il giudice, mentre può «provvedere autonomamente dal P.M.» se ritiene il ricorso inammissibile, manifestamente infondato o presentato a giudice incompetente, «non può farlo nei casi in cui gli appare fondata la richiesta di convocazione» delle parti avanzata dalla persona offesa;
che l’irragionevolezza del citato art. 26 sarebbe desumibile anche dal confronto con l’art. 17 del d. lgs. n. 274 del 2000, il quale prevede che il giudice investito della richiesta di archiviazione del procedimento possa, in piena autonomia, ordinare la formulazione dell’imputazione al pubblico ministero;
che, inoltre, sarebbero violati l’art. 24 Cost., per l’irreparabile pregiudizio recato al diritto di difesa della persona offesa, ed il principio di imparzialità e terzietà del giudice, cui è impedito di discostarsi da un parere che «sembra errato, non convincente, distratto, irrazionale»;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo la manifesta infondatezza della questione, perché basata sull’erroneo presupposto che, a seguito della trasmissione degli atti al pubblico ministero, la prosecuzione del procedimento sia impedita dalla mancata presentazione della querela ad opera della persona offesa.
Considerato che il Giudice di pace di Napoli dubita, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 26 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza del giudice di pace, a norma dell’art. 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), nella parte in cui non consente al giudice di pace, adito con ricorso della persona offesa, di emettere il decreto di convocazione delle parti quando il pubblico ministero abbia espresso parere contrario alla citazione;
che il rimettente si duole che il giudice sia obbligato a disporre la trasmissione del ricorso al pubblico ministero, per l’ulteriore corso del procedimento, anche nel caso in cui non condivida il parere sfavorevole da quest’ultimo espresso;
che egli, nel prospettare la questione, muove da un erroneo presupposto interpretativo, secondo il quale, dopo la trasmissione del ricorso, in mancanza della querela della persona offesa, il procedimento non potrebbe aver corso;
che, viceversa, ai sensi dell’art. 21, comma 5, del d. lgs. n. 274 del 2000, la presentazione del ricorso produce gli stessi effetti della presentazione della querela, per cui la trasmissione degli atti in nessun caso inibisce la prosecuzione del procedimento secondo l’iter ordinario;
che, inoltre, questa Corte, pronunciandosi in ordine alla disciplina oggetto del presente giudizio, ha già affermato che la portata preclusiva del parere contrario dell’organo della pubblica accusa deriva quale conseguenza necessitata della configurazione dell’istituto del ricorso immediato della persona offesa come atto meramente propositivo, rispetto al quale è rimesso al pubblico ministero di aderire o meno, nell’esercizio delle funzioni connesse alla esclusiva titolarità dell’iniziativa penale (ordinanza n. 114 del 2008);
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 26 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Giudice di pace di Napoli.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 luglio 2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Giuseppe TESAURO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 30 luglio 2008.