Ordinanza n. 283 del 2008

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ORDINANZA N. 283

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-   Franco               BILE                                       Presidente

-   Giovanni Maria  FLICK                                      Giudice

-   Francesco          AMIRANTE                                   ”

-   Ugo                  DE SIERVO                                   ”

-   Paolo                MADDALENA                               ”

-   Alfio                 FINOCCHIARO                             ”

-   Alfonso             QUARANTA                                  ”

-   Franco               GALLO                                          ”

-   Luigi                 MAZZELLA                                   ”

-   Gaetano            SILVESTRI                                    ”

-   Sabino               CASSESE                                       ”

-   Maria Rita         SAULLE                                        ”

-   Giuseppe           TESAURO                                      ”

-   Paolo Maria       NAPOLITANO                               ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 15, comma 2, 18, 20, commi 2 e 6, 21, 27, comma 2, 35, 37, 39 e 41 della legge della Regione Toscana 13 luglio 2007, n. 38 (Norme in materia di contratti pubblici e relative disposizioni sulla sicurezza e regolarità del lavoro), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 14 settembre 2007, depositato in cancelleria il successivo 20 settembre ed iscritto al n. 39 del registro ricorsi 2007.

Visto l’atto di costituzione della Regione Toscana;

udito nella camera di consiglio del 9 luglio 2008 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.


Ritenuto che, con ricorso notificato il 14 settembre 2007 e depositato il successivo giorno 20, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli articoli 15, comma 2, 18, 20, commi 2 e 6, 21, 27, comma 2, 35, 37, 39 e 41 della legge della Regione Toscana 13 luglio 2007, n. 38 (Norme in materia di contratti pubblici e relative disposizioni sulla sicurezza e regolarità del lavoro), per violazione dell’art. 117 della Costituzione;

che l’Avvocatura generale premette, richiamando la giurisprudenza costituzionale (sentente numeri 303 del 2003 e 345 del 2004), che i lavori pubblici non costituiscono un materia, qualificandosi a seconda dell’oggetto al quale afferiscono: ne conseguirebbe che tutto ciò che attiene alla procedura di gara e alla «vicenda contrattuale» rientrerebbe nella competenza legislativa esclusiva statale, rispettivamente, della tutela della concorrenza e dell’ordinamento civile;

che, svolta questa premessa, si assume il contrasto con l’art. 117 Cost. delle seguenti disposizioni contenute nella citata legge regionale n. 38 del 2007:

a) articolo 15, comma 2, il quale impone alla singola stazione appaltante di valutare sempre la congruità delle offerte se già non sottoposta alla verifica di anomalia, con una valutazione, tra l’altro, non effettuata sull’offerta nel suo complesso ma solo sulla componente del costo del lavoro e della sicurezza; la disciplina statale (artt. 86 e 112 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”), prevede, invece, che le amministrazioni appaltanti “possono” valutare la congruità di ogni offerta che in base ad elementi specifici si presenti sospetta; tale diversità di regolamentazione determinerebbe, nella prospettiva statale, la violazione della tutela della concorrenza;

b) articolo 18, che stabilisce il pagamento diretto a carico della stazione appaltante delle retribuzioni del personale del subappaltatore in caso di ritardo nel pagamento da parte dell’appaltatore del corrispettivo del subappalto; sul punto l’art. 118 del d.lgs. n. 163 del 2006 lascia, invece, alla stazione appaltante la scelta, da preventivamente esplicitare nel bando, tra il pagamento diretto ai subappaltatori degli importi ad essi spettanti per le prestazioni svolte, e il mero controllo sui pagamenti effettuati dall’appaltatore ai propri subappaltatori tramite la verifica delle quietanze da questi ultimi rilasciate; tale diversità determinerebbe un vulnus alle competenze statali in materia di ordinamento civile;

c) commi 2 e 6 dell’articolo 20, che prevedono, rispettivamente, il divieto per le imprese che hanno partecipato alla gara di rendersi poi subappaltatrici dell’impresa aggiudicataria, e la possibilità di ricorrere al subappalto unicamente in presenza di prestazioni che rivestono carattere di specializzazione nella categoria di riferimento; l’art. 118 del d.lgs. n. 163 del 2006 non fissa alcun divieto e non prevede alcun limite al ricorso al subappalto, con conseguente violazione della tutela della concorrenza da parte delle suindicate norme regionali;

d) articolo 21, il quale detta disposizioni in materia di redazione di piani di sicurezza, che non costituiscono attuazione dei principi posti dall’art. 31 del d.lgs. n. 163 del 2006 e dal decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 (Attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili);

e) articolo 27, comma 2, che prevede un divieto di affidamento in economia per i lavori ed i servizi «ad alto rischio», demandando alla successiva regolamentazione amministrativa la definizione delle prestazioni suscettibili di essere così definite; «nessuna disposizione di questo tipo», sottolinea l’Avvocatura generale dello Stato, si rinviene invece nella disciplina statale posta dall’art. 125 del codice degli appalti; con la conseguenza che se il «rischio», cui si riferisce la norma impugnata, attiene ad una valutazione della prestazione contrattuale in termini di pubblica sicurezza, la stessa incide sulla materia dell’ordine pubblico di spettanza statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera h); in ogni caso, la norma censurata, “condizionando” le regole della gara, invaderebbe la competenza dello Stato in materia di tutela della concorrenza;

f) articolo 35, il quale pone un divieto quinquennale di partecipazione alle procedure di affidamento per le imprese che siano incorse in determinati comportamenti, mentre l’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006 non stabilisce alcun limite di durata; inoltre, sarebbero diversi anche i casi di divieto contemplati a livello regionale e statale; ne deriverebbe anche in questo caso la violazione della competenza dello Stato in materia di tutela della concorrenza;

g) articolo 37, il quale prevede che la prestazione della cauzione provvisoria a corredo dell’offerta sia facoltativa, restando obbligatoria soltanto la cauzione definitiva; l’art. 75 del codice degli appalti, invece, impone obbligatoriamente la prestazione di una cauzione provvisoria a salvaguardia della serietà dell’offerta; atteso che le disposizioni relative alla predetta cauzione afferiscono alle regole della gara, ne conseguirebbe che la competenza spetti allo Stato ex art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.;

h) articolo 39, che stabilisce che non tutti i concorrenti alle gare debbano corredare l’offerta delle giustificazioni necessarie, ma che vi debbano provvedere, a richiesta, soltanto i concorrenti da assoggettare a verifica di anomalia; a livello statale, invece, la presentazione delle giustificazioni a corredo dell’offerta preventiva é imposta a tutti i concorrenti; tale contrasto determinerebbe ancora una volta una violazione della competenza statale in materia di tutela della concorrenza;

i) articolo 41, che contempla come facoltativa l’ipotesi di subentro di altro concorrente nel contratto di appalto sciolto per fallimento dell’appaltatore o risolto per suo inadempimento; l’art. 140 del d.lgs. n. 163 del 2006 prevede, invece, nel caso di appalto di lavori, come obbligatorio l’inserimento nel bando di gara della possibilità di interpello degli altri concorrenti classificati ai fini del subentro; ne conseguirebbe che se si valuta la norma regionale «sotto l’aspetto della successione del contratto di appalto, la fattispecie appartiene al diritto civile e deve essere regolata necessariamente dalla legge nazionale»; «se invece la si considera sotto l’aspetto dell’affidamento (ad altro concorrente collocato in graduatoria), la fattispecie appartiene alle regole della gara, ed ugualmente deve essere regolata necessariamente in via esclusiva dal legislatore statale», con conseguente invasione dell’ambito di competenza spettante al legislatore statale;

che si è costituita la Regione Toscana, chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile ovvero non fondato; ciò in quanto: a) gli artt. 15, comma 2, 37, 39 e 41 disciplinano aspetti organizzativi e procedurali di competenza regionale secondo quanto stabilito dall’art. 4 del d.lgs. n. 163 del 2006; b) gli artt. 18, 21, 27, comma 2, e 35 disciplinano profili attinenti la sicurezza del lavoro, nonché «profili rientranti nell’autonomia organizzativa regionale»; c) l’art. 20, commi 2 e 6, «è conforme ai principi posti dalla legislazione statale in materia di procedure di appalto, di tutela e sicurezza del lavoro».

Considerato che, con atto notificato alla Regione Toscana il 19 giugno 2008 e depositato presso la cancelleria di questa Corte in pari data, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha dichiarato di rinunziare al ricorso, in quanto, successivamente alla sua proposizione, la Regione Toscana, con la legge 29 febbraio 2008, n. 13, recante «Modifiche alla legge regionale 13 luglio 2007, n. 38 (Norme in materia di contratti pubblici e relative disposizioni sulla sicurezza e regolarità del lavoro)», ha abrogato le norme impugnate;

che tale rinunzia è stata formalmente accettata dal legale rappresentante della Regione Toscana, con atto depositato presso la cancelleria di questa Corte in data 24 giugno 2008;

che, ai sensi dell’art. 25 delle norme integrative per i giudizi dinanzi a questa Corte, la rinuncia al ricorso, seguita dall’accettazione della controparte, comporta l’estinzione del processo.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara estinto il processo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Alfonso QUARANTA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 16 luglio 2008.