ORDINANZA N. 121
ANNO 2008REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZAnel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 186 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), promosso con ordinanza del 12 giugno 2006 dalla Commissione tributaria regionale della Toscana sul ricorso proposto dalla Regione Toscana contro Carta Bruno ed altri, iscritta al n. 680 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell’anno 2007.
Visto l’atto di costituzione del Consorzio Cavet nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 27 febbraio 2008 il Giudice relatore Paolo Maddalena.
Ritenuto che, con ordinanza in data 12 giugno 2006, la Commissione tributaria regionale della Toscana ha sollevato, in riferimento agli artt. 11 e 117 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 186 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nella parte in cui – in contrasto con la nozione di rifiuto stabilita dalle direttive 75/442/CEE e 91/156/CEE, ed elaborata dalla Corte di giustizia delle Comunità europee – esclude, a certe condizioni, che le terre e le rocce da scavo, anche di gallerie, destinate all’effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati, costituiscano rifiuti;
che, in punto di fatto, il giudice rimettente premette di essere investito in sede di appello di una controversia, vertente tra la Regione Toscana e il Consorzio CAVET – Consorzio Alta Velocità Emilia Toscana, relativa alla legittimità di atti impositivi, emessi in data 29 ottobre 2001, concernenti il mancato pagamento del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi;
che il giudice a quo, dopo aver proceduto ad un’ampia disamina, anche dal punto di vista diacronico, della normativa nazionale in materia di rifiuti e di quella comunitaria, e dopo avere ricordato la distinzione, emergente dalla giurisprudenza comunitaria, tra residuo e sottoprodotto, osserva che, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia, occorre circoscrivere la nozione di sottoprodotto alle situazioni in cui il riutilizzo di un bene, di un materiale o di una materia prima sia non solo eventuale ma certo, senza trasformazione preliminare e nel corso del processo di produzione;
che il rimettente osserva che la Corte di cassazione «ha mostrato di avere definitivamente scelto l’opzione della non diretta applicabilità della normativa comunitaria, e della conseguente necessità di rimessione della questione alla Corte costituzionale in due recenti occasioni, anche se con riferimento alla pregressa disciplina: una prima volta con specifica attenzione alla nozione di rifiuto, ed una seconda volta con riguardo alla previsione agevolatrice contenuta nell’art. 30» del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, «riprodotta nel nuovo d.lgs. n. 152 del 2006»;
che la Commissione tributaria regionale afferma di condividere la scelta processuale del giudice di legittimità, rilevando come «la ricaduta pratica delle osservazioni svolte sul presente procedimento è avvalorata dalla esistenza della vertenza tra la Commissione europea e la Repubblica italiana, causa C-194/05, per violazione della direttiva in materia in relazione alla disciplina introdotta» dall’art. 10 della legge 21 dicembre 2001, n. 443, e dall’art. 1, commi 17, 18 e 19, della legge 21 dicembre 2001, n. 443;
che nel giudizio dinanzi alla Corte si è costituito il Consorzio CAVET, parte del giudizio a quo, concludendo per l’inammissibilità o per l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale;
che la questione sarebbe inammissibile, perché l’ordinanza di rimessione non indica in alcun modo le ragioni per cui ritiene che la questione sollevata sia rilevante ai fini della definizione del giudizio a quo, dato che la disposizione non era ancora in vigore all’epoca in cui la Regione Toscana ha esercitato la pretesa impositiva, e non manifestamente infondata, tanto più che, come risulta dalla relazione illustrativa al decreto legislativo, la disposizione censurata è stata formulata in recepimento delle indicazioni fornite dalla Commissione europea;
che, in ogni caso, la questione sarebbe inammissibile, perché non rilevante ai fini della definizione del giudizio a quo, avente ad oggetto atti impositivi emessi nel 2001, in esso continuando a trovare applicazione altre disposizioni di legge, vale a dire gli artt. 7 e 8 del d.lgs. n. 22 del 1997, come modificati dall’art. 10 della legge n. 93 del 2001 ed interpretati in via autentica dall’art. 1, commi 17, 18 e 19, della legge n. 443 del 2001;
che, nel merito, la questione sarebbe manifestamente infondata, giacché, ai sensi del denunciato art. 186 del d.lgs. n. 152 del 2006, le terre e le rocce da scavo non sono qualificabili come rifiuti a condizione che non siano inquinate (o meglio, presentino una concentrazione di inquinanti limitata), siano riutilizzate in modo certo, senza alcun trattamento preliminare, secondo modalità progettualmente previste e compatibili con l’ambiente, approvate dalle autorità competenti ed entro un determinato periodo di tempo;
che, pertanto, il legislatore nazionale non avrebbe previsto alcuna generale esclusione a priori delle terre e delle rocce da scavo dalla normativa in materia di rifiuti, dato che le specifiche condizioni indicate, in presenza delle quali i materiali in questione non sono rifiuti, devono verificarsi di volta in volta;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l’inammissibilità e, comunque, per l’infondatezza della questione;
che la difesa erariale osserva in particolare che i fatti, cui si correla la pretesa tributaria della Regione Toscana nei confronti del Consorzio CAVET, sono avvenuti anteriormente al 2001, epoca nella quale era vigente una disciplina delle terre da scavo diversa da quella censurata dal giudice rimettente, il quale avrebbe dovuto valutare questo aspetto prima di rimettere la questione al vaglio della Corte costituzionale;
che l’Avvocatura generale, in una memoria depositata in prossimità della camera di consiglio, ricorda che la norma denunciata è stata novellata dal decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4 (Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale), il quale ha previsto garanzie ulteriori del certo riutilizzo delle terre e delle rocce da scavo, condizione, questa, ritenuta essenziale dalla Corte di Lussemburgo per escludere l’osservanza degli obblighi derivanti dalla gestione dei rifiuti;
che la nuova disposizione – si osserva – conferma e rafforza il ruolo del progetto, oggetto di accurata analisi per verificare che il riutilizzo delle terre e delle rocce da scavo non solo sia stato previsto, ma sia anche tecnicamente possibile, ed introduce un termine massimo entro il quale il riutilizzo deve avvenire.
Considerato che la questione, sollevata in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, della Costituzione dalla Commissione tributaria regionale della Toscana, investe l’art. 186 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nella parte in cui – in contrasto con la nozione di rifiuto stabilita dalle direttive 75/442/CEE e 91/156/CEE, ed elaborata dalla Corte di giustizia – esclude, a certe condizioni, che le terre e le rocce da scavo, anche di gallerie, destinate all’effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati, costituiscano rifiuti;
che, successivamente all’ordinanza di rimessione, la disposizione denunciata è stata sostituita dall’art. 2, comma 23, del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4 (Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale);
che, pertanto, è necessario restituire gli atti al giudice rimettente, onde consentirgli di valutare l’incidenza di tale modifica normativa sulla perdurante rilevanza nel giudizio a quo della sollevata questione di legittimità costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti alla Commissione tributaria regionale della Toscana.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 aprile 2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Paolo MADDALENA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 30 aprile 2008.