ORDINANZA N. 84
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 2 agosto 2007 (doc. n. 200), relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost., delle opinioni espresse dal deputato Carlo Taormina nei confronti della dott.ssa Maria Del Savio Bonaudo e della dott.ssa Stefania Cugge, rispettivamente Procuratore della Repubblica e Sostituto Procuratore della Repubblica presso la Procura della Repubblica di Aosta, promosso con ricorso del giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Milano, depositato in cancelleria il 7 novembre 2007 ed iscritto al n. 15 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2007, fase di ammissibilità.
Udito nella camera di consiglio del 27 febbraio 2008 il Giudice relatore Sabino Cassese.
Ritenuto che il Tribunale di Milano, sezione del giudice per l’udienza preliminare, con ordinanza – ricorso dell’11 ottobre 2007, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla delibera adottata nella seduta del 2 agosto 2007 (doc. n. 200), con la quale è stata dichiarata, ai sensi del primo comma dell’art. 68 della Costituzione, l’insindacabilità delle dichiarazioni del deputato Carlo Taormina, rispetto alle quali pende un procedimento penale;
che il Tribunale ricorrente espone che il deputato Carlo Taormina è imputato del reato continuato di diffamazione a mezzo stampa per avere, mediante una serie di interviste pubblicate, una, sul quotidiano «La Stampa», in data 20 luglio 2004 e l’altra, sul periodico «Oggi», in data 11 agosto 2004, a commento della sentenza di condanna pronunciata dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Aosta nei confronti di Anna Franzoni, sua assistita, offeso la reputazione dei magistrati della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Aosta, Maria Del Savio Bonaudo e Stefania Cugge;
che il Tribunale richiama testualmente il contenuto delle dichiarazioni asseritamente diffamatorie consistite nelle seguenti risposte al giornalista Marco Neirotti del quotidiano «La Stampa»: «L’accusa è fatta da marescialli di paese che hanno anche falsificato le prove»; ed, ancora, «abbiamo lasciato molto ad intendere, ma non si è voluto capire. Chi non ha voluto non ha capito»; «Il problema sta nelle indagini non in quello che abbiamo detto noi»; nonché nelle seguenti risposte alla giornalista Anna Cecchi del settimanale «Oggi»: «Innanzitutto perché ero certissimo dell’assoluzione di Annamaria Franzoni e questa avrebbe supportato ulteriormente la nostra denunzia. Poi perché non ci fidiamo della Procura di Aosta che ha sempre indagato in una sola direzione»; «certo che c’è stata una caccia all’assassino. Visto che la Procura non cercava il colpevole, dovevamo pur farlo noi, chi altro?; Io sono un estimatore della magistratura seria […] So che ci sono magistrati bravi, altri influenzati dalla politica, altri ancora, ed è la cosa più preoccupante, incapaci. Ed è il caso dei magistrati che hanno indagato sul caso Cogne»;
che, in fatto, il Tribunale di Milano osserva che il procedimento penale a carico del deputato Taormina è scaturito da una querela proposta nei suoi confronti dalle persone offese e che la Camera dei deputati, nella seduta del 2 agosto 2007, in accoglimento della proposta formulata dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere in giudizio, ha riconosciuto, ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost., l’insindacabilità delle opinioni espresse dal parlamentare, per le quali pende procedimento penale;
che, inoltre, il Tribunale ricorrente riporta testualmente le conclusioni della relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere in giudizio (doc. IV quater, nn. 19 e 20) e osserva che «non è agevole comprendere il nesso fra attività politica e dichiarazioni afferenti la consumazione di illeciti a carico di magistrati, che avrebbero dovuto essere denunciati e provati nelle sedi competenti e non già oggetto di interrogazione e dibattito di fronte al Parlamento come una tematica di carattere generale»;
che, a parere del Tribunale ricorrente, la deliberazione della Camera dei deputati oggetto di conflitto appare in contrasto con il consolidato orientamento giurisprudenziale della Corte costituzionale, atteso che «non contiene alcun elemento concreto da cui poter desumere la sussistenza di una corrispondenza sostanziale tra i contenuti delle dichiarazioni giornalistiche oggetto della querela e le opinioni espresse dal deputato in specifici atti parlamentari, non essendo sufficiente una mera comunanza di tematiche e un generico riferimento alla rilevanza di fatti pubblici»;
che il Tribunale di Milano aggiunge che con l’interrogazione parlamentare del 22 aprile 2002 (n. 3-00906) il deputato chiedeva al Ministro della giustizia di compiere accertamenti necessari – se del caso anche attivando i poteri disciplinari – in ordine ad una serie di fatti connessi con l’omicidio consumato a Cogne, censurando la mancata adozione da parte degli investigatori delle dovute cautele per proteggere il luogo del delitto da possibili inquinamenti probatori;
che il Tribunale, invece, osserva come nelle dichiarazioni in esame si attribuiscano agli inquirenti illeciti di rilevanza penale nonché giudizi di natura personale idonei a gettare discredito e che «la mancanza di nesso funzionale è resa altresì palese dalla circostanza che le dichiarazioni asseritamente diffamatorie del parlamentare sono successive di oltre due anni rispetto al citato atto di funzione e trovano indubbio fondamento in una serie di specifiche conoscenze che lo stesso non poteva possedere se non in quanto difensore nell’ambito del processo per l’omicidio di Cogne, ossia a titolo privato e professionale, senza alcun collegamento col mandato parlamentare»;
che il Tribunale, pertanto, ritiene che le dichiarazioni del deputato oggetto di conflitto non possano essere ricondotte ad uno degli atti previsti dall’art. 68, primo comma, Cost. e, sospeso il giudizio, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri nei confronti della Camera dei deputati e ha chiesto alla Corte costituzionale di dichiarare che non spetta alla stessa affermare l’insindacabilità, a norma dell’art. 68, primo comma, Cost., della condotta attribuita al deputato e, conseguentemente, di annullare la delibera adottata nella seduta del 2 agosto 2007.
Considerato che in questa fase la Corte è chiamata, ai sensi dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), ad accertare se il sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sia ammissibile, valutando, senza contraddittorio tra le parti, se ne sussistano i requisiti soggettivo ed oggettivo, restando impregiudicata ogni ulteriore decisione anche in punto di ammissibilità;
che, quanto al requisito soggettivo, il Tribunale di Milano è legittimato a sollevare il conflitto, essendo competente a dichiarare definitivamente, in relazione al procedimento del quale è investito, la volontà del potere cui appartiene, in considerazione della posizione di indipendenza, costituzionalmente garantita, di cui godono i singoli organi giurisdizionali;
che analogamente la Camera dei deputati, che ha deliberato l’insindacabilità delle opinioni espresse da un proprio membro, è legittimata ad essere parte del conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere che rappresenta;
che, per quanto riguarda il profilo oggettivo del conflitto, il Tribunale ricorrente denuncia la menomazione della propria sfera di attribuzione, garantita da norme costituzionali, in conseguenza dell’adozione, da parte della Camera dei deputati, di una deliberazione ove si afferma, in modo asseritamente illegittimo, che le opinioni espresse da un proprio membro rientrano nell’esercizio delle funzioni parlamentari, in tal modo godendo della garanzia di insindacabilità stabilita dall’art. 68, primo comma, della Costituzione;
che, pertanto, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetta alla competenza della Corte.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dal Tribunale di Milano nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso indicato in epigrafe;
dispone:
a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza al ricorrente Tribunale di Milano;
b) che l’atto introduttivo e la presente ordinanza siano, a cura del ricorrente, notificati alla Camera dei deputati entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere poi depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, nella cancelleria di questa Corte entro il termine di venti giorni previsto dall’art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 marzo 2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Sabino CASSESE, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 28 marzo 2008.