ORDINANZA N. 78
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1 (sostitutivo dell’art. 593 del codice di procedura penale), 2 (modificativo dell’art. 443 del codice di procedura penale) e 10 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), promossi, nell’ambito di diversi procedimenti penali, con ordinanze del 16 e del 21 marzo, del 6, dell’11, del 13 e del 18 aprile, del 13 maggio (nn. 2 ordd.), del 1°, dell’8 (nn.2 ordd.), del 13 (nn. 2 ordd.) giugno, del 16 e del 29 marzo, del 13 aprile, del 16, del 23 e del 25 maggio, del 13 giugno, dell’11 agosto, del 16 maggio, del 10 ottobre, del 2 agosto, del 22 giugno, del 4 luglio, del 26 (nn. 2 ordd.) e del 28 settembre e del 7 ottobre 2006 dalla Corte d’appello di Cagliari – sezione distaccata di Sassari, rispettivamente iscritte ai nn. 483, 484, da 486 a 489 del registro ordinanze 2006 ed ai nn. da 88 a 94, da 97 a 104, 129, 287, 289 e da 465 a 470 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell’anno 2006 e nn. 11, 13, 17 e 25, prima serie speciale, dell’anno 2007.
Udito nella camera di consiglio del 13 febbraio 2008 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.
Ritenuto che, con numerose ordinanze sostanzialmente identiche nella parte motiva (iscritte ai nn. 483, 484, 486-489 del registro ordinanze del 2006; nn. 88-94, 97-104, 129, 287, 289, 465-470 del registro ordinanze del 2007), la Corte d’appello di Cagliari – sezione distaccata di Sassari ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 27, terzo comma, 111 e 112 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), nella parte in cui non consentono al pubblico ministero di proporre appello avverso le sentenze dibattimentali di proscioglimento e le sentenze di proscioglimento emesse a seguito di giudizio abbreviato, nonché dell’art. 10 della medesima legge;
che, ai fini della rilevanza, la Corte d’appello rimettente premette che gli appelli proposti dovrebbero essere dichiarati inammissibili, ai sensi dell’art. 10 della legge n. 46 del 2006, in quanto anteriori alla data di entrata in vigore della legge;
che, nel merito, la soppressione dell’appello delle sentenze di proscioglimento operata dalla legge n. 46 del 2006 violerebbe il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) e il principio di parità fra le parti (art. 111 Cost.), in quanto priva il pubblico ministero della possibilità di impugnare le sentenze di proscioglimento «con lo stesso mezzo riconosciuto all’imputato avverso le sentenze di condanna»; così introducendo una irragionevole disparità di trattamento in danno della pubblica accusa e alterando l’equilibrio dei poteri processuali delle parti;
che l’eliminazione dell’appello delle sentenze di proscioglimento non sarebbe assistita da alcuna ragione giustificatrice, come invece affermato dalla Corte costituzionale in relazione ai limiti all’appello delle sentenze di condanna pronunciate all’esito del giudizio abbreviato;
che, infatti, per le «sentenze di assoluzione», ivi comprese quelle pronunciate a seguito di rito abbreviato, la preclusione dell’appello non potrebbe dirsi ragionevole, «stante il perdurante interesse della parte pubblica all’accertamento della verità (e quindi della responsabilità dell’imputato che dall’acclaramento della verità possa risultare)»;
che il contrasto tra la disciplina censurata e gli artt. 3 e 111 Cost. appare, a giudizio della Corte d’appello rimettente, ancora più evidente se si considera che alla parte civile (e, dunque, ad una parte privata del processo) è stato invece conservato, anche dopo le modifiche recate dalla legge n. 46 del 2006 all’art. 576 cod. proc. pen., il potere di proporre appello avverso le sentenze di assoluzione;
che, infine, la Corte d’appello rimettente ritiene violati anche gli artt. 112 e 27, terzo comma, Cost., in quanto la eliminazione del potere di appello del pubblico ministero avverso le sentenze di assoluzione incide, rendendola «più difficoltosa», sulla «attuazione della ricerca della verità e, quindi dell’istanza di giustizia propria della collettività», di cui sono «espressione» il principio della obbligatorietà dell’azione penale e il principio secondo cui la pena deve tendere alla rieducazione del condannato.
Considerato che il dubbio di costituzionalità sottoposto a questa Corte ha ad oggetto la preclusione – conseguente alla modifica degli artt. 593 e 443, comma 1, del codice di procedura penale ad opera degli artt. 1 e 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento) – dell’appello delle sentenze di proscioglimento emesse all’esito del dibattimento o pronunciate a seguito di giudizio abbreviato, e l’immediata applicabilità di tale regime, in forza dell’art. 10 della medesima legge, ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge;
che, stante l’identità delle questioni proposte, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia;
che, nelle ordinanze iscritte ai numeri 483, 484, 486, 488, 489 del registro ordinanze del 2006 e nn. 88, 90-94, 98-103, 129, 287, 289, 466-470 del registro ordinanze del 2007, la rilevanza delle questioni è limitata al solo art. 1 (e all’art. 10) della legge n. 46 del 2006, dal momento che i procedimenti a quibus traggono origine, come risulta dalle stesse ordinanze di rimessione, da appelli proposti dal pubblico ministero avverso sentenze dibattimentali di assoluzione;
che, nelle ordinanze iscritte al n. 487 del registro ordinanze del 2006 e ai nn. 89, 97, 104 e 465 del registro ordinanze del 2007, la rilevanza è invece circoscritta al solo art. 2 (e all’art. 10) della legge n. 46 del 2006, essendo i giudici rimettenti chiamati a delibare, come indicato negli stessi atti di promovimento, gli appelli proposti dal pubblico ministero avverso, rispettivamente, sentenze di assoluzione emesse all’esito di giudizio abbreviato (r.o. nn. 487 del 2006 e 89 del 2007) e sentenze con cui gli imputati sono stati «assolti», senza ulteriore precisazione ma verosimilmente all’esito di giudizio abbreviato, dal giudice dell’udienza preliminare (r.o. 97, 104, 465 del 2007);
che, successivamente alle ordinanze di rimessione, questa Corte, con sentenza n. 26 del 2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della citata legge n. 46 del 2006 «nella parte in cui, sostituendo l’art. 593 del codice di procedura penale, esclude che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di proscioglimento, fatta eccezione per le ipotesi previste dall’art. 603, comma 2, del medesimo codice, se la nuova prova è decisiva», e dell’art. 10, comma 2, della medesima legge, «nella parte in cui prevede che l’appello proposto contro una sentenza di proscioglimento dal pubblico ministero prima della data di entrata in vigore della medesima legge è dichiarato inammissibile»;
che, inoltre, con sentenza n. 320 del 2007, questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 della legge n. 46 del 2006, nella parte in cui, modificando l’art. 443, comma 1, del codice di procedura penale, esclude che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di proscioglimento emesse a seguito di giudizio abbreviato, e dell’art. 10, comma 2, nella parte in cui prevede che sia dichiarato inammissibile l’appello proposto dal pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento emessa a seguito di giudizio abbreviato, prima dell’entrata in vigore della medesima legge;
che, alla stregua delle richiamate pronunce di questa Corte, gli atti devono pertanto essere restituiti ai giudici rimettenti per un nuovo esame della rilevanza delle questioni.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
ordina la restituzione degli atti alla Corte d’appello di Cagliari – sezione distaccata di Sassari.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 marzo 2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Giovanni Maria FLICK, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 28 marzo 2008.