ORDINANZA N. 55
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 547, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), promossi con ordinanza del 30 novembre 2006 dal Tribunale di Lanciano, con ordinanza del 22 gennaio 2007 dal Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Nardò, e con ordinanza del 16 marzo 2007 dal Tribunale di Lucca, rispettivamente iscritte ai nn. 414, 455 e 596 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 23, 25 e 35, prima serie speciale, dell’anno 2007.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 30 gennaio 2008 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro.
Ritenuto che il Tribunale di Lanciano, con ordinanza del 30 novembre 2006, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 547, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), il quale prevede che, per le violazioni di cui all’art. 110, nono comma, del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), commesse in data antecedente all’entrata in vigore della citata legge, si applicano le disposizioni vigenti al tempo delle violazioni stesse;
che il rimettente, investito di un procedimento penale, premette che l’art. 1, comma 543, della legge n. 266 del 2005 ha sostituito l’art. 110, nono comma, del r.d. n. 773 del 1931, configurando quali illeciti amministrativi, e non più quali reati, «le violazioni previste in materia di installazione in esercizi pubblici di apparecchi automatici da gioco non conformi alle disposizioni di legge»;
che, in deroga al «principio di retroattività della lex mitior» enunciato dall’art. 2 del codice penale, l’art. 1, comma 547, della legge n. 266 del 2005 stabilisce che per le violazioni poste in essere anteriormente alla data di entrata in vigore della stessa legge continua ad applicarsi la disciplina previgente;
che, ad avviso del giudice a quo, tale disposizione si pone in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, poiché determina un’ingiustificata disparità di trattamento tra soggetti responsabili di violazioni identiche, in danno di coloro che, avendo commesso il fatto in epoca anteriore al 1° gennaio 2006, rimangono soggetti alla sanzione penale;
che, invero, la deroga ai principi generali sulla successione delle leggi penali nel tempo non sarebbe sorretta da una sufficiente ragione giustificativa;
che la questione di costituzionalità così prospettata sarebbe rilevante, «atteso che agli [...] imputati, cui si attribuisce un fatto commesso prima del 1° gennaio 2006, è contestata anche la violazione dell’art. 110 T.U.L.P.S.»;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo di dichiarare la questione inammissibile per omessa descrizione della fattispecie oggetto del giudizio principale o, in subordine, di restituire gli atti per un nuovo esame della rilevanza alla luce dello ius superveniens, dato dall’art. 1, comma 86, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), che ha sostituito l’art. 110, nono comma, del r.d. n. 773 del 1931;
che anche il Tribunale di Lucca, con ordinanza del 16 marzo 2007, pronunciata nell’ambito di un procedimento penale per il reato di cui all’art. 110, nono comma, del r.d. 773 del 1931, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 547, della legge n. 266 del 2005, in riferimento all’art. 3 della Costituzione;
che il rimettente, dopo aver rilevato che il citato art. 110, nono comma, è stato nuovamente sostituito dall’art. 1, comma 86, della legge n. 296 del 2006, «senza variazioni essenziali», si duole che la deroga al principio di non ultrattività della legge penale, introdotta dalla norma censurata, non sia ragionevole, siccome contrastante con l’intento, manifestato con la legge n. 266 del 2005 e confermato con la legge n. 296 del 2006, di «abbandonare la sede penale e relegare le fattispecie di cui all’art. 110 T.U.L.P.S. ad un ambito eminentemente amministrativo»;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo di dichiarare la questione infondata;
che, infine, il Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Nardò, con ordinanza del 22 gennaio 2007, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 547, della legge n. 266 del 2005, in riferimento agli artt. 3, 10, primo comma, e 25, secondo comma, della Costituzione;
che il giudice a quo, investito di un procedimento penale per il reato di cui all’art. 110, commi settimo, lettera a), e nono, del r.d. n. 773 del 1931, commesso prima dell’entrata in vigore della legge n. 266 del 2005, prospetta l’introduzione, ad opera della censurata norma, di una «singolare deroga [...] al principio d’irretroattività della legge penale meno favorevole», in contrasto con gli artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione;
che, invero, ascrivendo la fattispecie criminosa in contestazione alla più ampia categoria dei reati finanziari, il rimettente ritiene che l’«intervento settoriale», con cui è stata disposta, nel limitato ambito degli apparecchi da gioco, una deroga ai principi comuni in tema di successione di leggi penali, non sia giustificabile «neppure alla luce dell’art. 53 Cost.», dopo che il legislatore, con l’abrogazione dell’art. 20 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (Norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie) ex art. 24 del d. lgs. 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell’articolo 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205), ha dimostrato il suo «deciso contrario orientamento» all’ultrattività delle norme penali finanziarie;
che, inoltre, il rimettente deduce la violazione dell’art. 10, primo comma, della Costituzione, in quanto la disciplina di diritto intertemporale posta dall’art. 1, comma 547, della legge n. 266 del 2005 non sarebbe fondata «su alcun valore o interesse di analogo rilievo a quello tutelato dal principio generale, anche dell’ordinamento internazionale e comunitario, della lex mitior»;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo di dichiarare la questione inammissibile, per non avere il rimettente considerato, nel formulare il giudizio sulla rilevanza, che l’art. 110, nono comma, del r.d. n. 773 del 1931 è stato sostituito dall’art. 1, comma 86, della legge n. 296 del 2006.
Considerato che il Tribunale di Lanciano ed il Tribunale di Lucca dubitano, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 547, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), in forza del quale, per le violazioni di cui all’art. 110, nono comma, del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), commesse in data antecedente all’entrata in vigore della citata legge, si applicano le disposizioni vigenti al tempo delle violazioni stesse;
che anche il Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Nardò, ha sollevato questione di costituzionalità dell’art. 1, comma 547, della legge n. 266 del 2005, evocando quali parametri del giudizio gli artt. 3, 10, primo comma, e 25, secondo comma, della Costituzione;
che, avendo i rimettenti censurato la medesima disciplina di diritto intertemporale, sotto profili in parte coincidenti, deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi;
che il Tribunale di Lanciano ed il Tribunale di Lucca hanno omesso di descrivere le fattispecie concrete oggetto dei giudizi a quibus, essendosi limitati a riferire che agli imputati vengono contestate talune tra le molteplici violazioni di cui all’art. 110, nono comma, del r.d. n. 773 del 1931, nel testo vigente anteriormente alla novella di cui all’art. 1, comma 543, della legge n. 266 del 2005, senza neppure fornire puntuali indicazioni in ordine alla data dei commessi reati, precludendo, in tal modo, ogni possibilità di controllo sulla rilevanza delle questioni;
che il Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Nardò, nel formulare il giudizio sulla rilevanza, non ha compiutamente ricostruito il quadro normativo di riferimento, non avendo argomentato, sia pure per escluderne l’incidenza, in merito alla nuova sostituzione dell’art. 110, nono comma, del r.d. n. 773 del 1931 ad opera dell’art. 1, comma 86, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007);
che, pertanto, tutte le questioni di costituzionalità devono essere dichiarate inammissibili per difetto di motivazione sulla rilevanza.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 547, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), sollevate, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Lanciano e dal Tribunale di Lucca, nonché, in riferimento agli artt. 3, 10, primo comma, e 25, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Nardò, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 marzo 2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Giuseppe TESAURO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 marzo 2008.