ORDINANZA N. 20
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZAnel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026 (Regolamento di esecuzione della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, sulla tutela delle lavoratrici madri) promosso con ordinanza del 16 dicembre 2006 dalla Corte d’appello di Venezia tra O.A.A. e la Fitt s.p.a. iscritta al n. 274 del registro ordinanze 2007 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell’anno 2007.
Visti l’atto di costituzione della Fitt. s.p.a. nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica dell’11 dicembre 2007 il Giudice relatore Maria Rita Saulle;
uditi gli avvocati Paolo Rettore, Giancarlo Antuzzi e Lucio Laurita Longo per la Fitt s.p.a. e l’avvocato dello Stato Marco Corsini per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che, con ordinanza del 16 dicembre 2006, la Corte d’appello di Venezia, sezione lavoro, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 12 del d.P.R. 25 novembre 1976, n. 1026 (Regolamento di esecuzione della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, sulla tutela delle lavoratrici madri), per violazione degli articoli 3, 31 e 37 della Costituzione;
che il giudizio a quo ha ad oggetto l’appello avverso la sentenza con la quale il giudice di primo grado ha ritenuto legittimo il licenziamento operato dalla Fitt s.p.a. nei confronti di una propria dipendente, per superamento del periodo di comporto di malattia, a tal fine computando il periodo di astensione anticipata fruito dalla stessa in dipendenza dello stato di gravidanza;
che, essendo intervenuto un evento abortivo alla ventunesima settimana, risulterebbe preclusa – secondo il giudice di primo grado – la possibilità di accordare al relativo periodo di astensione anticipata dal lavoro la tutela prevista per la maternità, in applicazione dell’art. 12 del d.P.r. n. 1026 del 1976, il quale prevede che ai fini dell’applicazione dell’art. 20 della legge «l’interruzione spontanea, o terapeutica, della gravidanza che si verifichi prima del centottantesimo giorno dall’inizio della gestazione, si considera aborto»;
che, pertanto, il collegio rimettente ritiene che dalla qualificazione in termini di aborto ovvero di parto di detto evento collegato alla gravidanza dipende la possibilità di applicare o meno, al caso concreto, le norme poste a garanzia della maternità;
che, sotto altro profilo, la Corte rimettente evidenzia che l’ordinamento penale, agli artt. 4, 6 e 7 della legge 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza), fornisce termini temporali diversi per l’individuazione dell’evento abortivo, che sarebbe possibile solo entro i primi novanta giorni di gravidanza, pur essendo ammessa anche un’interruzione successiva per motivi terapeutici;
che, alla luce di tale ricostruzione del quadro normativo, la norma censurata risulterebbe in contrasto, oltre che con il principio di ragionevolezza, anche con i principi di eguaglianza e di tutela della maternità, individuando «termini precisi e insindacabili di inizio della maternità non in sintonia con l’intero sistema e con i dati scientifici in continua evoluzione», tenuto anche conto delle odierne «maggiori probabilità di sopravvivenza in caso di interruzione della gravidanza» rispetto al passato;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo, preliminarmente, la manifesta inammissibilità della questione per la natura regolamentare della norma impugnata;
che, in secondo luogo, la difesa erariale eccepisce il difetto di motivazione dell’ordinanza di rimessione in ordine alla rilevanza, atteso che la Corte veneziana non ha specificato gli elementi di fatto necessari a valutare la correttezza del calcolo delle assenze per malattia che avrebbero determinato, in concreto, il licenziamento;
che si è costituta in giudizio la Fitts.p.a., in persona del suo legale rappresentante, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sollevata sia dichiarata infondata;
che, in particolare, con memoria depositata in prossimità dell’udienza, la parte privata osserva che il rimettente avrebbe fondato il dubbio di ragionevolezza, in riferimento all’art. 3 Cost., su tertia comparationis relativi a fattispecie non omogenee a quella disciplinata dalla norma censurata e, pertanto, ad essa non comparabili;
che, sempre secondo la parte costituita, l’individuazione del termine dell’inizio della maternità a partire dal centoottantesimo giorno dall’inizio della gestazione, oltre che ad evidenti esigenze di certezza, risponderebbe tuttora a quello più ragionevole per distinguere aborto e prematurità, secondo i dati forniti dalla letteratura medica più accreditata sull’argomento.
Considerato che la Corte d’appello di Venezia, sezione lavoro, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 12 del d.P.R. 25 novembre 1976, n. 1026 (Regolamento di esecuzione della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, sulla tutela delle lavoratrici madri), per violazione degli articoli 3, 31 e 37 della Costituzione;
che tale censura è manifestamente inammissibile, in quanto diretta contro una disposizione regolamentare sottratta, in quanto tale, al giudizio di legittimità costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 12 del d.P.R. 25 novembre 1976, n. 1026 (Regolamento di esecuzione della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, sulla tutela delle lavoratrici madri), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 31 e 37 della Costituzione, dalla Corte d’appello di Venezia, sezione lavoro, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 gennaio 2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Maria Rita SAULLE, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'8 febbraio 2008.