ORDINANZA N. 462
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 593, comma 2, del codice di procedura penale, come sostituito dall’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), promossi, nell’ambito di diversi procedimenti penali, con ordinanze del 30 giugno, del 26 settembre, del 9, del 3 e del 10 ottobre, del 3 novembre, del 4 luglio, del 16 maggio e del 20 giugno 2006 dalla Corte d’appello di Messina, del 3 ottobre 2006 dalla Corte d’assise d’appello di Messina, del 20 giugno 2006 dalla Corte d’appello di Messina e del 6 luglio 2006 dalla Corte d’appello di Messina – sezione per i minorenni, rispettivamente iscritte ai nn. 226, 227, 229, da 257 a 259, 295, 301, 303, 306, 364 e 619 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, nell’edizione straordinaria del 26 aprile 2007, e nn. 17, 18, 20 e 36, prima serie speciale, dell’anno 2007.
Udito nella camera di consiglio del 12 dicembre 2007 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.
Ritenuto che con dodici ordinanze, di contenuto sostanzialmente analogo, la Corte d’appello di Messina (r.o. nn. 226, 227, 229, 257, 258, 259, 295, 301 303, 364 del 2007), la Corte d’assise d’appello di Messina (r.o. n. 306 del 2007) e la Corte d’appello di Messina – sezione per i minorenni (r.o. n. 619 del 2007) hanno sollevato, in riferimento agli artt. 3, 111, secondo comma, e 112 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 593, comma 2, del codice di procedura penale, come sostituito dall’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in cui preclude al pubblico ministero la possibilità di appellare contro le sentenze di proscioglimento»;
che i rimettenti, chiamati a celebrare il giudizio di secondo grado su appelli del pubblico ministero avverso sentenze di assoluzione, motivano la rilevanza della questione sulla base del disposto dell’art. 10 della citata novella n. 46 del 2006, che prevede l’immediata applicazione delle nuove norme in materia di inappellabilità ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge;
che, quanto al profilo della non manifesta infondatezza, i giudici a quibus argomentano innanzitutto il contrasto della norma censurata con il principio di ragionevolezza espresso nell’art. 3 Cost.;
che, infatti, i limiti all’appellabilità delle sentenze di proscioglimento introdotti dalla legge n. 46 del 2006 «solo apparentemente» soddisferebbero «l’esigenza di parità garantita dalla disposizione costituzionale», posto che, in realtà, è esclusivamente con riferimento all’organo dell’accusa che tale limitazione «assume preponderanza e rilievo centrale», avendo solo il pubblico ministero interesse ad impugnare le sentenze di proscioglimento ed essendo già in precedenza inibita all’imputato l’impugnazione delle sentenze di proscioglimento con formula piena;
che i rimettenti – consapevoli del costante orientamento della Corte costituzionale secondo cui il principio di parità delle parti nel processo non comporta necessariamente identità dei poteri processuali e che disparità di trattamento sono possibili purché trovino una «giustificazione che risponda a criteri di ragionevolezza» – ritengono che, nella specie, la scelta legislativa sia priva di ragionevole giustificazione;
che la disciplina censurata si risolverebbe nella irragionevole soppressione di un mezzo di impugnazione a danno di una sola parte, portatrice «non di un interesse proprio bensì di istanze di legalità e di difesa sociale», con conseguente violazione anche del principio della parità delle parti di cui all’art. 111, secondo comma, Cost.;
che, a giudizio dei rimettenti, l’art. 593, come novellato, risulterebbe altresì in contrasto con il principio di obbligatorietà dell’azione penale sancito dall’art. 112 Cost.
Considerato che il dubbio di costituzionalità sottoposto a questa Corte ha per oggetto la preclusione, conseguente alla sostituzione dell’art. 593 del codice di procedura penale ad opera dell’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), dell’appello delle sentenze dibattimentali di proscioglimento da parte del pubblico ministero;
che, stante l’identità delle questioni proposte, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia;
che, successivamente alle ordinanze di rimessione, questa Corte, con sentenza n. 26 del 2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della citata legge n. 46 del 2006, «nella parte in cui, sostituendo l’art. 593 del codice di procedura penale, esclude che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di proscioglimento, fatta eccezione per le ipotesi previste dall’art. 603, comma 2, del medesimo codice, se la nuova prova è decisiva», e dell’art. 10, comma 2, della stessa legge, «nella parte in cui prevede che l’appello proposto contro una sentenza di proscioglimento dal pubblico ministero prima della data di entrata in vigore della medesima legge è dichiarato inammissibile»;
che, alla stregua della richiamata pronuncia di questa Corte, gli atti devono essere pertanto restituiti ai giudici rimettenti per un nuovo esame della rilevanza delle questioni.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
ordina la restituzione degli atti alla Corte d’appello di Messina, alla Corte d’assise d’appello di Messina e alla Corte d’appello di Messina – sezione per i minorenni.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 dicembre 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Giovanni Maria FLICK, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 28 dicembre 2007.