ORDINANZA N. 441
ANNO 2007REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Franco BILE Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZAnel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Umbria 23 dicembre 2004, n. 33 (Disposizioni in materia di demanio idrico, di occupazione di suolo demaniale e di demanio lacuale), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 28 febbraio 2005, depositato in cancelleria il 7 marzo 2005 ed iscritto al n. 34 del registro ricorsi 2005.
Visto l’atto di costituzione della Regione Umbria;
udito nella camera di consiglio del 21 novembre 2007 il Giudice relatore Paolo Maddalena.
Ritenuto che con ricorso notificato il 28 febbraio 2005 e depositato il 7 marzo 2005, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Umbria 23 dicembre 2004, n. 33 (Disposizioni in materia di demanio idrico, di occupazione di suolo demaniale e di demanio lacuale), denunciandone il contrasto con gli artt. 42 e 43 della Costituzione;
che la norma denunciata prevede che le Autorità territoriali di ambito (A.A.T.O.) sono titolari delle concessioni di derivazione ad uso idropotabile e della occupazione di pertinenze idrauliche utilizzate per l’erogazione dei servizi idrici integrati; stabilisce, inoltre, che le Province provvedono d’ufficio al subentro nella titolarità delle concessioni ed ai conseguenti adempimenti entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, e che le predette Autorità subentrano nei rapporti dei precedenti concessionari dalla data della volturazione;
che, ad avviso del ricorrente, tale disposizione disciplinerebbe, in sostanza, una espropriazione senza indennizzo del diritto reale spettante a privati imprenditori o enti, in contrasto con gli artt. 42 e 43 della Costituzione: il trasferimento di concessioni non troverebbe giustificazione nella normativa statale, in quanto non sarebbe previsto né dagli artt. 7, 9 e 21 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici, approvato con il regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, né dagli artt. 8 e 9 della legge 5 gennaio 1994, n. 36; neppure il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nel conferire alle Regioni la gestione del demanio idrico, contemplerebbe la potestà stabilita dalla disposizione denunciata;
che nel giudizio dinanzi a questa Corte si è costituita la Regione Umbria, concludendo per l’inammissibilità o per la non fondatezza della questione;
che l’inammissibilità deriverebbe dal fatto che il ricorso censura l’art. 4 della legge regionale n. 33 del 2004 non già per la violazione delle norme costituzionali sulla ripartizione della potestà e della competenza legislativa tra Stato e Regioni, ma per il contrasto con gli artt. 42 e 43 della Costituzione;
che, nel merito, la questione sarebbe infondata, in quanto basata su una lettura della norma denunciata non corrispondente al suo effettivo contenuto, giacché l’art. 4 si limiterebbe a disporre il trasferimento, in capo alle Autorità territoriali di ambito, della titolarità delle concessioni di derivazione ad uso idropotabile e di occupazione delle pertinenze idrauliche utilizzate per l’erogazione dei servizi idrici integrati (in pratica, degli acquedotti) di cui sono già titolari i Comuni facenti parte dei rispettivi ambiti territoriali e dei rispettivi Consorzi, regolando modalità e tempi del subentro;
che, in vista della discussione nell’udienza pubblica del 7 marzo 2006, sia l’Avvocatura generale dello Stato sia la Regione Umbria hanno depositato memorie illustrative;
che, successivamente, dopo che la discussione della causa è stata rinviata a nuovo ruolo, l’Avvocatura generale dello Stato, con atto notificato il 15 giugno 2007 e depositato il 26 giugno 2007, ha dichiarato di rinunciare al ricorso, secondo la conforme delibera della Presidenza del Consiglio dei ministri in data 5 giugno 2007;
che, a tale riguardo, la difesa erariale ha precisato che la Regione Umbria, con l’art. 14 della legge regionale 24 febbraio 2006, n. 5 (Piano regolatore regionale degli acquedotti – Norme per la revisione e l’aggiornamento del Piano regolatore generale degli acquedotti e modificazione della legge regionale 23 dicembre 2004, n. 33), ha sostituito la norma impugnata, e ha dichiarato che, non avendo avuto l’articolo impugnato concreta applicazione nel periodo di vigenza, è venuto meno l’interesse alla declaratoria di incostituzionalità richiesta con il ricorso introduttivo;
che a tale rinuncia ha fatto seguito l’accettazione della Regione Umbria con delibera della Giunta regionale 30 ottobre 2007, depositata nella cancelleria di questa Corte in data 15 novembre 2007.
Considerato che, ai sensi dell’art. 25 delle norme integrative per i giudizi dinanzi a questa Corte, la rinuncia al ricorso, seguita da accettazione della controparte, comporta l’estinzione del processo.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara estinto il processo.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Paolo MADDALENA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 20 dicembre 2007.