ORDINANZA N. 352
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 35, comma 2, della legge 24 novembre 2000, n. 340 (Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1999), promosso con ordinanza del 10 marzo 2006 dalla Corte di appello di Trento – Sezione distaccata di Bolzano nel procedimento civile vertente tra Garber Ingrid ed altro e Garber Martina ed altri, iscritta al n. 529 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno 2006.
Visto l’atto di costituzione di Garber Sighart nonché gli atti di intervento della Provincia autonoma di Bolzano e del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 25 settembre 2007 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;
uditi gli avvocati Roland Riz e Giuseppe Franco Ferrari per la Provincia autonoma di Bolzano e l’avvocato dello Stato Antonio Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che, con ordinanza depositata il 10 marzo 2006, la Corte di appello di Trento – Sezione distaccata di Bolzano ha sollevato, con riferimento all’art. 116 della Costituzione, nonché all’art. 8, n. 8, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), questione di legittimità costituzionale dell’art. 35, comma 2, della legge 24 novembre 2000, n. 340 (Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1999), in quanto prevede che le domande giudiziali relative «all’ordinamento dei masi chiusi» debbano essere precedute dall’esperimento del tentativo di conciliazione ai sensi dell’art. 46 della legge 3 maggio 1983, n. 203 (Norme sui contratti agrari);
che, riguardo allo svolgimento del giudizio a quo, la Corte rimettente ha premesso:
a.1) con atto di citazione notificato il 18 maggio 2001, Garber Ingrid e Garber Sighart avevano convenuto in giudizio Garber Martina, Garber Sigund, Garber Norbert nonché Golser Josef, chiedendo che fosse dichiarata la simulazione di un negozio avente ad oggetto beni concernenti la eredità relitta dalla loro madre Laimer Mathilde;
a.2) contestualmente gli attori avevano proposto azione di riduzione delle disposizioni testamentarie della de cuius nonché di divisione ereditaria suppletoria;
b) fra i beni oggetto della controversa successione vi era anche un “maso chiuso”;
c) una porzione di questo, del quale era stata assuntrice la convenuta Garber Martina, era stata da costei venduta, entro i dieci anni dalla apertura della successione, a Golser Josef, sicché doveva trovare applicazione, nel caso di specie, quanto previsto dall’art. 29 del decreto del Presidente della Giunta provinciale di Bolzano 22 dicembre 1978, n. 32 (Approvazione del testo unificato delle leggi provinciali sull’ordinamento dei masi chiusi), essendo la nuova disciplina, contenuta nella legge provinciale 28 novembre 2001, n. 17 (Legge sui masi chiusi), non pertinente poiché entrata in vigore dopo l’instaurazione del giudizio;
d) poiché alcune delle domande di cui al giudizio a quo rientravano fra quelle relative «all’ordinamento dei masi chiusi», esse avrebbero dovuto essere precedute, ai fini della loro proponibilità, secondo quanto previsto dall’art. 35, comma 2, della legge n. 340 del 2000, dall’esperimento del tentativo di conciliazione ai sensi dell’art. 46 della legge n. 203 del 1982;
e) non essendo stato proposto il predetto tentativo di conciliazione, l’intero giudizio doveva essere dichiarato improponibile, non ritenendo la Corte, attesa la unitarietà della controversia, di poter separare le domande non riguardanti la disciplina del “maso chiuso”;
che, ad avviso del rimettente, l’art. 35, comma 2, della legge n. 340 del 2000 sarebbe, tuttavia, lesivo della «potestà legislativa primaria ed esclusiva della Provincia autonoma di Bolzano» in quanto l’art. 8, n. 8, del d.P.R n. 670 del 1972 riserva alla competenza legislativa esclusiva di questa la disciplina del “maso chiuso”, anche per ciò che ne concerne i profili processuali;
che, riguardo alla rilevanza della questione, la Corte territoriale ha ribadito che, ove la norma non fosse dichiarata incostituzionale, essa sarebbe tenuta a dichiarare la improponibilità della complessiva domanda giudiziale;
che si è costituito nel giudizio di legittimità costituzionale uno degli appellanti, eccependo, in via preliminare, la inammissibilità della questione, sulla base della affermazione che, diversamente da quanto sostenuto nella ordinanza di rimessione, l’instaurazione del giudizio a quo sarebbe stata preceduta dall’esperimento del tentativo di conciliazione previsto dalla norma censurata, sicché la prospettata questione di legittimità costituzionale sarebbe priva di rilevanza;
che, peraltro, quanto al merito della questione, anche la parte privata ha sostenuto che la competenza legislativa a disciplinare il “maso chiuso” spetta esclusivamente alla Provincia autonoma di Bolzano, essendo stato chiarito dalla Corte costituzionale che in detta competenza rientrano anche i profili processuali afferenti l’istituto e non solo quelli sostanziali, e che, pertanto, la questione sarebbe fondata;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la inammissibilità della questione di legittimità costituzionale o, comunque, per la sua infondatezza;
che, riguardo alla inammissibilità, l’Avvocatura erariale osserva che il rimettente avrebbe omesso di esaminare la idoneità della norma oggetto del dubbio di costituzionalità «ad incidere negativamente sulla conservazione dell’istituto (del “maso chiuso”) nella sua essenziale finalità e specificità»;
che, quanto al merito, la difesa statale, pur riconoscendo la peculiare competenza del legislatore provinciale in tema di “maso chiuso”, rileva come tale potestà legislativa concerna gli aspetti sostanziali dell’istituto;
che la norma censurata, riguardando la necessità di sperimentare un tentativo di conciliazione prima dell’instaurazione dei giudizi in materia di «ordinamento dei masi chiusi», si limita a dettare una disciplina di carattere processuale di sua esclusiva competenza, non invadendo ambiti sostanziali riservati alla competenza della Provincia;
che è altresì intervenuta nel giudizio la Provincia autonoma di Bolzano, chiedendo che la questione sollevata sia dichiarata fondata, conclusioni confermate in una memoria illustrativa depositata dalla difesa della Provincia in prossimità della udienza pubblica;
che, con ordinanza di cui è stata data lettura alla pubblica udienza del 25 settembre 2007 e che si allega alla presente decisione, la Corte ha ritenuto non ammissibile nel presente giudizio incidentale l’intervento spiegato dalla Provincia autonoma, non rivestendo questa la qualità di parte del giudizio a quo.
Considerato che la Corte di appello di Trento – Sezione distaccata di Bolzano dubita, con riferimento agli artt. 116 della Costituzione e 8, n. 8, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), della legittimità costituzionale dell’art. 35, comma 2, della legge 24 novembre 2000, n. 340 (Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1999);
che, in particolare, il giudice rimettente censura la detta disposizione legislativa in quanto essa, violando, a suo avviso, la peculiare competenza legislativa provinciale di cui all’art. 8, n. 8, del dPR n. 670 del 1972, prevede che chi intende proporre una domanda giudiziale relativa «all’ordinamento dei masi chiusi» è tenuto ad esperire il tentativo di conciliazione ai sensi dell’art. 46 della legge 3 maggio 1983, n. 203 (Norme sui contratti agrari);
che, in ordine alla rilevanza della questione, il rimettente, osservato che talune delle domande introdotte nell’ambito del giudizio a quo – poiché concernenti l’«ordinamento dei masi chiusi» – avrebbero dovuto essere precedute dal tentativo di conciliazione e che questo non era stato proposto, assume che, se la disposizione censurata fosse ritenuta legittima, egli sarebbe tenuto a dichiarare l’improponibilità del giudizio a quo;
che il rimettente, pur chiamato a decidere in grado di appello sulla domanda giudiziale formulata dagli attuali appellanti, non riferisce se il tema della improponibilità del giudizio per il mancato esperimento del tentativo di conciliazione era stato oggetto di esame e, quindi, di decisione da parte del giudice di primo grado né se il medesimo tema era stato devoluto, in quanto oggetto di gravame, di fronte al giudice di appello;
che tale omissione, considerata altresì la mancanza di qualsivoglia riflessione da parte del rimettente in ordine alla assai dubbia possibilità di dichiarare ex officio la predetta causa di improponibilità della domanda giudiziale per la prima volta in grado di appello, si risolve in una carenza di motivazione in ordine alla rilevanza della prospettata questione di legittimità costituzionale che va, pertanto, dichiarata manifestamente inammissibile.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 35, comma 2, della legge 24 novembre 2000, n. 340 (Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1999), sollevata, in riferimento all’art. 116 della Costituzione, nonché all’art. 8, n. 8, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), dalla Corte di appello di Trento – Sezione distaccata di Bolzano, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 26 ottobre 2007.
Allegato:
ordinanza letta all’udienza del 25 settembre 2007
ORDINANZA
La corte, considerato che la Provincia autonoma di Bolzano non risulta avere rivestito la qualità di parte nel giudizio a quo;
rilevato che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale è inammissibile l’intervento del soggetto che non riveste la qualità di parte nel giudizio a quo, in conformità al principio, più volte affermato, della necessaria corrispondenza tra le parti del giudizio incidentale di costituzionalità con quelle costituite nel giudizio a quo;
considerato che tale principio può essere eccezionalmente derogato nel caso in cui l'interesse di cui è titolare il soggetto, pur formalmente esterno al giudizio a quo, inerisce immediatamente al rapporto sostanziale, rispetto al quale un'eventuale pronuncia di accoglimento eserciterebbe una influenza diretta, tale da produrre un pregiudizio irrimediabile della posizione soggettiva fatta valere;
che, in particolare in relazione alla Provincia autonoma di Bolzano, il predetto principio ha trovato eccezione anche quando la norma oggetto del giudizio incidentale di costituzionalità, adottata secondo la procedura speciale di cui all’art. 107 dello Statuto di autonomia, era volta a dare attuazione a disposizioni statutarie;
osservato che nel presente caso le ricordate eccezionali ragioni derogatorie non ricorrono, non risultando che la Provincia possa essere incisa irrimediabilmente dalla decisione del presente giudizio e non essendo la norma impugnata stata oggetto della speciale procedura di cui all’ art. 107 dello Statuto di autonomia regionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile l’intervento della Provincia autonoma di Bolzano.
F.to: Franco BILE, Presidente