Ordinanza n. 297 del 2007
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ORDINANZA N. 297

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

- Franco                                      BILE                                        Presidente

- Giovanni Maria                        FLICK                                        Giudice

- Francesco                                 AMIRANTE                                     "

- Ugo                                          DE SIERVO                                     "

- Paolo                                        MADDALENA                                "

- Alfio                                        FINOCCHIARO                              "

- Franco                                      GALLO                                            "

- Luigi                                        MAZZELLA                                    "

- Gaetano                                   SILVESTRI                                      "

- Sabino                                      CASSESE                                          "

- Maria Rita                                SAULLE                                           "

- Giuseppe                                                                        TESAURO    "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 49, 57 e 86 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), e degli artt. 2 e 19 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), promossi con ordinanze del 13 aprile 2006 dal Consiglio di Stato, del 20 giugno 2006 dalla Commissione tributaria regionale del Lazio e del 18 luglio 2006 dal Consiglio di Stato, rispettivamente iscritte al n. 688 del registro ordinanze 2006 e ai numeri 6 e 56 del registro ordinanze 2007, e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, n. 7 e n. 9, prima serie speciale, dell’anno 2007.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 20 giugno 2007 il Giudice relatore Paolo Maddalena.

Ritenuto che con ordinanza in data 13 aprile 2006, pervenuta alla Corte costituzionale il 12 dicembre 2006 (reg. ord. n. 688 del 2006), il Consiglio di Stato ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24, 16, 41 e 42 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 49, 57 e 86 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), e degli artt. 2 e 19 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), «se interpretati, secondo il diritto vivente quale risulta dalla giurisprudenza, nel senso di attribuire al giudice ordinario» anziché al giudice amministrativo «la giurisdizione sulle controversie in materia di fermo tributario di veicoli»;

che la questione di legittimità costituzionale è sorta nell’ambito di un giudizio di appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale che aveva annullato per difetto di motivazione ed eccesso di potere il provvedimento di fermo di un motociclo e di un autoveicolo di proprietà del contribuente, adottato, per mancato pagamento di carichi a ruolo scaduti, dalla Società SESIT Puglia, concessionaria della riscossione della Provincia di Bari;

che il rimettente ricorda che sia il Consiglio di Stato, in un precedente arresto, sia la Corte di cassazione, con pronuncia resa in sede di regolamento di giurisdizione, hanno ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice ordinario nelle controversie in tema di fermo amministrativo di veicoli;

che, ricostruito il quadro normativo in materia e dopo avere analiticamente passato in rassegna gli argomenti su cui fa leva tale giurisprudenza per sostenere la giurisdizione del giudice ordinario, il Consiglio di Stato ritiene – diversamente dal diritto vivente – che il fermo di cui all’art. 86 del d.P.R. n. 602 del 1973 sia un provvedimento amministrativo di autotutela conservativa del patrimonio del debitore, in funzione dell’interesse pubblico sotteso alla soddisfazione del credito tributario attribuito al concessionario della riscossione (che sotto tale profilo è esercente privato di una pubblica funzione), e non uno strumento di autotutela civilistica in un ordinario rapporto di credito-debito, e che su tale provvedimento non vi sia la giurisdizione del giudice ordinario;

che, ad avviso del rimettente, l’espropriazione forzata esattoriale ha connotati profondamente diversi dall'espropriazione forzata disciplinata nel codice di procedura civile, tanto più che il processo civile non conosce, nell’àmbito del processo di esecuzione forzata, strumenti di autotutela  conservativa rimessi all’iniziativa unilaterale del creditore, il quale è invece sempre tenuto a rivolgersi al giudice per assicurarsi la conservazione dei beni del debitore a garanzia delle proprie ragioni di credito;

che, in punto di giurisdizione, la questione andrebbe risolta secondo l’ordinario criterio del riparto diritti soggettivi-interessi legittimi: difatti, a fronte di provvedimenti amministrativi autoritativi, il giudice naturale è quello amministrativo (art. 103 Cost.), a meno che non vi siano norme derogatorie espresse, mentre al giudice ordinario non è attribuito, di regola, il potere di conoscere in via immediata e diretta della legittimità dei provvedimenti amministrativi, salvo il potere di disapplicarli; e siccome nel caso specifico nessuna norma del d.P.R. n. 602 del 1973 indica quale giudice debba conoscere le controversie sul fermo amministrativo, la giurisdizione, nel silenzio del legislatore, dovrebbe essere attribuita al giudice amministrativo;

che le norme censurate, come interpretate secondo il diritto vivente, non attribuiscono al giudice ordinario un potere di sindacato pieno sull’atto amministrativo, esteso al suo annullamento, sicché il giudice ordinario non ha il potere di sindacare la motivazione del provvedimento e, segnatamente, la proporzione tra l’entità della misura e il credito garantito; mentre, se tali norme venissero interpretate nel senso di attribuire la giurisdizione sul fermo al giudice amministrativo, vi sarebbe maggiore tutela per il destinatario del procedimento, avendo il giudice amministrativo il potere di sospendere e annullare il provvedimento medesimo, previo sindacato sul corretto esercizio del potere, sulla adeguatezza della motivazione e, segnatamente, sulla proporzione tra la misura del fermo e entità del credito;

che, ad avviso del rimettente, le norme denunciate, se intese nel senso di attribuire al giudice ordinario la giurisdizione sul fermo, senza contestualmente attribuirgli una cognizione piena sul provvedimento, sarebbero in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, per l’irragionevole disparità di trattamento tra soggetti destinatari di provvedimenti amministrativi, in danno dei soggetti destinatari dei provvedimenti di fermo, che non possono fruire di una tutela piena di annullamento; e con gli artt. 16, 41 e 42 della Costituzione, per la limitazione, mediante i provvedimenti di fermo, rispettivamente, della libertà di circolazione dei cittadini, della iniziativa economica privata e della proprietà privata, limitazioni che non troverebbero adeguata tutela mediante un sindacato giurisdizionale pieno sui provvedimenti medesimi;

che una questione identica è stata sollevata, con le medesime argomentazioni, dal Consiglio di Stato con ordinanza in data 18 luglio 2006, pervenuta alla Corte costituzionale il 31 gennaio 2007 (reg. ord. n. 56 del 2007);

che con ordinanza in data 20 giugno 2006, pervenuta alla Corte costituzionale l’8 gennaio 2007 (reg. ord. n. 6 del 2007), la Commissione tributaria regionale del Lazio – in un giudizio di appello proposto dalla Banca Monte dei Paschi di Siena, nella qualità di concessionario del Servizio di riscossione dei tributi, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma che, tra l’altro, aveva annullato il provvedimento di preavviso di fermo amministrativo, ai sensi dell’art. 86 del d.P.R. n. 602 del 1973, di un veicolo di proprietà di un contribuente – ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24, 16, 41 e 42 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 49, 57 e 86 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e degli artt. 2 e 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, «se interpretati, secondo il diritto vivente quale risulta dalla giurisprudenza, nel senso di attribuire al giudice ordinario, e non al giudice tributario quale giudice del rapporto sottostante, la giurisdizione sulle controversie in materia di fermo tributario di veicoli»;

che la Commissione tributaria regionale motiva il dubbio di legittimità costituzionale riproponendo gli stessi argomenti del Consiglio di Stato rimettente;

che in tutti i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per la restituzione degli atti ai giudici rimettenti ovvero per la declaratoria di inammissibilità o infondatezza delle questioni;

che gli atti dovrebbero essere restituiti ai giudici a quibus perché, successivamente alle ordinanze di rimessione, l’art. 35, comma 26-quinquies, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, inserito dalla relativa legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248, ha attribuito la giurisdizione in ordine alle controversie inerenti i provvedimenti di fermo amministrativo di cui all’art. 86 del d.P.R. n. 602 del 1973 alle commissioni tributarie;

che le questioni sarebbero inammissibili, perché i giudici rimettenti avrebbero omesso di compiere lo sforzo interpretativo di proporre una lettura costituzionalmente orientata delle norme oggetto di scrutinio;

che le questioni sarebbero comunque infondate, giacché nel fermo amministrativo di cui all’art. 86 del d.P.R. n. 602 del 1973 sarebbero indubitabilmente coinvolti diritti soggettivi perfetti: la proprietà e il credito sono diritti e la misura del debito tributario non ha nulla a che vedere con la discrezionalità amministrativa; il fermo è momento prodromico dell’esecuzione forzata, la quale si svolge dinanzi al giudice ordinario; il ricorso contro il fermo ha natura di accertamento negativo della legittimità dell’iniziativa per difetto nell’an o nel quantum del credito azionato;

che, secondo la difesa erariale, il giudice ordinario disporrebbe di tutti gli strumenti processuali, anche d’urgenza, per garantire la piena realizzazione del diritto di difesa, e la disapplicazione del fermo, cioè l’accertamento della sua invalidità, sarebbe misura idonea alla soddisfazione dell’interesse della parte privata, sicché i riferimenti alla insufficienza dei poteri del giudice ordinario sarebbero «un fuor d’opera» per manifesto difetto di rilevanza.

Considerato che tutte le ordinanze di rimessione censurano, in riferimento agli artt. 3, 24, 16, 41 e 42 della Costituzione, l’interpretazione giurisprudenziale – formatasi sugli artt. 49, 57 e 86 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) e sugli artt. 2 e 19 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) – che attribuisce al giudice ordinario, anziché al giudice amministrativo (nel caso delle questioni sollevate dal Consiglio di Stato) o al giudice tributario (nel caso del dubbio avanzato dalla Commissione tributaria regionale del Lazio), la giurisdizione sulle controversie in materia di fermo amministrativo dei veicoli;

che i relativi giudizi – sollevando questioni identiche o analoghe – possono essere riuniti per essere decisi con unica pronuncia;

che successivamente alle ordinanze di rimessione è entrato in vigore l’art. 35, comma 26-quinquies, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), inserito dalla relativa legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248, il quale, integrando il disposto dell’art. 19, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), prevede la ricorribilità davanti alle commissioni tributarie anche del provvedimento di «fermo di beni mobili registrati di cui all’art. 86 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni» (lettera e-ter);

che tale innovazione sulla regola di riparto della giurisdizione non incide sulla rilevanza delle questioni sollevate dal Consiglio di Stato, giacché, a norma dell’art. 5 del codice di procedura civile, la giurisdizione si determina con riguardo alla legge vigente al momento della proposizione della domanda e non hanno effetto rispetto ad essa i successivi mutamenti della legge medesima (ordinanza n. 161 del 2007);

che, con riferimento alla questione sollevata dalla Commissione tributaria regionale del Lazio, occorre invece considerare che – secondo il diritto vivente – l’art. 5 cod. proc. civ., essendo diretto a favorire, e non ad impedire, il verificarsi della perpetuatio jurisdictionis, trova applicazione solo nel caso di sopravvenuta carenza di giurisdizione del giudice originariamente adito, ma non anche allorché il mutamento dello stato di diritto  comporti l’attribuzione della giurisdizione al giudice che ne era privo al momento della proposizione della domanda (ex plurimis, Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenze 20 settembre 2006, n. 20322, e 13 settembre 2005, n. 18126);

che, pertanto, si rende necessaria la restituzione degli atti alla Commissione tributaria regionale rimettente, perché proceda ad un nuovo esame della rilevanza della questione alla luce dell’indicato jus superveniens;

che, quanto alle questioni sollevate dal Consiglio di Stato, le relative ordinanze di rimessione – pur ponendo a base del dubbio di legittimità costituzionale la regola del riparto di giurisdizione in tema di fermo amministrativo dei veicoli elaborata dallo stesso Consiglio di Stato, in un precedente arresto, e dalle sezioni unite della Corte di cassazione, che hanno affermato la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere tali controversie – in realtà criticano alla radice tale scelta interpretativa, sostenendo, diversamente dal diritto vivente, che il fermo amministrativo non è atto funzionale all’espropriazione forzata (e quindi mezzo di realizzazione del credito), ma provvedimento amministrativo di autotutela conservativa del patrimonio del debitore, in funzione dell’interesse pubblico sotteso alla soddisfazione del credito tributario, attribuito al concessionario della riscossione che, sotto tale profilo, è esercente privato di pubblica funzione;

che, muovendo da tale premessa, il Consiglio di Stato ritiene che la questione di giurisdizione dovrebbe essere risolta in favore del giudice amministrativo secondo l’ordinario criterio di riparto diritti soggettivi-interessi legittimi, posto che a fronte di provvedimenti amministrativi autoritativi il giudice naturale è quello amministrativo (art. 103 Cost.), e che nel caso specifico nessuna norma del d.P.R. n. 602 del 1973 indica quale giudice debba conoscere le controversie sul fermo amministrativo;

che siffatta incongruenza tra la detta formale premessa e il concreto svolgimento del dubbio di costituzionalità fa trasparire che la sollevata questione configura un improprio tentativo di ottenere da questa Corte l’avallo della (diversa) interpretazione e ricostruzione della natura giuridica dell’istituto che il giudice a quo dimostra di condividere, così rendendo chiaro un uso distorto dell’incidente di costituzionalità (ordinanza n. 161 del 2007);

che, pertanto, le questioni sollevate dal Consiglio di Stato devono essere dichiarate manifestamente inammissibili.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 49, 57 e 86 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), e degli artt. 2 e 19 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 16, 41 e 42 della Costituzione, dal Consiglio di Stato con le ordinanze indicate in epigrafe;

ordina la restituzione degli atti alla Commissione tributaria regionale del Lazio.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Paolo MADDALENA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 17 luglio 2007.