SENTENZA N. 270
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE “
- Ugo DE SIERVO “
- Alfio FINOCCHIARO “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 44, della legge 23 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), promosso con ordinanza depositata il 6 febbraio 2006 dalla Commissione tributaria provinciale di Milano nel corso di un giudizio tributario vertente tra la s.r.l. Biomet Italia, l’Agenzia delle entrate – Ufficio di Milano 5 e la s.p.a. Esatri – Esazione Tributi, iscritta al n. 148 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell’anno 2007.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 20 giugno 2007 il Giudice relatore Franco Gallo.
Ritenuto in fatto
1. – Con ordinanza pronunciata il 19 febbraio 2005 e depositata il 6 febbraio 2006, la Commissione tributaria provinciale di Milano, nel corso di un giudizio tributario promosso da una società di capitali nei confronti dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Milano 5, avverso un avviso di accertamento in rettifica concernente l’IRPEG, l’IRAP e l’IVA relative al periodo d’imposta corrispondente all’esercizio sociale dal 1° maggio 2001 al 30 aprile 2002, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 44, della legge 23 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), nella parte in cui – nel prevedere che le disposizioni sul condono fiscale di cui agli «articoli 7, 8 e 9 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, si applicano, con le medesime modalità ivi rispettivamente indicate, anche relativamente al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2002, per il quale le dichiarazioni sono state presentate entro il 31 ottobre 2003» – esclude dal condono fiscale previsto dalla legge n. 289 del 2002 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003) i contribuenti aventi un esercizio sociale (e, quindi, un periodo d’imposta) non coincidente con l’anno solare.
1.1. – Il giudice a quo premette, in punto di fatto, che la società ricorrente aveva provveduto a perfezionare la «definizione automatica per gli anni pregressi» prevista dall’art. 9 della legge n. 289 del 2002, con riferimento all’IRPEG, all’IRAP ed all’IVA relative ai periodi d’imposta dal 1997 al 2002; che, tuttavia, l’Agenzia delle entrate aveva emesso l’impugnato avviso di accertamento, non ritenendo applicabile detta definizione automatica al periodo d’imposta compreso tra il 1° maggio 2001 e il 30 aprile 2002, corrispondente all’esercizio sociale della contribuente; che la medesima Agenzia delle entrate, in pendenza del giudizio promosso dalla società e nel quale era stata chiamata la società concessionaria del servizio di esazione dei tributi, aveva successivamente rettificato l’avviso di accertamento, ritenendo applicabile la menzionata definizione automatica limitatamente all’IVA relativa all’indicato periodo d’imposta.
1.2. – Il rimettente, richiamando la circolare ministeriale n. 7/E del 18 febbraio 2004, interpretativa della disposizione censurata, premette altresí, in punto di diritto, che l’art. 9 della legge n. 289 del 2002 (in vigore dal 1° gennaio 2003) non consente la definizione automatica del periodo d’imposta oggetto del giudizio principale (compreso tra il 1° maggio 2001 e il 30 aprile 2002) e che la suddetta disposizione censurata (in vigore dal 1° gennaio 2004) estende l’applicabilità di tale definizione automatica al periodo d’imposta «in corso alla data del 31 dicembre 2002» e, quindi, la esclude per il periodo d’imposta 1° maggio 2001 - 30 aprile 2002, perché questo non era piú «in corso» al 31 dicembre 2002.
1.3. – Il giudice a quo, su tali premesse di fatto e di diritto, afferma che la norma denunciata, «omettendo la previsione dei periodi cosiddetti “esercizi a cavallo dell’anno solare”», víola: a) l’art. 3 Cost., sia perché esclude dal condono fiscale i soggetti che hanno un esercizio sociale legittimamente non coincidente con l’anno solare e, pertanto, crea una ingiustificata disparità di trattamento di situazioni sostanzialmente uguali, sottoponendo i contribuenti ad un regime differenziato di condono fiscale esclusivamente in ragione della irrilevante circostanza che l’esercizio sociale, per disposizione di legge o dell’atto costitutivo, non coincide con l’anno solare; sia perché «la facoltà di regolamentare diversamente non può manifestarsi con un’omissione od un silenzio legislativo»; sia perché – impedendo l’accesso ad una modalità definitoria dei carichi fiscali soltanto alle società con esercizio non coincidente con l’anno solare – si pone in contraddizione con la complessiva finalità perseguita dal legislatore del condono di incentivare i pagamenti; b) l’art. 53 Cost., sia perché si pone in contrasto con la «finalità di concessione di benefici a fronte d’incentivazione di pagamenti non ancora effettuati», nonché con i princípi di uguaglianza sostanziale e di solidarietà sociale di cui lo stesso art. 53 Cost. costituisce proiezione; sia perché compromette la libertà del contribuente di aderire al condono fiscale (istituto, questo, la cui natura procedimentale è funzionale alla libertà del contribuente di chiedere il beneficio).2. – È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la sollevata questione sia dichiarata inammissibile e comunque infondata.2.1. – L’Avvocatura generale concorda sulla premessa in punto di diritto del rimettente – secondo cui al periodo d’imposta compreso tra il 1° maggio 2001 e il 30 aprile 2002 non sono applicabili né la definizione automatica prevista dall’art. 9 della legge n. 289 del 2002, né quella prevista dalla norma denunciata –, ma dalla medesima premessa fa derivare l’inammissibilità della sollevata questione per difetto di motivazione sulla rilevanza. Ad avviso della difesa erariale, infatti, il giudice non ha evidenziato le ragioni per le quali la sollecitata pronuncia della Corte costituzionale, avente ad oggetto una disposizione riguardante «il solo periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2002», potrebbe incidere nel giudizio principale, riguardante, invece, un periodo d’imposta non piú in corso a tale data.2.2. – L’Avvocatura generale dello Stato deduce, in via subordinata, l’infondatezza della questione: a) con riferimento all’art. 3 Cost., perché rientrerebbe nella non irragionevole scelta discrezionale del legislatore determinare confini certi di applicabilità della definizione dei carichi fiscali, in particolare limitandola al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2002, per il quale «la relativa dichiarazione sia stata già presentata entro il pregresso 31 ottobre 2003, senza che possa ritenersi ingiustificatamente discriminatoria la conseguente non definibilità del periodo d’imposta anche per i contribuenti con esercizio c.d. “a cavallo” (non coincidente cioè con l’anno solare), in relazione al quale la dichiarazione sia stata presentata successivamente»; b) sempre con riferimento all’art. 3 Cost., perché la finalità di incentivazione dei pagamenti, propria del condono, «non può […] non essere coniugata, secondo la evidentemente non arbitraria valutazione discrezionale del legislatore, con la […] esigenza di prefissare i termini certi di operatività della definizione»; c) con riferimento all’art. 53 Cost., perché il principio di capacità contributiva non può essere invocato per contrasto con la disciplina del condono, istituto eccezionale ed atipico, a carattere procedimentale, diretto a definire il rapporto tributario su richiesta del contribuente ed a prescindere dalla verifica dell’effettiva consistenza della materia imponibile.Considerato in diritto
1.– La Commissione tributaria provinciale di Milano dubita, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, della legittimità dell’art. 2, comma 44, della legge 23 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), nella parte in cui – nel prevedere che le disposizioni sul condono fiscale di cui agli «articoli 7, 8 e 9 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, si applicano, con le medesime modalità ivi rispettivamente indicate, anche relativamente al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2002, per il quale le dichiarazioni sono state presentate entro il 31 ottobre 2003» – esclude dal condono fiscale cosiddetto “tombale”, previsto dal citato art. 9 della legge n. 289 del 2002 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003) i contribuenti aventi un esercizio sociale (e, quindi, un periodo d’imposta) non coincidente con l’anno solare e chiuso anteriormente al 31 dicembre 2002.
Per il giudice rimettente, la disposizione censurata si pone in contrasto con: a) l’art. 3 Cost., perché (a.1) crea una ingiustificata disparità di trattamento di situazioni sostanzialmente uguali, sottoponendo i contribuenti ad un regime differenziato di condono fiscale esclusivamente in ragione della irrilevante circostanza che l’esercizio sociale, per disposizione di legge o dell’atto costitutivo, non coincida con l’anno solare e, quindi, sia già chiuso al 31 dicembre 2002; (a.2) «la facoltà di regolamentare diversamente non può manifestarsi con un’omissione od un silenzio legislativo», cioè «omettendo la previsione dei periodi cosiddetti “esercizi a cavallo dell’anno solare”»; (a.3) è in contraddizione con la complessiva finalità perseguita dal legislatore del condono di incentivare i pagamenti; b) l’art. 53 Cost., perché (b.1) contraddice la «finalità di concessione di benefici a fronte d’incentivazione di pagamenti non ancora effettuati», nonché i princípi di uguaglianza sostanziale e di solidarietà sociale di cui lo stesso art. 53 Cost. costituisce proiezione; (b.2) compromette la libertà del contribuente di aderire al condono fiscale.
3. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità della questione per difetto di motivazione sulla rilevanza, perché il giudice a quo non avrebbe chiarito le ragioni per le quali la disposizione denunciata, riguardante l’applicabilità del condono fiscale al «periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2002», inciderebbe nel giudizio principale, riguardante, invece, un periodo d’imposta non piú in corso a tale data, in quanto già chiuso al 30 aprile 2002.L’eccezione è infondata.
Il rimettente ha precisato che la società contribuente, con riferimento all’IRPEG, all’IRAP e all’IVA relative ai periodi d’imposta dal 1997 al 2002, ha provveduto a perfezionare la «definizione automatica per gli anni pregressi» prevista dal combinato disposto degli artt. 9 della legge n. 289 del 2002 e 2, comma 44, della legge n. 350 del 2003 e che il giudizio principale ha ad oggetto l’applicabilità di detta definizione automatica all’IRPEG ed all’IRAP relative al periodo d’imposta dal 1° maggio 2001 al 30 aprile 2002. Tali precisazioni del rimettente sono sufficienti a dar conto della rilevanza della questione, perché questa riguarda proprio la norma che esclude l’applicabilità del suddetto condono fiscale ai periodi di imposta chiusi anteriormente al 31 dicembre 2002 e, quindi, anche a quello oggetto del giudizio a quo. L’ordinanza di rimessione, pertanto, chiarisce adeguatamente che la domanda della contribuente potrebbe essere accolta solo per effetto dell’accoglimento della sollevata questione di legittimità costituzionale.
4. – Nel merito, la questione è fondata, in riferimento alla denunciata violazione dell’art. 3 Cost., per ingiustificata disparità di trattamento di situazioni sostanzialmente uguali.
4.1. – Va innanzitutto rilevato che il presupposto interpretativo del rimettente – secondo cui al periodo d’imposta compreso tra il 1° maggio 2001 e il 30 aprile 2002, oggetto di controversia nel giudizio principale, non è applicabile il condono fiscale cosiddetto “tombale” di cui all’art. 9 della legge n. 289 del 2002 né in forza di quest’ultima disposizione né in forza dell’estensione del medesimo condono stabilita dalla norma censurata – è coerente con la lettera della disposizione denunciata ed è conforme alla prassi seguita dagli uffici finanziari (Agenzia delle entrate, Direzione normativa e contenzioso, circolari n. 12/E del 21 febbraio 2003, § 2.2., e n. 7/E del 18 febbraio 2004, § 3.3.). Non consente, pertanto, un’interpretazione che estenda il condono alla fattispecie oggetto del giudizio a quo.
Il citato art. 9 della legge n. 289 del 2002, nell’estendere il condono a «tutti i periodi d’imposta per i quali i termini per la presentazione delle relative dichiarazioni sono scaduti entro il 31 ottobre 2002», esclude infatti la condonabilità del suddetto periodo d’imposta, perché il termine di presentazione in via telematica della dichiarazione ad esso relativa non era ancora scaduto in tale data, ma sarebbe scaduto solo il 28 febbraio 2003, cioè «l’ultimo giorno del decimo mese successivo a quello di chiusura del periodo di imposta» (art. 2, comma 2, lettera b, del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, concernente il «Regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all’imposta regionale sulle attività produttive e all’imposta sul valore aggiunto, ai sensi dell’articolo 3, comma 136, della legge 23 dicembre 1996, n. 662», nel testo modificato, con effetto dal 1° gennaio 2002, dall’art. 2, comma 1, lettera a, del d.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435, applicabile al caso di specie ratione temporis).
La disposizione censurata esige poi, per la menzionata estensione del condono fiscale, il concorso di due condizioni temporali: in primo luogo, che l’ultimo periodo d’imposta condonabile sia ancora in corso al 31 dicembre 2002; in secondo luogo, che, in relazione a detto periodo, la dichiarazione sia stata presentata entro il 31 ottobre 2003. La prima di tali condizioni non ricorre per il periodo d’imposta compreso tra il 1° maggio 2001 e il 30 aprile 2002, perché detto periodo non è piú in corso al 31 dicembre 2002 e, pertanto, non è condonabile, anche se il termine per la presentazione della relativa dichiarazione, scaduto già in data 28 febbraio 2003, è compatibile con la indicata seconda condizione (cioè con la presentazione della dichiarazione entro il 31 ottobre 2003).
4.2. – Da quanto sopra considerato, discende dunque che la disposizione denunciata consente l’applicazione del condono solo ove sia ancora in corso al 31 dicembre 2002 un periodo d’imposta per il quale la dichiarazione sia stata presentata entro il 31 ottobre 2003, mentre esclude tale applicazione ove il periodo d’imposta, non coincidente con l’anno solare e per il quale la dichiarazione sia stata presentata entro tale ultima data, risulti già chiuso – come nella specie – al 31 dicembre 2002.
La descritta normativa – riguardante soltanto i periodi d’imposta per i quali non è applicabile, ratione temporis, il condono di cui ai richiamati artt. 7, 8 e 9 della legge n. 289 del 2002 – comporta un’ingiustificata disparità di trattamento, perché sottopone i contribuenti che hanno presentato entro il 31 ottobre 2003 dichiarazioni dei redditi tempestive (nel rispetto, cioè, dei termini fissati dal citato art. 2 del d.P.R. n. 322 del 1998) ad un regime differenziato, in ragione della sola irrilevante circostanza che l’esercizio sociale coincida o no con l’anno solare e che, quindi, il periodo di imposta corrispondente all’esercizio sia già chiuso o no al 31 dicembre 2002. Tale circostanza non costituisce una idonea giustificazione della menzionata diversità di disciplina, essendo del tutto neutra e, di fatto, contingente e casuale rispetto al perseguimento della finalità dell’estensione temporale del beneficio del condono; tanto più che il periodo d’imposta ai fini dell’IRPEG «è costituito dall’esercizio o periodo di gestione della società o dell’ente, determinato dalla legge o dall’atto costitutivo» e solo in via sussidiaria, in caso di mancata determinazione della durata da parte della legge o dell’atto costitutivo, «è costituito dall’anno solare» (art. 90, comma 2, del d.P.R. 23 dicembre 1986, n. 917, nel testo applicabile nel giudizio a quo).
Né la ragione della rilevata discriminazione può consistere – come sostenuto dalla difesa erariale – nell’esigenza del legislatore di fissare un termine certo per l’attribuzione dell’agevolazione, perché tale esigenza risulta pienamente soddisfatta già dalla previsione della condonabilità dei soli periodi d’imposta per i quali sia stata presentata dichiarazione entro il 31 ottobre 2003.
La denunciata disparità di trattamento non verrebbe meno neppure ove si affermasse che le suddette condizioni temporali di condonabilità sono state apposte dal legislatore al solo fine di escludere dal condono i contribuenti che, con verosimile intento elusivo e confidando nella futura reiterazione del provvedimento straordinario di condono, hanno presentato la dichiarazione dei redditi entro il termine del 31 ottobre 2003 fissato ai fini del condono, ma oltre i termini stabiliti in via generale per le imposte sui redditi e l’IRAP dal citato art. 2 del d.P.R. n. 322 del 1998. A prescindere dalla considerazione che non è dato comprendere per quali ragioni la tardività di detta dichiarazione sia nella specie valido sintomo di un intento elusivo del contribuente, resta il fatto che la norma censurata non costituirebbe comunque strumento per raggiungere una finalità antielusiva, trattandosi di una fattispecie – quella dell’esclusione dall’estensione del condono del periodo di imposta che non coincida con l’anno solare – in cui la dichiarazione medesima è stata presentata entro la data del 31 ottobre 2003 e, dunque, tempestivamente.
In conclusione, la mera non coincidenza del periodo d’imposta con l’anno solare non giustifica la limitazione dell’estensione del condono disposta dalla norma censurata. Ne conseguono la violazione del principio di uguaglianza e, pertanto, l’illegittimità costituzionale della norma censurata, nella parte in cui non consente l’applicazione dell’art. 9 della legge n. 289 del 2002 anche a quei soggetti IRPEG e IRAP che hanno presentato tempestivamente la dichiarazione dei redditi entro il 31 ottobre 2003 e riguardo ai quali il periodo di imposta non è coincidente con l’anno solare, non è condonabile ai sensi dell’originaria disciplina della legge n. 289 del 2002 e corrisponde ad un esercizio sociale chiuso anteriormente al 31 dicembre 2002.4.3. – Le indicate ragioni di illegittimità costituzionale della norma denunciata valgono non solo per la parte di essa che richiama il cosiddetto condono “tombale” di cui all’art. 9 della legge n. 289 del 2002, oggetto del giudizio principale, ma – data l’identità del meccanismo di estensione del condono – anche per la parte che richiama le agevolazioni di cui agli artt. 7 e 8 della medesima legge n. 289 del 2002. Ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la pronuncia di illegittimità costituzionale deve pertanto estendersi, in via consequenziale, a quella parte del comma 44 dell’art. 2 della legge n. 350 del 2003 della quale il rimettente non deve fare applicazione nel giudizio a quo.
5. – Per effetto dell’accoglimento della questione sotto l’esaminato profilo, restano assorbiti gli altri profili di censura prospettati dal rimettente.per questi motiviLA CORTE COSTITUZIONALEdichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 44, della legge 23 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), nella parte in cui non consente l’applicazione dell’art. 9 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), anche ai periodi di imposta non coincidenti con l’anno solare, chiusi anteriormente al 31 dicembre 2002, ai quali non é applicabile la suddetta disposizione della legge n. 289 del 2002 e per i quali, entro il 31 ottobre 2003, sono state presentate dichiarazioni dei redditi tempestive, ai sensi dell’art. 2 del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 (Regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all’imposta regionale sulle attività produttive e all’imposta sul valore aggiunto, ai sensi dell’articolo 3, comma 136, della legge 23 dicembre 1996, n. 662), nel testo all’epoca vigente;dichiara, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 44, della legge n. 350 del 2003, nella parte in cui non consente l’applicazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 289 del 2002, anche ai periodi di imposta non coincidenti con l’anno solare, chiusi anteriormente al 31 dicembre 2002, ai quali non sono applicabili le suddette disposizioni della legge n. 289 del 2002 e per i quali, entro il 31 ottobre 2003, sono state presentate dichiarazioni dei redditi tempestive, ai sensi dell’art. 2 del d.P.R. n. 322 del 1998, nel testo all’epoca vigente.Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Franco GALLO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 luglio 2007.