ORDINANZA N. 263
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALEcomposta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 593, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, come sostituito dall’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), promosso con ordinanza del 19 aprile 2006 dalla Corte d’appello di Napoli nel procedimento penale a carico di A. D. ed altri, iscritta al n. 141 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell’anno 2007.
Udito nella camera di consiglio del 6 giugno 2007 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.
Ritenuto che la Corte d’appello di Napoli ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 111, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 593, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, come sostituito dall’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), nella parte in cui non consente l’appello del pubblico ministero avverso le sentenze di proscioglimento, se non nel caso previsto dall’art. 603, comma 2, del codice di procedura penale – ossia quando sopravvengano o si scoprano nuove prove dopo il giudizio di primo grado – e sempre che tali prove risultino decisive;
che la Corte rimettente precisa che la questione proposta «è certamente rilevante», poiché una eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale della disciplina censurata «determinerebbe il ripristino della situazione precedente, cioè la pendenza di un appello del pubblico ministero nel processo in esame»;
che il rimettente osserva che i nuovi limiti all’appello delle sentenze di proscioglimento introducono senza dubbio una disparità di trattamento in danno del pubblico ministero, cui viene negata la possibilità di ottenere il riesame di una «sentenza difforme dalle proprie richieste»; disparità tanto più evidente se si considera che il pubblico ministero è portatore «di un interesse obiettivo», quello cioè di «perseguire l’accertamento della verità storica» e di vigilare sull’osservanza delle leggi;
che il rimettente – consapevole che, secondo la giurisprudenza costituzionale, il principio di parità tra le parti (art. 111, secondo comma, Cost.) non comporta necessariamente l’identità dei poteri processuali del pubblico ministero e dell’imputato, potendo una disparità di trattamento essere giustificata, nei limiti della ragionevolezza, sia dalla peculiare posizione istituzionale del pubblico ministero, sia dalla funzione allo stesso affidata, sia da esigenze connesse alla corretta amministrazione della giustizia – ritiene che la disparità di trattamento introdotta in danno del pubblico ministero dalla legge n. 46 del 2006 non trovi adeguata giustificazione in nessuno dei parametri indicati;
che, inoltre, la scelta legislativa di limitare l’appello del pubblico ministero avverso le sentenze di proscioglimento e di mantenere, nel contempo, in capo all’organo della pubblica accusa il potere di appello contro le sentenze di condanna si paleserebbe del tutto incoerente ed irragionevole;
che sarebbe violato anche il principio della ragionevole durata del processo, atteso che la novella, anche attraverso il contestuale ampliamento dei casi di ricorso in Cassazione, determina un notevole incremento dei gradi di giudizio con conseguente allungamento dei tempi di definizione dei processi.
che, successivamente all’ordinanza di rimessione, questa Corte, con sentenza n. 26 del 2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in cui, sostituendo l’art. 593 del codice di procedura penale, esclude che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di proscioglimento, fatta eccezione per le ipotesi previste dall'art. 603, comma 2, del medesimo codice, se la nuova prova è decisiva», e dell’art. 10, comma 2, della citata legge n. 46 del 2006, «nella parte in cui prevede che l'appello proposto contro una sentenza di proscioglimento dal pubblico ministero prima della data di entrata in vigore della medesima legge è dichiarato inammissibile»;
che, alla stregua della richiamata pronuncia di questa Corte, gli atti devono essere pertanto restituiti al giudice rimettente per un nuovo esame della rilevanza della questione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti alla Corte d’appello di Napoli.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Giovanni Maria FLICK, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2007.