ORDINANZA N. 261
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALEcomposta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 593, comma 2, del codice di procedura penale, come sostituito dall’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), promosso con ordinanza del 16 giugno 2006 dalla Corte d’appello di Messina nel procedimento penale a carico di P. S., iscritta al n. 64 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell’anno 2007.
Udito nella camera di consiglio del 6 giugno 2007 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.
Ritenuto che la Corte d’appello di Messina ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 111, secondo comma, e 112 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 593, comma 2, del codice di procedura penale, come sostituito dall’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in cui preclude al pubblico ministero la possibilità di appellare contro le sentenze di proscioglimento»;
che la Corte d’appello rimettente – chiamata a celebrare il giudizio di secondo grado su impugnazione del pubblico ministero avverso una sentenza di assoluzione – adduce la rilevanza della questione di costituzionalità, stante la prescrizione, ex art. 10 della citata novella n. 46 del 2006, della immediata applicazione delle nuove norme in materia di inappellabilità anche ai procedimenti in corso;
che, quanto al profilo della non manifesta infondatezza, il giudice a quo argomenta innanzitutto il contrasto della norma censurata con il principio di ragionevolezza espresso nell’art. 3 Cost.;
che, infatti, i limiti all’appellabilità delle sentenze di proscioglimento introdotti dalla legge n. 46 del 2006 «solo apparentemente» soddisferebbero «l’esigenza di parità garantita dalla disposizione costituzionale», posto che, in realtà, è unicamente con riferimento all’organo dell’accusa che tali limiti assumono «preponderanza e rilievo centrale», avendo solo il pubblico ministero interesse ad impugnare le sentenze di proscioglimento ed essendo già in precedenza inibito all’imputato l’impugnazione delle sentenze di proscioglimento con formula piena;
che il rimettente – consapevole della costante affermazione della Corte costituzionale secondo cui il principio di parità delle parti nel processo non comporta necessariamente identità dei loro poteri processuali e che disparità di trattamento sono possibili purché trovino «una giustificazione che risponda a criteri di ragionevolezza» – ritiene che, nel caso di specie, la scelta legislativa sia priva di ragionevole giustificazione;
che la disciplina censurata si risolverebbe nella soppressione di un mezzo di impugnazione a danno di una sola parte, portatrice per di più «non di un interesse proprio bensì di istanze di legalità e di difesa sociale», con conseguente violazione anche del principio della parità tra le parti sancito dall’art. 111, comma 2, della Costituzione;
che, inoltre, l’art. 593, come novellato, risulterebbe in contrasto con il principio di obbligatorietà dell’azione penale sancito dall’art. 112 della Costituzione.
che, successivamente all’ordinanza di rimessione, questa Corte, con sentenza n. 26 del 2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in cui, sostituendo l’art. 593 del codice di procedura penale, esclude che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di proscioglimento, fatta eccezione per le ipotesi previste dall'art. 603, comma 2, del medesimo codice, se la nuova prova è decisiva», e dell’art. 10, comma 2, della citata legge n. 46 del 2006, «nella parte in cui prevede che l’appello proposto contro una sentenza di proscioglimento dal pubblico ministero prima della data di entrata in vigore della medesima legge è dichiarato inammissibile»;
che, alla stregua della richiamata pronuncia di questa Corte, gli atti devono essere pertanto restituiti al giudice rimettente per un nuovo esame della rilevanza della questione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti alla Corte d’appello di Messina.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Giovanni Maria FLICK, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2007.