ORDINANZA N. 228
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZAnei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall’art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002 n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), promossi con ordinanze del 12 giugno e del 5 maggio 2006 dal Tribunale di Gorizia nei procedimenti penali a carico di M. M. T. e di A. U. P. ed altro, iscritte ai nn. 38 e 39 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell’anno 2007.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 23 maggio 2007 il Giudice relatore Maria Rita Saulle.
Ritenuto che, con due ordinanze di identico contenuto, il Tribunale di Gorizia, in composizione monocratica, nel corso di altrettanti giudizi direttissimi nei confronti di cittadini extracomunitari, imputati del reato di cui all’art. 14, comma 5-quater, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5-bis, del citato decreto legislativo nel testo attualmente vigente, nella parte in cui prevede che il questore può dare immediata esecuzione al decreto di espulsione, intimando allo straniero espulso di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni; e ciò senza che sia preventivamente richiesta al giudice di pace la convalida del decreto di accompagnamento alla frontiera o, in alternativa, del provvedimento di trattenimento presso un centro di permanenza temporanea ed assistenza, ovvero senza che sia prevista analoga tutela giurisdizionale per l’intimazione del questore;
che, in ordine alla rilevanza, il giudice a quo osserva che il reato per cui si procede ha quale elemento costitutivo la trasgressione all’intimazione emessa dal questore ai sensi dell’art 14, comma 5-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998;
che, quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo afferma che, nei casi sottoposti al suo giudizio, il questore, secondo una prassi consolidata, ha intimato l’allontanamento dal territorio dello Stato senza preventivamente adottare il provvedimento di accompagnamento alla frontiera o di trattenimento presso un centro di permanenza; provvedimenti, questi, che, a differenza di quello emesso, sono soggetti, nel rispetto di quanto affermato nella sentenza n. 222 del 2004 da questa Corte, a convalida da parte dell’autorità giudiziaria nel contraddittorio delle parti;
che, a parere del rimettente, la mancata previsione di un procedimento di convalida lede i parametri costituzionali evocati, non essendo possibile superare i dubbi di costituzionalità della norma con un’interpretazione della stessa conforme a Costituzione, secondo cui il questore potrebbe ordinare l’allontanamento dal territorio dello Stato solo quando l’espulsione sia divenuta eseguibile, a seguito di convalida, ma non sia attuabile per mezzo dell’accompagnamento alla frontiera;
che il rimettente ritiene la norma impugnata incostituzionale, in quanto, seppure non determina una diretta restrizione della libertà personale del destinatario, pone a carico di quest’ultimo un obbligo di condotta che, se non ottemperato, ne comporta l’arresto obbligatorio e la responsabilità penale per il reato previsto dall’art. 14, comma 5-quater, del d.lgs. n. 286 del 1998, nonché ulteriori conseguenze penali;
che, dunque, a parere del rimettente, la norma impugnata realizza una disparità di trattamento tra i destinatari dei provvedimenti di accompagnamento alla frontiera o di trattenimento in un centro di assistenza e i destinatari dell’ordine di allontanamento dal territorio dello Stato, essendo prevista solo per i primi la tutela giurisdizionale della convalida del provvedimento;
che, infine, a parere del rimettente, la norma censurata sarebbe irragionevole in quanto il ricorso alla procedura in essa prevista si basa sulla sussistenza di due presupposti tra loro alternativi, e cioè: o l’impossibilità di trattenere lo straniero presso un centro di permanenza temporanea, o l’intervenuta scadenza dei termini di tale permanenza senza che l’espulsione o il respingimento sia stato eseguito, laddove solo in tale ultimo caso è previsto un controllo giurisdizionale sulla legittimità della procedura di espulsione;
che in entrambi i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata;
che, ad avviso dell’Avvocatura, il rimettente avrebbe errato nel ritenere equiparabili i diversi procedimenti di esecuzione del decreto di espulsione, essendo prevista la convalida solo per il provvedimento di accompagnamento alla frontiera e di trattenimento in un centro di assistenza, in quanto si tratta di misure che, diversamente dall’ordine di allontanamento, attingono direttamente la libertà personale del soggetto;
che comunque, a parere dell’Avvocatura, sarebbe sempre possibile allo straniero ricorrere al giudice amministrativo avverso l’ordine impartito dal questore;
Considerato che le ordinanze di rimessione propongono identiche questioni, onde i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti con un’unica decisione;
che il Tribunale di Gorizia, con entrambe le ordinanze, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5–bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nella parte in cui consentirebbe al questore di dare immediata esecuzione al decreto di espulsione, mediante intimazione allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni, senza che sia prevista una tutela giurisdizionale incidente, in modo diretto o indiretto, su tale intimazione; tutela, al contrario, prevista per le altre forme di esecuzione del decreto di espulsione;
che il rimettente ripropone negli stessi termini la questione di legittimità costituzionale già oggetto di scrutinio da parte di questa Corte con l’ordinanza n. 280 del 2006 e dichiarata manifestamente infondata;
che, stante l’immutato quadro normativo, le argomentazioni poste a base della indicata pronuncia devono essere confermate;
che, in particolare, l’intero procedimento di espulsione risulta assistito da apposita tutela giurisdizionale, essendo prevista dall’art. 1, comma 2, del decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241 (Disposizioni urgenti in materia di immigrazione), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 271, modificativo dell’art. 13, comma 8, del d.lgs. n. 286 del 1998, la possibilità di ricorrere avverso il decreto di espulsione davanti al giudice di pace, ed essendo anche prevista la necessaria convalida da parte di quest’ultimo del provvedimento di trattenimento presso un centro di permanenza temporanea (art. 14, commi 3 e 4), nonché del provvedimento di accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (art. 13, comma 5-bis);
che la previsione normativa del procedimento di convalida dei provvedimenti sopra cennati trova giustificazione nel fatto che questi incidono sulla libertà personale dei destinatari e, pertanto, devono essere assistiti dalla garanzia di cui all’art. 13 della Costituzione, con la conseguenza che detti provvedimenti possono essere portati ad esecuzione solo dopo che il giudice si sia pronunciato sulla loro legittimità (sentenze n. 222 del 2004 e n. 105 del 2001);
che diverso è il caso in cui l’espulsione avvenga con intimazione di allontanamento dal territorio dello Stato, in quanto tale misura incide solo sulla libertà di circolazione;
che, pertanto, la mancata previsione, anche per tale ultima ipotesi, del procedimento di convalida risulta giustificata in ragione della diversa natura di tale provvedimento, il quale, come riconosciuto dalla consolidata giurisprudenza di legittimità (Cass. pen. sentenze n. 46812 e n. 39811 del 2005), non incide direttamente sulla libertà personale del destinatario, atteso che l’autorità di polizia non può esercitare alcuna forma di coazione fisica al fine di ottenerne l’adempimento (sentenza n. 194 del 1996);
che, quindi, la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Gorizia va dichiarata manifestamente infondata, non contrastando la norma impugnata con alcuno dei parametri costituzionali evocati;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Gorizia con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 giugno 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Maria Rita SAULLE, Redattore
Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 21 giugno 2007.