ORDINANZA N. 215
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 593, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, come sostituito dall’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), promossi nel corso di procedimenti penali con ordinanze del 28 (n. 2 ordd.) e del 23 marzo 2006 dalla Corte d’appello di Bologna, rispettivamente iscritte ai nn. 524, 525 e 527 del registro ordinanze 2006 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, nn. 47 e 48, prima serie speciale, dell’anno 2006.
Udito nella camera di consiglio del 23 maggio 2007 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.
Ritenuto che con tre ordinanze, di contenuto sostanzialmente identico, la Corte d’appello di Bologna ha sollevato, in riferimento agli artt. 111, primo e secondo comma, e 112 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 593, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, come sostituito dall’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), nella parte in cui prevede che il pubblico ministero può proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento solo nelle ipotesi di cui all’art. 603, comma 2, cod. proc. pen., se la nuova prova è decisiva;
che il rimettente – premesso di essere chiamato a celebrare il giudizio d’appello su impugnazione proposta del pubblico ministero avverso una sentenza di assoluzione pronunciata in primo grado – precisa che, entrata in vigore nelle more del gravame la legge n. 46 del 2006, l’appello dovrebbe essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 10, comma 2, della medesima legge;
che, quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo evidenzia in primo luogo come la disciplina censurata violi i principi del giusto processo e della parità tra le parti (art. 111, primo e secondo comma, Cost.), in quanto, limitando il potere di appello del pubblico ministero avverso le sentenze di proscioglimento, altera irragionevolmente «l’equilibrio dei diritti delle parti» e pone il pubblico ministero, impossibilitato ad impugnare una pronuncia che lo vede totalmente «soccombente», in una posizione di «netto svantaggio»;
che invero il principio di parità − il quale implica «reciprocità di diritti nel processo» – e il principio del giusto processo – «formula in cui si compendiano i principi costituzionali anche per ciò che riguarda i diritti di azione e difesa in giudizio, tra cui il diritto del pubblico ministero di proporre appello» – imporrebbero che la garanzia del doppio grado di giurisdizione di merito, laddove prevista dall’ordinamento processuale pur in assenza di una “copertura costituzionale”, sia assicurato ad entrambe le parti;
che sarebbe altresì violato l’art. 112 Cost., perché la soppressione del potere di appello del pubblico ministero compromette «la capacità della pubblica accusa di far valere la pretesa punitiva dello Stato» attraverso la richiesta di «riesame dei fatti affermati nella sentenza assolutoria».
Considerato che il dubbio di costituzionalità sottoposto a questa Corte ha per oggetto la preclusione, conseguente alla modifica dell’art. 593 del codice di procedura penale ad opera dell’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, dell’appello delle sentenze dibattimentali di proscioglimento da parte del pubblico ministero;
che, stante l’identità delle questioni proposte, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia;
che, successivamente alle ordinanze di rimessione, questa Corte, con sentenza n. 26 del 2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in cui, sostituendo l’art. 593 del codice di procedura penale, esclude che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di proscioglimento, fatta eccezione per le ipotesi previste dall’art. 603, comma 2, del medesimo codice, se la nuova prova è decisiva», e dell’art. 10, comma 2, della citata legge n. 46 del 2006, «nella parte in cui prevede che l’appello proposto contro una sentenza di proscioglimento dal pubblico ministero prima della data di entrata in vigore della medesima legge è dichiarato inammissibile»;
che, alla stregua della richiamata pronuncia di questa Corte, gli atti devono essere pertanto restituiti ai giudici rimettenti per un nuovo esame della rilevanza delle questioni.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
ordina la restituzione degli atti alla Corte d’appello di Bologna.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Giovanni Maria FLICK, Redattore
Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 18 giugno 2007.