ORDINANZA N. 209
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), sostitutivo dell’art. 593 del codice di procedura penale, promossi con ordinanze del 13 marzo e del 29 maggio 2006 dalla Corte d’appello di Firenze, nei procedimenti penali a carico di Y. M. P. e di M. A. ed altro, iscritte ai nn. 277 e 481 del registro ordinanze 2006 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, nn. 36 e 45, prima serie speciale, dell’anno 2006.
Udito nella camera di consiglio del 23 maggio 2007 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.
Ritenuto che con due ordinanze, di contenuto sostanzialmente identico, la Corte d’appello di Firenze ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 111, secondo comma, e 112 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), nella parte in cui, modificando l’art. 593 del codice di procedura penale, limita il potere del pubblico ministero di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento;
che il rimettente premette di essere chiamato a celebrare il giudizio d’appello a seguito di impugnazione del pubblico ministero avverso sentenza di assoluzione pronunciata in primo grado e che l’appello proposto dovrebbe essere dichiarato inammissibile in base alla «normativa contestata»;
che la disciplina censurata si porrebbe in primo luogo in contrasto con il principio di parità tra le parti sancito nell’art. 111, secondo comma, Cost., a nulla rilevando, attesa la diversità delle rispettive posizioni, che il limite all’appello avverso le sentenze di proscioglimento valga anche nei confronti dell’imputato;
che sarebbe violato il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale che implica la possibilità di «coltivare» l’azione «in posizione di parità fino all’esito definitivo del giudizio»;
che, infine, l’art. 593, comma 2, cod. proc. pen., come novellato, impedendo al pubblico ministero di rimuovere mediante l’appello una decisione ingiusta, ostacolerebbe irragionevolmente la realizzazione delle «esigenze di giustizia», in violazione dell’art. 3 Cost.
Considerato che il dubbio di costituzionalità sottoposto a questa Corte ha per oggetto la preclusione, conseguente alla modifica dell’art. 593 del codice di procedura penale ad opera dell’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, dell’appello delle sentenze dibattimentali di proscioglimento da parte del pubblico ministero;
che, stante l’identità delle questioni proposte, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia;
che, successivamente alle ordinanze di rimessione, questa Corte, con sentenza n. 26 del 2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in cui, sostituendo l’art. 593 del codice di procedura penale, esclude che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di proscioglimento, fatta eccezione per le ipotesi previste dall’art. 603, comma 2, del medesimo codice, se la nuova prova è decisiva», e dell’art. 10, comma 2, della citata legge n. 46 del 2006, «nella parte in cui prevede che l’appello proposto contro una sentenza di proscioglimento dal pubblico ministero prima della data di entrata in vigore della medesima legge è dichiarato inammissibile»;
che, alla stregua della richiamata pronuncia di questa Corte, gli atti devono essere pertanto restituiti ai giudici rimettenti per un nuovo esame della rilevanza delle questioni.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
ordina la restituzione degli atti alla Corte d’appello di Firenze.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Giovanni Maria FLICK, Redattore
Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 18 giugno 2007.
Il Cancelliere
F.to: FRUSCELLA