ORDINANZA N. 198
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 99, quarto comma, del codice penale, come modificato dall’art. 4 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), promosso con ordinanza del 20 aprile 2006 dal Tribunale di Reggio Emilia nel procedimento penale a carico di A. R., iscritta al n. 569 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell’anno 2006.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 4 giugno 2007 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick;
Ritenuto che, con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Reggio Emilia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 99, quarto comma, del codice penale;
che il rimettente riferisce di essere investito del processo penale – celebrato nelle forme del rito abbreviato susseguente a giudizio direttissimo – nei confronti di una persona arrestata per il reato di rapina impropria, in quanto, dopo aver trafugato alcuni mattoni da un cantiere, caricandoli su un carretto, aveva dato una spinta al socio dell’impresa edile, da cui era stato sorpreso, onde guadagnarsi la fuga;
che, secondo il giudice a quo, potrebbero essere concesse all’imputato tanto le circostanze attenuanti generiche, per la confessione resa, quanto quella di cui all’art. 62, numero 4), cod. pen., in considerazione del modestissimo valore economico delle cose sottratte;
che tali attenuanti – le quali, anteriormente all’entrata in vigore della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), sarebbero state considerate senz’altro prevalenti sull’aggravante della recidiva reiterata, contestata all’imputato in conformità alle risultanze del certificato del casellario giudiziale – alla luce del nuovo testo dell’art. 99, quarto comma, cod. pen., potrebbero essere di contro ritenute, al più, equivalenti a detta aggravante: il che comporterebbe l’applicazione di una detentiva pena minima (prima della diminuente relativa al rito) pari a tre anni di reclusione, manifestamente sproporzionata per eccesso rispetto alla oggettiva entità del fatto;
che sarebbe pertanto violato l’art. 27, terzo comma, Cost., giacché, quando venga meno ogni ragionevole proporzione fra il sacrificio della libertà personale, da una parte, e l’importanza dei beni aggrediti e la gravità concreta dell’offesa, dall’altra parte, resterebbe irrimediabilmente compromessa la funzione rieducativa della pena;
che l’art. 99, quarto comma, cod. pen. si porrebbe altresì in contrasto con l’art. 3, primo comma, Cost., in quanto introdurrebbe, fra gli stessi recidivi reiterati, disparità di trattamento ingiustificabili: per quanto remoti e bagatellari possano risultare, su un fronte, i precedenti penali del reo, e per quanto numerose e ricche di significato possano palesarsi, sull’altro fronte, le attenuanti, il giudizio di bilanciamento rimarrebbe «sempre bloccato sullo stesso esito, l’equivalenza»;
che nel giudizio di costituzionalità è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata non fondata.
Considerato che il giudice rimettente sottopone a scrutinio di costituzionalità una norma inconferente rispetto all’oggetto delle proprie censure, denunciando come contrario ai parametri evocati l’art. 99, quarto comma, del codice penale (come modificato dall’art. 4 della legge 5 dicembre 2005, n. 251) – il quale si limita a fornire la nozione di recidiva reiterata e a stabilire gli aumenti di pena ad essa conseguenti – quando, invece, i supposti vulnera costituzionali scaturirebbero, semmai, dall’art. 69, quarto comma, cod. pen. (come modificato dall’art. 3 della citata legge n. 251 del 2005), che pone il censurato divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata, in sede di cosiddetto bilanciamento delle circostanze eterogenee concorrenti;
che – a prescindere da ogni possibile rilievo riguardo all’implicita ed immotivata premessa interpretativa su cui poggiano i dubbi di costituzionalità, e cioè che per effetto della legge n. 251 del 2005 la recidiva reiterata sia divenuta in ogni caso obbligatoria, e non possa essere, dunque, esclusa dal giudice sulla base di una valutazione discrezionale inerente alla “significatività” del nuovo episodio criminoso in rapporto ai delitti oggetto delle precedenti condanne, con l’effetto di rendere inapplicabile la denunciata disciplina limitativa del giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee – l’inesatta identificazione della norma oggetto di censura (aberratio ictus) implica, per costante giurisprudenza di questa Corte, la manifesta inammissibilità della questione (ex plurimis, ordinanze n. 42 del 2007, n. 210 e n. 55 del 2006).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 99, quarto comma, del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Reggio Emilia con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Giovanni Maria FLICK, Redattore
Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 14 giugno 2007.