SENTENZA N. 159
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 43 e 44, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), promosso con ricorso della Regione Siciliana, notificato il 24 febbraio 2006, depositato in cancelleria il 1° marzo 2006 ed iscritto al n. 31 del registro ricorsi 2006.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 20 marzo 2007 il Giudice relatore Sabino Cassese;
uditi gli avvocati Giovanni Carapezza Figlia per la Regione Siciliana e gli avvocati dello Stato Franco Favara e Antonio Tallarida per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – La Regione Siciliana ha impugnato diverse disposizioni della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2006), tra cui l’art. 1, commi 43 e 44. La questione è stata promossa in riferimento all’art. 81, quarto comma, della Costituzione, all’art. 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, e all’art. 1, comma 4, del decreto legislativo 16 marzo 2001, n. 143 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana concernenti il trasferimento alle camere di commercio delle funzioni e dei compiti degli Uffici metrici provinciali).
Nella parte censurata, il comma 43 sopprime i trasferimenti dello Stato per l’esercizio delle funzioni già esercitate dagli uffici metrici provinciali (UMP) e trasferite alle Camere di commercio, industria e artigianato e agricoltura (CCIAA), ai sensi dell’art. 20 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59). Lo stesso comma sopprime le tariffe relative alla verificazione degli strumenti di misura, fissate in base all’art. 16 della legge 18 dicembre 1973, n. 836 (Trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali).
Il comma 44 stabilisce che «Al finanziamento delle funzioni di cui al comma 43 si provvede ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lettera c), della legge 29 dicembre 1993, n. 580», (quindi, con «i proventi derivanti dalla gestione di attività e dalla prestazione di servizi e quelli di natura patrimoniale»), «sulla base dei criteri stabiliti con decreto del Ministro delle attività produttive di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze».
1.1. – In generale, la Regione rileva che, nonostante la legge finanziaria contenga una clausola di salvaguardia (art. 1, comma 610) che ne impone un’applicazione compatibile con le norme sovraordinate degli statuti speciali, vi sono disposizioni – come quelle impugnate – che contrastano con tali prerogative costituzionali. Aggiunge che lo statuto attribuisce alla Regione Siciliana (art. 14) la potestà esclusiva in materia di ordinamento contabile proprio, degli enti locali e di tutte le realtà istituzionali ricomprese nel settore pubblico regionale e che, dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, lo Stato può determinare solo i princípi fondamentali in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, ma non dettare norme incidenti sull’esercizio delle funzioni già esercitate dagli uffici metrici provinciali in contrasto con le norme di attuazione dello statuto.
In particolare, sottolinea che i commi 43 e 44 impugnati – con il sopprimere i trasferimenti dello Stato per l’esercizio delle funzioni trasferite alle CCIAA, e con lo stabilire che al finanziamento delle stesse funzioni si provvede con i proventi derivanti dalla gestione di attività e dalla prestazione di servizi – modificano una norma di attuazione dello statuto, di rango superiore, in base alla quale ai nuovi oneri delle CCIAA «si provvede mediante somme da prelevarsi dagli stanziamenti di spesa del bilancio statale» (art. 1, comma 4, del d. lgs. n. 143 del 2001). Da ciò la violazione della particolare procedura prevista nello statuto per l’emanazione (e la modifica) delle norme di attuazione (art. 43 dello statuto).
Premessa la propria legittimazione ad impugnare disposizioni concernenti le CCIAA, poiché la stretta connessione in termini finanziari tra le attribuzioni regionali e quelle delle autonomie funzionali consente di ritenere che la lesione delle «competenze» delle CCIAA sia idonea a determinare la lesione delle «competenze» regionali, la Regione prospetta, inoltre, la violazione dell’art. 81, quarto comma, Cost. Secondo la ricorrente, le norme impugnate sarebbero illegittime perchè gravano le Camere di commercio di un onere in precedenza sostenuto dallo Stato, senza individuare, violando l’art. 81, quarto comma, Cost., un’apposita copertura finanziaria, così obbligandole ad imputare ai propri bilanci, mediante corrispondente utilizzo di risorse proprie, la spesa occorrente, con conseguente alterazione dell’equilibrio tra mezzi finanziari ed insieme delle funzioni e competenze.
2. – Nel giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.
Secondo la difesa erariale, la questione sarebbe inammissibile perché le disposizioni impugnate concernono le Camere di commercio e non direttamente la Regione Siciliana.
Nel merito, non sarebbe violata la normativa di attuazione, che non troverebbe corrispondenza a livello statutario, mentre alle norme di attuazione può riconoscersi una posizione sovraordinata nella gerarchia delle fonti solo a condizione che siano effettivamente attuative degli statuti.
Inconsistente, poi, sarebbe l’evocazione dell’art. 81 Cost., posto che il comma 44 impugnato prevede il «finanziamento delle funzioni» trasferite.
2.1. – In prossimità della data fissata per l’udienza pubblica, la difesa erariale ha depositato due memorie insistendo, con ulteriori argomentazioni, nelle conclusioni già presentate.
In particolare, si sofferma sul carattere ordinario della norma di attuazione invocata dalla Regione, in mancanza di una disposizione statutaria da attuare. Tale conclusione sarebbe fondata sull’art. 76 Cost., che delimita entro precisi confini l’esercizio della funzione legislativa del Governo. Solo distinguendo – all’interno delle disposizioni formalmente adottate con la speciale procedura di attuazione – quelle di «vera» attuazione, emanate per una effettiva e specifica esigenza di attuare gli statuti, dalle altre, e riconoscendo solo alle prime la forza sovraordinata, sarebbe rispettato l’art. 76 Cost. Nel caso di specie, secondo l’Avvocatura, l’art. 1, comma 4, del d.lgs. n. 143 del 2001, si sarebbe limitato a riprodurre una disposizione secondaria (art. 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 luglio 1999), che ha disciplinato il passaggio di risorse finanziarie dallo Stato alle Camere di commercio. Conseguentemente, trattandosi non di una norma di «vera» attuazione ma di una norma ordinaria, sarebbe costituzionalmente legittima «la sopravvenuta abrogazione della stessa ad opera del comma 43» impugnato.
Considerato in diritto
1. – Oggetto del giudizio di costituzionalità all’esame della Corte (promosso con ricorso concernente anche altri commi della stessa legge) è se le disposizioni contenute nell’art. 1, commi 43 e 44, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2006), con il sopprimere i trasferimenti dello Stato per l’esercizio delle funzioni prima trasferite alle CCIAA, e con il prevedere che al finanziamento delle stesse funzioni si provvede con i proventi derivanti dalla gestione di attività e dalla prestazione di servizi, violino l’art. 1, comma 4, del decreto legislativo 16 marzo 2001, n. 143 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana concernenti il trasferimento alle Camere di commercio delle funzioni e dei compiti degli Uffici metrici provinciali), l’art. 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, l’art. 81, quarto comma, della Costituzione. In particolare, se le norme impugnate: a) abbiano modificato una norma di attuazione statutaria senza la particolare procedura prevista nello statuto per l’emanazione (e la modifica) delle norme di attuazione; b) facciano gravare sulle Camere di commercio un onere in precedenza sostenuto dallo Stato, senza individuare un’apposita copertura finanziaria, così obbligandole ad imputare ai propri bilanci, mediante corrispondente utilizzo di risorse proprie, la spesa occorrente, con conseguente alterazione dell’equilibrio tra mezzi finanziari ed insieme delle funzioni e competenze.
L’impugnazione delle citate disposizioni viene trattata separatamente rispetto alle altre questioni proposte con lo stesso ricorso, che formano oggetto di distinte pronunce.
2. – La questione è inammissibile per difetto di interesse all’impugnazione da parte della Regione.
Nell’ambito del processo di decentramento, a Costituzione invariata, posto in essere dalla legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa) e dal conseguente decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), l’art. 20 di tale decreto delegato ha attribuito alle CCIAA le funzioni esercitate dagli uffici metrici provinciali; il successivo art. 50 ha soppresso i suddetti uffici, disponendo il trasferimento alle stesse CCIAA delle risorse finanziarie, umane, strumentali ed organizzative. In attuazione di quest’ultima norma, è stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 luglio 1999 che – con decorrenza dal 1° gennaio 2000 – ha individuato i beni, le risorse finanziarie, umane, strumentali ed organizzative degli UMP da trasferire alle CCIAA. L’art. 4 di tale decreto, dopo aver provveduto alla quantificazione delle risorse finanziarie (sulla base delle somme destinate al funzionamento negli anni precedenti e dell’importo dei versamenti degli utenti all’erario per l’anno 1997), ne ha disposto l’iscrizione in un apposito fondo del Ministero del tesoro, da ripartire tra le CCIAA secondo la tabella B allegata.
Le disposizioni impugnate sono intervenute su tale assetto normativo, sopprimendo il trasferimento delle risorse finanziarie dallo Stato alle Camere di commercio (comma 43), e disponendo che al finanziamento delle funzioni esercitate da queste ultime si provvede con i proventi derivanti dalla gestione di attività e dalla prestazione di servizi e con i proventi di natura patrimoniale, fissati sulla base dei criteri stabiliti con decreto del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze (comma 44).
Accanto a tali disposizioni generali, contenute nella legge finanziaria per l’anno 2006, esiste nell’ordinamento una disposizione specifica per la Regione Siciliana. La disciplina statale di attuazione del decentramento, sopra citata, stabiliva che per «le regioni a statuto speciale e le province autonome si provvede nei limiti e nel rispetto degli statuti speciali e delle relative norme di attuazione» (art. 5, comma 1, del d.P.C.m. 6 luglio 1999). Nel 2001 sono state emanate le norme di attuazione relative alla Regione Siciliana, dove (art. 1, comma 4, del d. lgs. n. 143 del 2001) è stabilito che agli oneri derivanti alle Camere di commercio si provvede mediante somme da prelevarsi dagli stanziamenti di spesa del bilancio statale (art. 4 del d.P.C.m. del 6 luglio 1999).
Dunque, le norme impugnate sono generali, ma non si applicano alla Regione Siciliana, per cui vige una apposita disciplina. Ne consegue che questa non ha interesse ad impugnare le norme generali.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni sollevate con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 43 e 44, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2006), promossa, in riferimento all’art. 81, quarto comma, della Costituzione, all’art. 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, e all’art. 1, comma 4, del decreto legislativo 16 marzo 2001, n. 143 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana concernenti il trasferimento alle camere di commercio delle funzioni e dei compiti degli Uffici metrici provinciali), dalla Regione Siciliana con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Sabino CASSESE, Redattore
Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'8 maggio 2007.