ORDINANZA N. 130
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 52, secondo comma, del regio decreto 23 ottobre 1925, n. 2537 (Approvazione del regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto), promosso con ordinanza del 28 settembre 2005 dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto sul ricorso proposto da Mosconi Alessandro ed altro contro il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed altri, iscritta al n. 557 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell’anno 2005.
Visti gli atti di costituzione del Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, di Mosconi Alessandro e dell’Ordine degli ingegneri di Verona e provincia (fuori termine), del Consiglio nazionale degli ingegneri (fuori termine), nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 7 marzo 2007 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, con ordinanza del 28 settembre 2005, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 52, secondo comma, del regio decreto 23 ottobre 1925, n. 2537 (Approvazione del regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto), nella parte in cui, stabilendo che sono di spettanza della professione di architetto «le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla legge 20 giugno 1909, n. 364, per l'antichità e le belle arti», impedisce agli ingegneri civili diplomati in Italia l’esercizio di attività professionali, cui, invece, potrebbero liberamente accedere gli «ingegneri civili o possessori di titoli analoghi di altri Stati membri dell’Unione europea»;
che il rimettente – investito dell’impugnativa avverso il provvedimento della Soprintendenza per i beni ambientali ed architettonici di Verona di diniego ad un «ingegnere civile» dell’autorizzazione al subentro nella direzione di lavori su un immobile sottoposto a vincolo ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell’articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352) – rileva che la direttiva n. 85/384/CEE del 10 giugno 1985 (Direttiva del Consiglio concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli del settore dell’architettura e comportante misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione di servizi), recepita con decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 129 (Attuazione delle direttive n. 85/384/CEE, n. 85/614/CEE e n. 86/17/CEE in materia di riconoscimento dei diplomi, delle certificazioni ed altri titoli nel settore dell’architettura), modificato dall’art. 16 della legge 3 febbraio 2003, n. 14 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee ‑ Legge comunitaria 2002), ha introdotto norme dirette ad assicurare il reciproco riconoscimento tra gli Stati membri di diplomi nel settore dell’architettura, conseguiti durante un ciclo di formazione rispondente ai requisiti di cui agli artt. 3 e 4, e perciò inclusi nell’elenco formato ai sensi dell’art. 7, ovvero, per quel che attiene al regime transitorio, compresi tra quelli tassativamente indicati per ciascuno Stato membro dall’art. 11 della stessa direttiva;
che, prosegue il giudice a quo, secondo l’interpretazione fornita dalla Corte di giustizia delle Comunità europee nell’ordinanza del 5 aprile 2004 (causa C-3/02), il regime giuridico di accesso all’attività propria del settore dell’architettura resta estraneo alla citata direttiva, ricadendo nell’ambito della legislazione nazionale degli Stati membri, e, tuttavia, l’accesso all’attività di cui all’art. 52 del r.d. n. 2537 del 1925 non può essere negato alle persone in possesso di un diploma, certificato o altro titolo rientrante nella sfera di applicazione della direttiva;
che, secondo il rimettente, quale effetto indiretto dell’applicazione del diritto comunitario, sussisterebbe una situazione di disparità di trattamento tra coloro che hanno conseguito il titolo di ingegnere civile in Italia e «gli ingegneri civili o possessori di un titolo analogo rilasciato in altro Stato membro, qualora tale titolo sia menzionato nell’elenco redatto ai sensi dell’art. 7 o in quello di cui all’art. 11 della direttiva», soltanto ai primi essendo precluso l’esercizio delle succitate attività, in contrasto con gli artt. 3 e 41 della Costituzione;
che si è costituito in giudizio il Consiglio Nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, interveniente nel procedimento a quo, chiedendo, anche nelle due memorie depositate in prossimità della camera di consiglio, l’ultima delle quali fuori termine, che la questione sia dichiarata manifestamente inammissibile ovvero infondata;
che si sono altresì costituiti in giudizio, con separati atti, depositati fuori termine, i ricorrenti del procedimento principale Mosconi Alessandro e Ordine degli ingegneri di Verona e provincia, nonché il Consiglio nazionale degli ingegneri;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per l’infondatezza della questione, ma, successivamente, ha depositato atto di rinuncia all’intervento.
Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto dubita, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 52, secondo comma, del regio decreto 23 ottobre 1925, n. 2537 (Approvazione del regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto), nella parte in cui, definendo l’ambito delle competenze riservate alla professione di architetto, esclude l’accesso alle attività ivi indicate dei titolari di un diploma di laurea di ingegnere civile conseguito in Italia, laddove lo stesso limite non opererebbe per gli «ingegneri civili o possessori di un titolo analogo rilasciato in altro Stato membro, qualora tale titolo sia menzionato nell’elenco redatto ai sensi dell’art. 7 o in quello di cui all’art. 11» della direttiva 10 giugno 1985, n. 85/384/CEE (Direttiva del Consiglio concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli del settore dell’architettura e comportante misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione di servizi);
che, preliminarmente, devono essere dichiarati inammissibili, poiché depositati oltre il termine stabilito dagli artt. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 3 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, gli atti di costituzione di Mosconi Alessandro e dell’Ordine degli ingegneri di Verona, nonché del Consiglio nazionale degli ingegneri;
che, a prescindere da ogni considerazione in ordine alla idoneità dei tertia comparationis evocati dal rimettente, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile, in quanto il r.d. n. 2537 del 1925 ha natura regolamentare e, come tale, è sottratto al giudizio di legittimità costituzionale (sentenza n. 324 del 1983, ordinanze n. 952 del 1988 e n. 488 del 1987).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 52, secondo comma, del regio decreto 23 ottobre 1925, n. 2537 (Approvazione del regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 aprile 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Giuseppe TESAURO, Redattore
Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 19 aprile 2007.