Ordinanza n. 435 del 2006

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ORDINANZA N. 435

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Franco                             BILE                                      Presidente

-      Giovanni Maria               FLICK                                      Giudice

-      Francesco                        AMIRANTE                                 "

-      Ugo                                 DE SIERVO                                 "

-      Romano                           VACCARELLA                           "

-      Paolo                               MADDALENA                            "

-      Alfio                                FINOCCHIARO                          "

-      Alfonso                           QUARANTA                               "

-      Franco                             GALLO                                        "

-      Gaetano                           SILVESTRI                                  "

-      Sabino                             CASSESE                                     "

-      Maria Rita                       SAULLE                                       "

-      Giuseppe                         TESAURO                                    "

-      Paolo Maria                     NAPOLITANO                            "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 10, commi 1 e 2, del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 (Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell’articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366), promosso dal Tribunale di Torino nel procedimento civile instaurato da C. N. ed altra nei confronti della s.p.a. Banco di Brescia San Paolo CAB, con ordinanza del 4 febbraio 2005, iscritta al n. 453 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2005.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 22 novembre 2006 il Giudice relatore Francesco Amirante;

Ritenuto che il Tribunale di Torino, con ordinanza del 4 febbraio 2005 pervenuta a questa Corte il 25 agosto 2005, ha sollevato, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, commi 1 e 2, del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 (Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell’articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366), «nella parte in cui non prevede la facoltà per la parte attrice di dedurre la prova contraria quando la parte convenuta richieda – come è sua facoltà nell’ipotesi in cui non proponga domande riconvenzionali o eccezioni non rilevabili di ufficio – la fissazione di udienza senza concedere a controparte il termine di cui all’art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 5 del 2003»;

che il giudice remittente, esclusa la possibilità di una interpretazione conforme al dettato costituzionale della disposizione censurata (e, in particolare del comma 2 della medesima), atteso il relativo tenore letterale, osserva, quanto alla non manifesta infondatezza, come l’esclusione della suddetta facoltà – viceversa prevista dall’art. 184, primo comma, cod. proc. civ. – impedisca di dare piena attuazione al diritto al contraddittorio tra le parti in condizioni di parità e al diritto di difesa dell’attore;

che il giudice a quo  desume la rilevanza dalle seguenti circostanze verificatesi nelle specie: a) la parte convenuta, con la propria comparsa di costituzione e risposta, ha dedotto prove; b) la parte attrice, nella nota di cui all’art. 10 del d.lgs. n. 5 del 2003, ha formulato prova contraria diretta e indiretta; c) la parte convenuta, nella propria memoria conclusionale, ha eccepito la decadenza della parte attrice dalla prova contraria;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che, dopo aver rilevato come la fattispecie da cui è sorta la questione non sia stata puntualmente descritta dal remittente, ha concluso per l’inammissibilità o la manifesta infondatezza della questione medesima.

Considerato che il Tribunale di Torino in composizione collegiale ha sollevato, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, commi 1 e 2, del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 (Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell’art. 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366), nella parte in cui non prevede la facoltà per la parte attrice di dedurre la prova contraria quando la parte convenuta richieda, come è sua facoltà quando non proponga domande riconvenzionali o eccezioni non rilevabili d’ufficio, la fissazione d’udienza senza concedere a controparte il termine di cui all’art. 4, comma 2, del d.lgs n. 5 del 2003;

che il remittente ha omesso la compiuta descrizione della fattispecie controversa, limitandosi a riferire che la convenuta nella comparsa di costituzione ha dedotto prove, provocando poi, con la presentazione dell’istanza di fissazione dell’udienza, la decadenza degli attori dal potere di chiedere la prova contraria, con conseguente lesione del diritto di difesa degli attori e violazione del principio del contraddittorio;

che nell’ordinanza di remissione si afferma apoditticamente che la convenuta, non avendo proposto domande riconvenzionali o eccezioni non rilevabili d’ufficio, aveva facoltà di chiedere la fissazione dell’udienza;

che manca ogni argomentazione sui rapporti tra le norme regolatrici dell’istanza di fissazione dell’udienza nonché del controllo sulla relativa legittimità e quelle che stabiliscono le conseguenze processuali da essa prodotte;

che la motivazione dell’ordinanza è, pertanto, carente sia sotto il profilo della rilevanza sia riguardo alla individuazione del quadro normativo e al giudizio di non manifesta infondatezza;

che da tali carenze consegue la manifesta inammissibilità della questione.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, commi 1 e 2, del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 (Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell’articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366), sollevata, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Torino con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 2006.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Francesco AMIRANTE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 19 dicembre 2006.