ORDINANZA N. 378
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 25 luglio 2005, relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall’onorevole Carlo Taormina nei confronti del tenente colonnello Luciano Garofano, nella qualità di comandante del reparto investigazioni scientifiche dell’Arma dei carabinieri, promosso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, con ricorso depositato in cancelleria il 29 marzo 2006 ed iscritto al n. 13 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2006, fase di ammissibilità.
Udito nella camera di consiglio dell’11 ottobre 2006 il Giudice relatore Francesco Amirante.
Ritenuto che con ricorso del 20 marzo 2006 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla delibera del 25 luglio 2005 (doc. IV-quater, n. 117) con la quale – in conformità alla proposta adottata a maggioranza dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere – è stato dichiarato che i fatti per i quali il deputato Carlo Taormina è sottoposto a procedimento penale per il delitto di diffamazione a mezzo stampa riguardano opinioni espresse da quest’ultimo nell’esercizio delle sue funzioni parlamentari e sono, quindi, insindacabili ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;
che il ricorrente premette che il tenente colonnello Luciano Garofano, nella qualità di comandante del reparto investigazioni scientifiche dell’Arma dei carabinieri, aveva presentato, il 26 luglio ed il 19 novembre 2004, due distinte querele nei confronti del deputato Carlo Taormina, in conseguenza di ripetute dichiarazioni ritenute lesive della propria reputazione, riportate dagli organi di stampa e dalla televisione;
che, instauratosi il relativo procedimento penale nei confronti dell’onorevole Taormina, l’Assemblea parlamentare si era espressa, con la delibera oggetto del presente conflitto, nel senso dell’insindacabilità delle opinioni rese da quest’ultimo, il pubblico ministero aveva formulato la richiesta di archiviazione ma il querelante si era opposto, sollecitando il Giudice a sollevare conflitto di attribuzione;
che il G.I.P. del Tribunale di Milano precisa che la vicenda trae origine dal processo penale in corso di svolgimento per l’omicidio di Samuele Lorenzi, avvenuto a Cogne, processo nel quale il deputato Taormina svolge il compito di difensore;
che dai capi di imputazione emerge che il deputato avrebbe in più occasioni leso la reputazione del tenente colonnello Garofano, accusandolo di aver manomesso un reperto utilizzato nel corso di un’indagine peritale compiuta nel menzionato processo penale;
che, sentito dalla Giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati, l’onorevole Taormina aveva evidenziato come l’omicidio di Samuele Lorenzi e le conseguenti indagini fossero stati già al centro del suo interessamento nella qualità di parlamentare, ancora prima che egli venisse officiato del mandato difensivo da parte della madre della vittima, imputata dell’omicidio, in proposito richiamando un’interrogazione da lui rivolta al Ministro della giustizia in data 22 aprile 2002 nella quale si ipotizzava che i «soggetti interessati» non avessero adottato, nell’immediato, le necessarie cautele affinché il luogo del delitto venisse preservato da possibili inquinamenti probatori;
che le successive dichiarazioni rese alla stampa ed alla televisione, pertanto, non sarebbero state altro – secondo il deputato – che la divulgazione delle perplessità a suo tempo già esternate in sede parlamentare, con conseguente diritto di godere dell’insindacabilità di cui all’art. 68, primo comma, della Costituzione;
che il ricorrente, dopo aver richiamato i principi affermati dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte in tema di insindacabilità, osserva che, nel caso specifico, la prerogativa invocata dalla Camera dei deputati non può trovare applicazione, poiché non sussiste alcun collegamento tra le frasi per le quali l’onorevole Taormina è imputato di diffamazione e gli atti tipici della funzione parlamentare;
che nell’interrogazione parlamentare del 22 aprile 2002, infatti, si chiede al Ministro della giustizia di compiere i necessari accertamenti – se del caso anche attivando i poteri disciplinari – in ordine ad una serie di fatti connessi con l’omicidio avvenuto a Cogne, in particolare censurando la mancata adozione, da parte degli investigatori, delle dovute cautele per proteggere il luogo del delitto da possibili inquinamenti probatori;
che le dichiarazioni per le quali il deputato Taormina è imputato, invece, riguardano tutt’altro aspetto della vicenda, ossia il comportamento del tenente colonnello Garofano, incaricato dal P.M. di svolgere alcune indagini peritali;
che non potrebbe esservi alcun collegamento fra l’interrogazione rivolta al Ministro della giustizia al fine dell’eventuale promovimento dell’azione disciplinare – iniziativa che avrebbe potuto avere come destinatari esclusivamente i magistrati del Tribunale di Aosta – e l’operato di un ufficiale dei carabinieri, direttore del reparto investigazioni scientifiche, nominato perito dal P.M., sicché le presunte negligenze in grado di favorire l’inquinamento delle prove non potevano certamente essere riferite al tenente colonnello Garofano, intervenuto in un secondo momento;
che ciò sarebbe ancora più evidente in quanto il deputato Taormina, sentito dalla Giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati, non ha fornito alcuna risposta alla specifica domanda del deputato Gironda Velardi il quale gli chiedeva proprio se fra i «soggetti interessati», autori delle presunte negligenze, egli ricomprendesse anche il menzionato ufficiale dei carabinieri;
che la mancanza del nesso funzionale, infine, sarebbe resa palese dal fatto che le dichiarazioni asseritamente diffamatorie del parlamentare, oltre ad essere successive di due anni rispetto al citato atto di funzione, trovano il proprio fondamento in una serie di conoscenze specifiche che lo stesso non poteva possedere se non in quanto avvocato difensore nell’ambito del processo per l’omicidio di Cogne, ossia a titolo privato e professionale, senza alcun collegamento col mandato parlamentare.
Considerato che in questa fase la Corte è chiamata, ai sensi dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a deliberare se il sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sia ammissibile, valutando, senza contraddittorio tra le parti, se ne sussistano i requisiti soggettivo ed oggettivo, rimanendo impregiudicata ogni definitiva decisione anche in ordine all’ammissibilità;
che, quanto al requisito soggettivo, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano è legittimato a sollevare il conflitto, essendo competente a dichiarare definitivamente, in relazione al procedimento del quale è investito, la volontà del potere cui appartiene, in considerazione della posizione di indipendenza, costituzionalmente garantita, di cui godono i singoli organi giurisdizionali;
che, analogamente, la Camera dei deputati, che ha deliberato l’insindacabilità delle opinioni espresse da un proprio membro, è legittimata ad essere parte del conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere che rappresenta;
che, per quanto riguarda il profilo oggettivo del conflitto, il ricorrente denuncia la menomazione della propria sfera di attribuzione, garantita da norme costituzionali, in conseguenza dell’adozione, da parte della Camera dei deputati, di una deliberazione ove si afferma, in maniera asseritamente illegittima, che le opinioni espresse da un proprio componente rientrano nell’esercizio delle funzioni parlamentari, in tal modo godendo della garanzia di insindacabilità stabilita dall’art. 68, primo comma, della Costituzione;
che, pertanto, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetta alla competenza di questa Corte.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso indicato in epigrafe;
dispone:
a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza al ricorrente;
b) che l’atto introduttivo e la presente ordinanza siano, a cura del ricorrente, notificati alla Camera dei deputati entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere poi depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, nella cancelleria di questa Corte entro il termine di venti giorni previsto dall’art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 novembre 2006.
Franco BILE, Presidente
Francesco AMIRANTE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 14 novembre 2006.