Ordinanza n. 350 del 2006

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ORDINANZA N. 350

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                                  BILE                                  Presidente

- Giovanni Maria                    FLICK                                  Giudice

- Francesco                             AMIRANTE                               "

- Ugo                                      DE SIERVO                               "

- Romano                                VACCARELLA                        "

- Paolo                                    MADDALENA                          "

- Alfio                                     FINOCCHIARO                        "

- Alfonso                                QUARANTA                             "

- Franco                                  GALLO                                      "

- Luigi                                     MAZZELLA                              "

- Gaetano                                SILVESTRI                                "

- Sabino                                  CASSESE                                   "

- Maria Rita                            SAULLE                                    "

- Giuseppe                              TESAURO                                 "

- Paolo Maria                          NAPOLITANO                          "

 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 22 dicembre 2005, relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle condotte attribuite al deputato Sandro Del Mastro Delle Vedove, promosso con ricorso del giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Torino, depositato in cancelleria il 28 marzo 2006 ed iscritto al n. 8 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2006, fase di ammissibilità.

udito nella camera di consiglio del 27 settembre 2006 il Giudice relatore Sabino Cassese.

Ritenuto che il Tribunale di Torino, sezione dei giudici dell’udienza preliminare, con ricorso dell’8 febbraio 2006, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla delibera adottata nella seduta del 22 dicembre 2005, con la quale è stata dichiarata, ai sensi del primo comma dell’art. 68 della Costituzione, l’insindacabilità delle dichiarazioni del deputato Sandro Del Mastro Delle Vedove, rispetto alle quali pende un procedimento penale;

che il Tribunale ricorrente riferisce che l’on. Sandro Del Mastro Delle Vedove e la giornalista Cristiana Lodi sono imputati, in concorso tra loro, dei reati di falso ideologico perché il deputato, nella sua qualità di membro del Parlamento, pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, presentatosi il 10 agosto 2003 presso la Casa circondariale Le Vallette di Torino, dopo essersi qualificato e avere manifestato la propria intenzione di accedervi, attestava ai pubblici ufficiali appartenenti alla polizia penitenziaria, addetti al controllo degli accessi, inducendoli in errore, che la persona in sua compagnia, Cristiana Lodi, era una propria collaboratrice e la stessa Lodi dichiarava di non esercitare la professione di giornalista; circostanze entrambe false, essendo la Lodi una giornalista professionista che, in tale veste, scriveva un articolo, pubblicato due giorni dopo sul quotidiano nazionale «Libero», relativo alle dichiarazioni che, proprio in occasione della visita, avrebbe a lei reso il detenuto Igor Marini;

che il Tribunale ricorrente riferisce che, in data 22 dicembre 2005, interveniva la delibera della Camera dei deputati con cui veniva approvata la proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere volta a dichiarare che le affermazioni dell’on. Del Mastro Delle Vedove, oggetto del giudizio, concernevano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni a norma dell’art. 68, primo comma, Cost. Nella delibera si invocava l’esistenza del collegamento funzionale tra le dichiarazioni rese dal deputato al personale della polizia penitenziaria ed il mandato parlamentare, collegamento avvalorato sia dal dettato dell’art. 67 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), sia dall’attività svolta dallo stesso deputato con la richiesta di informazioni al Governo circa le iniziative in ordine alla vicenda carceraria di Igor Marini, allora detenuto in Svizzera (interrogazione n. 3-02512 del 14 luglio 2003);

che, tanto esposto, il Tribunale ricorrente precisa di non porre in discussione il contenuto della disciplina penitenziaria richiamata, che attribuisce ai membri del Parlamento il diritto di visitare gli istituti penitenziari, anche in compagnia di collaboratori, né la circostanza che l’on. Del Mastro Delle Vedove si era occupato della vicenda detentiva del Marini nel corso della propria attività parlamentare, anche se con riferimento ad un periodo antecedente rispetto a quello della detenzione del Marini in territorio italiano;

che, secondo il Tribunale, però, le attestazioni fornite dal parlamentare al personale di polizia penitenziaria della Casa circondariale di Torino e concernenti la qualità della Cristiana Lodi, oggetto dell’imputazione a suo carico, esulano dalla guarentigia di cui all’art. 68, primo comma, Cost.;

che la norma costituzionale, riferendosi alle «opinioni espresse (…) nell’esercizio delle loro funzioni», e l’art. 3, comma 1, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’art. 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), indicando «ogni altra attività di ispezione, di divulgazione, di critica o di denuncia politica, connessa alla funzione parlamentare, espletata anche fuori dal Parlamento», hanno inteso esprimere il concetto secondo cui tutti gli atti in questione devono essere caratterizzati da una più o meno intensa «connessione dell’attività con la funzione parlamentare». In sostanza, secondo il Tribunale ricorrente, gli atti indicati nel comma 1 del citato art. 3 possono suddividersi in due categorie: da un lato, quelli naturalmente parlamentari, disciplinati dal diritto parlamentare; dall’altro, quelli che, non essendo espressione di funzioni tipiche del Parlamento, necessitano, affinché possano beneficiare della garanzia dell’immunità, di un concreto e positivo riscontro dell’esistenza di una connessione con l’esercizio della funzione di rappresentante del popolo, riscontro che va ricercato in relazione alla singola attività esplicata dal parlamentare. Il fondamento di tale delimitazione, secondo il Tribunale, va individuato «nell’esigenza di circoscrivere in modo rigoroso l’ambito di applicazione della garanzia costituzionale dell’insindacabilità, enfatizzandone la natura di prerogativa connessa, non già alla persona del parlamentare, ma alla funzione dallo stesso esercitata […]; per contro, nel caso in cui si esuli da atti o comportamenti inerenti l’ufficio di parlamentare, la non punibilità dello stesso per questi (laddove costituiscano reato) si tradurrebbe in un’inaccettabile disparità di trattamento con gli altri cittadini, e dunque in contrasto con l’art. 3 Cost.»;

che, pertanto, osserva il Tribunale, non sembra che le attestazioni fornite dall’on. Del Mastro Delle Vedove agli addetti al carcere torinese possano essere ricondotte ad uno degli atti previsti dall’art. 68, primo comma, Cost., ovvero ad attività di natura strettamente parlamentare, oppure ad atti che in concreto possano dirsi connessi funzionalmente con l’ufficio di parlamentare. In particolare, non appare possibile qualificare le attestazioni in oggetto come atti di divulgazione, critica o denuncia politica, trattandosi di dichiarazioni rese agli addetti alla sorveglianza dell’istituto penitenziario che avevano ad oggetto la qualifica professionale rivestita dall’accompagnatrice del parlamentare ed erano finalizzate a consentire agli agenti di polizia giudiziaria di verificare la sussistenza dei presupposti, di cui al secondo comma, dell’art. 67, della legge n. 354 del 1975, per l’ingresso di accompagnatori del parlamentare «per ragioni del loro ufficio»; né, secondo il Tribunale, esse appaiono riconducibili ad un’attività ispettiva, tenuto conto che il parlamentare avrebbe potuto accedere nell’istituto di pena senza necessità di rendere false attestazioni;

che il Tribunale evidenzia, altresì, che l’on. Del Mastro Delle Vedove non ha documentato di aver svolto attività parlamentare successiva all’incontro con Igor Marini, in tal modo offrendo una non equivoca conferma del fatto che la visita in questione, lungi dal rientrare nell’esercizio del diritto di ciascun parlamentare di ispezionare le carceri italiane al fine di verificare le condizioni di detenzione, «si sia risolta in realtà in un mero espediente per consentire alla giornalista Lodi Cristiana di venire in contatto con la fonte del suo articolo di stampa»;

che, inoltre, secondo il Tribunale, non sembra ravvisabile un collegamento funzionale tra la visita in esame e la pregressa attività svolta dal parlamentare con l’interrogazione n. 3-02512, presentata circa un mese prima dell’incontro con il detenuto Marini nel penitenziario torinese. Del resto, aggiunge il Tribunale che dalla relazione di maggioranza della Giunta per le autorizzazioni a procedere risulta che il suddetto atto di indirizzo politico concerneva le condizioni di salute di Marini allora detenuto in Svizzera;

che, pertanto, il Tribunale di Torino ritiene che nei fatti in esame non sia rinvenibile la «riproduzione all’esterno del contenuto» della menzionata interrogazione parlamentare, necessaria affinché, secondo il consolidato orientamento della Corte costituzionale, possa rinvenirsi il nesso funzionale tra tale atto e le dichiarazioni oggetto del procedimento penale; invero, il ricorrente sottolinea che le attestazioni rese dal parlamentare afferivano a condizioni e qualità personali della coimputata Lodi, del tutto estranee alla tematica della garanzia dell’immunità prevista dall’art. 68 Cost. per i membri del Parlamento;

che, in conclusione, il Tribunale dubita, alla luce delle modalità e dei tempi di svolgimento della visita alla casa circondariale di Torino, che l’accesso del parlamentare all’interno del penitenziario si sia sostanziato in un atto di ispezione; non condivide l’argomento, sviluppato nella relazione di maggioranza della Giunta per le autorizzazioni a procedere, secondo cui, ai fini dell’attribuzione della qualifica di collaboratore, è irrilevante che questi sia formalmente incardinato nella struttura burocratica del Parlamento; non ritiene, infine, che le attestazioni mendaci rese dal deputato circa la professione esercitata dalla propria accompagnatrice possano essere qualificate come opinioni espresse nell’esercizio del mandato parlamentare e, ad ogni modo, non siano collegate da alcun nesso funzionale con tale ufficio;

che il Tribunale di Torino, sospeso il giudizio, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri nei confronti della Camera dei deputati, chiedendo alla Corte costituzionale di dichiarare che non spetta alla Camera di affermare l’insindacabilità, a norma dell’art. 68, primo comma, Cost., delle condotte attribuite all’on. Del Mastro Delle Vedove e, conseguentemente, di annullare la delibera adottata nella seduta del 22 dicembre 2005.

Considerato che in questa fase la Corte è chiamata, ai sensi dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), ad accertare se il sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sia ammissibile, valutando, senza contraddittorio tra le parti, se ne sussistano i requisiti soggettivo ed oggettivo, restando impregiudicata ogni ulteriore decisione anche in punto di ammissibilità;

che, quanto al requisito soggettivo, il Tribunale di Torino è legittimato a sollevare il conflitto, essendo competente a dichiarare definitivamente, in relazione al procedimento del quale è investito, la volontà del potere cui appartiene, in considerazione della posizione di indipendenza, costituzionalmente garantita, di cui godono i singoli organi giurisdizionali;

che analogamente la Camera dei deputati, che ha deliberato l’insindacabilità delle opinioni espresse da un proprio membro, è legittimata ad essere parte del conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere che rappresenta;

che, per quanto riguarda il profilo oggettivo del conflitto, il Tribunale ricorrente denuncia la menomazione della propria sfera di attribuzione, garantita da norme costituzionali, in conseguenza dell’adozione, da parte della Camera dei deputati, di una deliberazione ove si afferma, in modo asseritamente illegittimo, che le opinioni espresse da un proprio membro rientrano nell’esercizio delle funzioni parlamentari, in tal modo godendo della garanzia di insindacabilità stabilita dall’art. 68, primo comma, Cost.;

che, pertanto, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetta alla competenza della Corte.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dal Tribunale di Torino nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso indicato in epigrafe;

dispone:

a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza al ricorrente Tribunale di Torino;

b) che l’atto introduttivo e la presente ordinanza siano, a cura del ricorrente, notificati alla Camera dei deputati entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere poi depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, nella cancelleria di questa Corte entro il termine di venti giorni previsto dall’art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 ottobre 2006.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Sabino CASSESE, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 27 ottobre 2006.