ORDINANZA N. 338
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 3-sexies, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall’art. 12, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifiche alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), in relazione all’art. 13, comma 3, dello stesso decreto legislativo, promosso con ordinanza del 1° aprile 2004 dal Tribunale di Alessandria, sul ricorso proposto da Q. E. contro il Prefetto di Alessandria, iscritta al n. 648 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 32, prima serie speciale, dell’anno 2004.
Udito nella camera di consiglio del 27 settembre 2006 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.
Ritenuto che, con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Alessandria ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dell’art. 13, comma 3-sexies, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall’art. 12 della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifiche alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), il quale prevede che l’autorità giudiziaria non possa concedere il nulla osta all’espulsione dello straniero sottoposto a procedimento penale per uno o più dei delitti previsti dall’art. 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nonché dall’art. 12 dello stesso testo unico;
che il rimettente riferisce di essere investito del giudizio di opposizione promosso da un cittadino albanese – trattenutosi in condizioni di clandestinità sul territorio dello Stato dopo la scadenza del permesso di soggiorno, non avendo ottenuto il rinnovo del medesimo – avverso il decreto di espulsione, con contestuale ordine di lasciare il predetto territorio, emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Alessandria, nonché il conseguente «provvedimento di notifica dello stesso» adottato dal questore della medesima città;
che lo straniero ricorrente – il quale risultava sottoposto, in stato di libertà, a procedimento penale per vari reati, tra cui quello in materia di immigrazione clandestina previsto dall’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 286 del 1998 – aveva dedotto, a fondamento dell’opposizione, che tale circostanza, in quanto preclusiva del rilascio del nulla osta all’espulsione da parte dell’autorità giudiziaria ai sensi della norma denunciata, non consentiva l’adozione del provvedimento espulsivo opposto;
che, ad avviso del giudice a quo, la previsione dell’art. 13, comma 3-sexies, del d.lgs. n. 286 del 1998 si porrebbe in contrasto con l’art. 3 Cost., sotto il profilo della disparità di trattamento, avuto riguardo alla generale possibilità – prevista dal comma 3 del medesimo art. 13, come sostituito dall’art. 12 della legge n. 189 del 2002 – di procedere all’espulsione del cittadino extracomunitario sottoposto a procedimento penale, il quale non sitrovi in stato di custodia cautelare, a seguito del rilascio del nulla osta da parte dell’autorità giudiziaria che procede;
che il dato discriminante le due ipotesi – rappresentato soltanto dal titolo di reato per cui si procede – risulterebbe, del tutto inidoneo a giustificare l’evidenziata diversità di regime; infatti, alla luce del tenore letterale della norma censurata, la ratio della preclusione al rilascio del nulla osta all’espulsione andrebbe individuata non già nell’interesse dello Stato a punire il presunto autore del reato, quanto piuttosto in quello a non perdere un «prezioso collaboratore per l’accertamento della verità magari in procedimenti solamente connessi»: interesse che – non connettendosi alla salvaguardia dei principi fondamentali stabiliti dalla Carta costituzionale – non potrebbe comunque legittimare una lesione del basilare principio di uguaglianza;
che la disposizione impugnata si porrebbe inoltre in irragionevole contraddizione con i principi che informano la stessa legislazione in materia di immigrazione, in base ai quali il cittadino extracomunitario è abilitato a soggiornare nel territorio nazionale solo in presenza di precise condizioni, individuate dal titolo II del d.lgs. n. 286 del 1998, e particolarmente nel suo art. 4: onde risulterebbe «sconcertante» che uno straniero, non in possesso dei requisiti richiesti ai fini dell’ingresso nel territorio dello Stato, possa trattenersi in esso in quanto la legge non consente di rilasciare il nulla osta alla sua espulsione, senza peraltro che egli possa ottenere un contratto di lavoro, stante il suo status di clandestino.
Considerato che, successivamente all’ordinanza di rimessione, l’art. 3, comma 7, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144 (Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale), convertito, con modificazioni, in legge 31 luglio 2005, n. 155, pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 177 del 1° agosto 2005, ha abrogato la norma impugnata;
che gli atti vanno pertanto restituiti al giudice a quo per un nuovo esame della rilevanza della questione alla luce dello ius superveniens.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Alessandria.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 ottobre 2006.
Franco BILE, Presidente
Giovanni Maria FLICK, Redattore
Depositata in Cancelleria il 19 ottobre 2006.