ORDINANZA N. 268
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Annibale MARINI Presidente
- Franco BILE Giudice
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 11, della legge 31 luglio 1997, n. 249 (Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo), promossi con ordinanze del 3 novembre 2005 dal Tribunale di Bolzano e del 5 maggio 2005 dal Giudice di pace di Roma, nei procedimenti civili vertenti, il primo, tra il Centro Tutela Consumatori Utenti di Bolzano e la Telecom Italias.p.a., ed il secondo tra Corrado Magro e la Telecom Italias.p.a., iscritte al n. 579 e al n. 584 del registro ordinanze 2005 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50 e n. 51, prima serie speciale, dell’anno 2005.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 3 maggio 2006 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro.
Ritenuto che il Tribunale di Bolzano ha sollevato, con ordinanza del 3 novembre 2005, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 11, della legge 31 luglio 1997, n. 249 (Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo), nella parte in cui stabilisce l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione quale condizione di procedibilità per le controversie tra utenti o categorie di utenti ed un soggetto autorizzato o destinatario di licenze, in riferimento all’art. 3 della Costituzione;
che il giudice rimettente premette di essere stato adito dal Centro Tutela Consumatori Utenti di Bolzano per ottenere l’accertamento della sussistenza, in capo alla Telecom s.p.a., dell’obbligo di cui all’art. 26 delle condizioni generali di abbonamento al servizio di telefonia residenziale relativo ai “ritardi nell’adempimento degli obblighi assunti da Telecom Italia nella fornitura del servizio” e per sentir ordinare alla società convenuta di cessare con effetto immediato ogni diversa applicazione della predetta normativa;
che il giudice a quo premette, altresì, che la società convenuta ha pregiudizialmente eccepito l’improponibilità della domanda a causa dell’omesso esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione prescritto dall’art. 1 della legge n. 249 del 1997 e dalla deliberazione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 182/02/CONS del 19 giugno 2002;
che l’art. 1 (recte : art. 1, comma 11) della legge n. 249 del 1997, secondo il rimettente, è applicabile nella specie in quanto norma speciale rispetto a quella di cui all’art. 3 della legge 30 luglio 1998 n. 281 (Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti), la quale riconosce la legittimazione ad agire in giudizio a tutela degli interessi collettivi dei consumatori ed utenti delle associazioni di consumatori, e pertanto assoggetta anche l’azione proposta dalle medesime associazioni al previo espletamento del tentativo obbligatorio di conciliazione quale condizione di procedibilità;
che il Tribunale di Bolzano ritiene rilevante e non manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 11, della legge n. 249 del 1997, proposta dall’attrice;
che detta norma, ad avviso del rimettente, violerebbe l’art. 3 della Costituzione in quanto determinerebbe una irragionevole disparità di trattamento tra gli utenti di organismi di telecomunicazione che intendono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti, i quali possono proporre l’azione giudiziaria solo dopo aver esperito preventivamente il tentativo obbligatorio di conciliazione, e gli utenti di servizi diversi dalle telecomunicazioni che invece sono legittimati, in virtù dell’art. 3 della legge n. 281 del 1998, ad adire direttamente e senza differimento l’autorità giudiziaria, senza che sia ravvisabile alcun elemento di peculiarità nel servizio di telecomunicazioni, rispetto agli altri servizi usufruiti dall’utenza, idoneo a giustificare il diverso regime;
che, infatti, secondo il giudice a quo, l’art. 3 della legge n. 281 del 1998, il quale attribuisce alle associazioni di consumatori ed utenti la legittimazione ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori ed utenti contemplati dall’art. 1 della medesima legge, stabilisce la mera facoltà e non l’obbligo di attivare una procedura di conciliazione dinanzi alla Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura, senza fare alcuna distinzione fra tipologie di utenti, riconoscendo anzi che i diritti e gli interessi collettivi tutelati spettano indistintamente a tutti gli utenti, a prescindere dall’oggetto dell’utenza e dalle caratteristiche del servizio usufruito;
che, pertanto, il Tribunale di Bolzano ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 11, della legge n. 249 del 1997 nei termini sopra precisati;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata;
che la difesa erariale deduce, in primo luogo, l’inammissibilità della questione per difetto di motivazione sulla rilevanza della medesima, posto che l’art. 3 della legge n. 281 del 1998 è stato abrogato dall’art. 146 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo), e che la legittimazione ad agire delle associazioni dei consumatori è ora disciplinata dagli artt. 139 e 141 del medesimo decreto legislativo, in base ai quali le predette associazioni dei consumatori non avrebbero la facoltà di promuovere la composizione extragiudiziale delle controversie, delimitata alle controversie relative al rapporto tra consumatore e professionista;
che, nel merito, la questione sarebbe – secondo l’Avvocatura generale dello Stato – comunque manifestamente infondata, in quanto il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui alla norma impugnata rappresenterebbe non già un ostacolo alla tutela dei diritti, ma un’opportunità in più di cui possono godere le associazioni rappresentative dei consumatori nel peculiare ambito di riferimento;
che, in ogni caso, la norma censurata non determinerebbe alcuna violazione dell’art. 3 della Costituzione, essendo indirizzata a tutti i soggetti interessati alla soluzione delle controversie indicate nella stessa, a parità di condizioni;
che il Giudice di pace di Roma, con ordinanza del 5 maggio 2005, ha sollevato questione di legittimità costituzionale della «normativa che ha introdotto il tentativo obbligatorio di conciliazione nella materia delle comunicazioni» (recte: dell’art. 1, comma 11, della legge n. 249 del 1997), in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 102 della Costituzione;
che la richiamata normativa, subordinando l’esercizio dell’azione giudiziale all’esperimento obbligatorio del tentativo preventivo di conciliazione, determinerebbe un illegittimo allungamento dei tempi della “pretesa giustizia”, sottrarrebbe al giudice l’esame di un giudizio che solo al giudice compete e realizzerebbe una disparità di trattamento fra utenti dei servizi di telecomunicazioni ed utenti di altri servizi quali, ad esempio, quelli inerenti all’erogazione del gas o dell’energia elettrica.
Considerato che in entrambe le ordinanze di rimessione è censurato l’art. 1, comma 11, della legge 31 luglio 1997, n. 249 (Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo), nella parte in cui stabilisce l’obbligatorietà della proposizione del tentativo di conciliazione quale condizione di procedibilità per le controversie tra utenti o categorie di utenti e soggetti autorizzati o destinatari di licenze, anche sotto il profilo della irragionevole disparità di trattamento che detta norma determinerebbe fra utenti dei servizi di telecomunicazioni ed utenti di altri servizi, legittimati invece ad adire direttamente e senza differimento l’autorità giudiziaria;
che, pertanto, stante l’identità della norma impugnata e delle censure prospettate in riferimento ad uno dei parametri invocati, i giudizi vanno riuniti;
che il Tribunale di Bolzano ritiene che l’art. 1, comma 11, della legge n. 249 del 1997 determini una disparità di trattamento fra utenti dei servizi di telecomunicazioni – ed associazioni rappresentative dei medesimi alle quali la norma impugnata si applicherebbe in quanto norma speciale rispetto all’art. 3 della legge n. 281 del 1998 – costretti ad espletare il tentativo preventivo di conciliazione nelle controversie con organismi di telecomunicazioni, ed utenti di altri servizi – e relative associazioni rappresentative –, cui è riconosciuta dal predetto art. 3 della legge n. 281 del 1998 la mera facoltà e non l’obbligo del tentativo preventivo di conciliazione nelle controversie con organismi erogatori dei rispettivi servizi;
che, anteriormente all’ordinanza di rimessione, è entrato in vigore l’art. 146 del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo, a norma dell’art. 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229), che ha espressamente abrogato l’intera legge n. 281 del 1998 e quindi anche il citato art. 3, invocato dal rimettente come tertium;
che il predetto d.lgs. n. 206 del 2005 ha dettato una nuova disciplina in tema di legittimazione ad agire delle associazioni di consumatori ed utenti (artt. 139-141) ed ha espressamente stabilito, all’art. 140, comma 12, che «restano salve le procedure conciliative di competenza per l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di cui all’art. 1, comma 11, della legge 31 luglio 1997, n. 249»;
che, nella specie, il Tribunale di Bolzano non ha tenuto conto dell’intervenuta modifica normativa e non ha quindi motivato in ordine all’eventuale incidenza della medesima sulla fattispecie all’esame, ai fini della prospettazione della questione e, in particolare, della valutazione della perdurante rilevanza della stessa;
che, pertanto, la questione sollevata con ordinanza del 3 novembre 2005 dal Tribunale di Bolzano è manifestamente inammissibile per carente motivazione sulla rilevanza, in relazione al mutamento del quadro normativo intervenuto nel corso del giudizio principale (ordinanze n. 74 del 2006, n. 337 del 2003, n. 200 del 2003);
che nell’ordinanza di rimessione del Giudice di pace di Roma manca del tutto la descrizione della fattispecie oggetto del giudizio principale;
che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, allorché sia carente o manchi la descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo, vi è l’impossibilità di vagliare l’effettiva applicabilità della norma censurata al caso dedotto (ordinanza n. 126 del 2006, n. 123 del 2006, n. 472 del 2005);
che, pertanto, la questione sollevata dal Giudice di pace di Roma, con ordinanza del 5 maggio 2005, deve essere dichiarata manifestamente inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 11, della legge 31 luglio 1997, n. 249 (Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo), sollevate, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Bolzano e, in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 102 della Costituzione, dal Giudice di pace di Roma, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 giugno 2006.
Annibale MARINI, Presidente
Giuseppe TESAURO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2006.