ORDINANZA N. 219
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Annibale MARINI Presidente
- Franco BILE Giudice
- Giovanni Maria FLICK “
- Francesco AMIRANTE “
- Ugo DE SIERVO “
- Romano VACCARELLA “
- Paolo MADDALENA “
- Alfio FINOCCHIARO “
- Alfonso QUARANTA “
- Franco GALLO “
- Luigi MAZZELLA “
- Gaetano SILVESTRI “
- Sabino CASSESE “
- Maria Rita SAULLE “
- Giuseppe TESAURO “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), convertito, con modificazioni, in legge 23 aprile 2002, n. 73, promossi con ordinanze del 22 dicembre, del 17 giugno e del 23 settembre 2004 dalla Commissione tributaria provinciale di Genova, rispettivamente iscritte ai nn. 591, 592 e 593 del registro ordinanze 2005 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima serie speciale, dell’anno 2006.
Udito nella camera di consiglio del 3 maggio 2006 il Giudice relatore Ugo De Siervo.
Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Genova, con tre distinte ordinanze di contenuto pressoché identico, ha sollevato, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 23 aprile 2002, n. 73, il quale punisce l’impiego di lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatorie, con la sanzione amministrativa dal 200% al 400% dell’importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo del lavoro calcolato sulla base dei vigenti contratti collettivi nazionali, per il periodo compreso tra l’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione;
che tutti i giudizi nei quali la questione è stata prospettata hanno ad oggetto l’impugnazione degli avvisi di irrogazione della sanzione emessi dall’Agenzia delle entrate, con i quali era stata inflitta una sanzione amministrativa pecuniaria a talune società per avere impiegato lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria;
che, secondo quanto riferisce il rimettente, la sanzione irrogata era stata calcolata, ai sensi dell’art. 3, comma 3, del d.l. n. 12 del 2002, con riferimento al periodo compreso tra l’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione;
che i ricorrenti nei giudizi a quibus avevano chiesto l’annullamento o la revoca della sanzione in quanto basata sull’erroneo presupposto che i lavoratori fossero alle dipendenze delle società a decorrere dal primo giorno dell’anno;
che l’Agenzia delle entrate, costituitasi in ciascun giudizio, aveva sostenuto che il tenore letterale dell’art. 3, comma 3, del d.l. n. 12 del 2002 era tale da non consentire alcuna interpretazione e che l’impossibilità di rapportare la sanzione a parametri temporali diversi era conforme allo scopo perseguito dalla norma di introdurre una sanzione rigorosa;
che la Commissione tributaria di Genova, pur dando atto che esula dal controllo di legittimità costituzionale la valutazione delle scelte compiute dal legislatore nella determinazione della entità delle sanzioni, tuttavia sostiene che tali scelte dovrebbero, comunque, essere tali da garantirne la proporzionalità;
che, al contrario, la disposizione censurata non farebbe riferimento né alla durata complessiva della condotta, né ad alcun criterio razionale, limitandosi a stabilire un termine finale valido per tutti ed un termine iniziale fissato in modo arbitrario, prescindendo completamente dalla data effettiva di inizio della condotta, così introducendo una sanzione arbitraria ed irrazionale in quanto determinata in modo del tutto casuale;
che l’inderogabilità della previsione concernente la determinazione del dies a quo in relazione al quale calcolare l’importo della sanzione comporterebbe, inoltre, ad avviso del rimettente, l’impossibilità, per entrambe le parti del giudizio, di far valere l’esistenza di un diverso termine iniziale della condotta illecita, in violazione del diritto di difesa.
Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Genova dubita della legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), convertito in legge dall’art. 1 della legge 23 aprile 2002, n. 73, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione;
che, attesa la sostanziale identità delle questioni sollevate, deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi;
che, successivamente alle ordinanze di rimessione, questa Corte, con sentenza n. 144 del 2005, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata «nella parte in cui non ammette la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al primo gennaio dell’anno in cui è stata constatata la violazione», affermando che il meccanismo di determinazione della sanzione, previsto dall’art. 3, comma 3, del d.l. n. 12 del 2002 si risolve in una presunzione assoluta che «determina la lesione del diritto di difesa garantito dall'art. 24 della Costituzione, dal momento che preclude all'interessato ogni possibilità di provare circostanze che attengono alla propria effettiva condotta e che pertanto sono in grado di incidere sulla entità della sanzione che dovrà essergli irrogata»;
che, nella citata pronuncia, la Corte ha altresì affermato che la disposizione censurata determina «la irragionevole equiparazione, ai fini del trattamento sanzionatorio, di situazioni tra loro diseguali, quali quelle che fanno capo a soggetti che utilizzano lavoratori irregolari da momenti diversi e per i quali la constatazione della violazione sia in ipotesi avvenuta nella medesima data»;
che, conseguentemente, deve essere disposta la restituzione degli atti al giudice rimettente, perché valuti la persistente rilevanza della questione di legittimità costituzionale a seguito della pronuncia di questa Corte.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
ordina la restituzione degli atti alla Commissione tributaria provinciale di Genova.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 maggio 2006.
F.to:
Annibale MARINI, Presidente
Ugo DE SIERVO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l’1 giugno 2006.