ORDINANZA N. 157
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 171-ter, comma 1, lettera e), della legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), promosso con ordinanza del 7 ottobre 2004 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro nel procedimento di esecuzione nei confronti di Amedeo Garcea, iscritta al n. 86 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell’anno 2005.
Udito nella camera di consiglio del 22 febbraio 2006 il Giudice relatore Paolo Maddalena.
Ritenuto che con ordinanza emessa il 7 ottobre 2004 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, in funzione di giudice dell’esecuzione penale, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 171-ter, comma 1, lettera e), della legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), nella parte in cui configura come reato la condotta di chi, gestore di esercizio commerciale, in assenza di accordo con il legittimo distributore, perché abilitato alla ricezione in solo ambito familiare, trasmetta un servizio televisivo criptato, ricevuto per mezzo di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni ad accesso condizionato;
che il rimettente premette di essere investito, ai sensi dell’art. 673 del codice di procedura penale, di una richiesta di revoca, per abrogazione della norma incriminatrice, di un decreto penale di condanna – divenuto definitivo per mancata opposizione – emesso per i reati di cui agli artt. 81 cod. pen., 171-ter, comma 1, lettera e), e 171-octies della legge n. 633 del 1941, in un caso di diffusione in pubblico di un incontro di calcio da parte del gestore di un esercizio commerciale, il quale, pur essendo titolare di un abbonamento per uso esclusivamente privato, aveva utilizzato per uso pubblico gli apparati di decodificazione costituiti da un decoder e dalla relativa smart card;
che il giudice a quo – ricostruita l’evoluzione del quadro normativo con riferimento alla protezione penale del diritto d’autore – ricorda che, secondo la giurisprudenza di legittimità, la diffusione a fini commerciali di trasmissioni criptate, in relazione alle quali l’accordo con il gestore sia di tipo domestico, integra il reato di cui all’art. 171-ter, comma 1, lettera e), della legge n. 633 del 1941; sicché la situazione di fatto, cristallizzata nel giudicato, sarebbe riconducibile esclusivamente a quest’ultima previsione, essendo il richiamo, contenuto nel decreto penale di condanna, all’art. 171-octies della legge n. 633 del 1941 (introdotto dall’art. 17 della legge 18 agosto 2000, n. 248) «ridondante e non pertinente»;
che, ciò premesso, il Giudice per le indagini preliminari osserva, in punto di non manifesta infondatezza, che le Sezioni unite penali della Corte di cassazione – esaminando, con la sentenza 20 febbraio 2003, n. 8545, i rapporti tra l’art. 171-octies della legge n. 633 del 1941 e l’art. 4 del decreto legislativo 15 novembre 2000, n. 373 (Attuazione della direttiva 98/84/CE sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato) – hanno statuito che, limitatamente alle condotte tipiche sovrapponibili o sostanzialmente assimilabili elencate nei due testi normativi, coincidendo l’oggetto materiale delle stesse ed essendo l’elemento psicologico previsto dalla fattispecie di cui all’art. 4 del d.lgs. n. 373 del 2000 comprensivo di quello previsto dalla fattispecie di cui all’art. 171-octies della legge n. 633 del 1941, la prima ipotesi, presidiata da semplice sanzione amministrativa, deve ritenersi speciale rispetto alla seconda, penalmente sanzionata, contemplando quali elementi specializzanti il fine di commercio nonché la fornitura a pagamento del servizio ad accesso condizionato, e deve, pertanto, applicarsi in via esclusiva a norma dell’art. 9 della legge 24 novembre 1981, n. 689;
che il rimettente ravvisa «una ingiustificata disparità di trattamento tra chi realizza un fatto di maggior disvalore, punito come illecito amministrativo, e chi realizza un fatto di minor disvalore, autore di un illecito penale e come tale sanzionato»: difatti, «chi versa in situazione di manifesta e totale pirateria elettronica, in quanto fraudolentemente produce, pone in vendita, importa, promuove, installa, modifica, utilizza per uso pubblico e privato apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica che digitale, è punito con sanzione amministrativa pecuniaria»; «chi, invece, munito di regolare contratto e lecito detentore di siffatte apparecchiature, viola il contratto operando una diffusione ad utilizzo improprio, si espone a sanzione più grave, sicché, paradossalmente, un comportamento confinato nella sfera privata del soggetto agente o, comunque, non sorretto da fini di arricchimento personale e concernente servizi erogati senza corrispettivo economico, resta soggetto a sanzione penale».
Considerato che la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, in funzione di giudice dell’esecuzione penale, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, ha ad oggetto l’art. 171-ter, comma 1, lettera e), della legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), nella parte in cui configura come reato la condotta di chi, gestore di esercizio commerciale, in assenza di accordo con il legittimo distributore, perché abilitato alla ricezione in solo ambito familiare, utilizzi per uso pubblico un servizio televisivo criptato, ricevuto per mezzo di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni ad accesso condizionato;
che il giudice rimettente, nel denunciare l’«ingiustificata disparità di trattamento tra chi realizza un fatto di maggior disvalore, punito come illecito amministrativo, e chi realizza un fatto di minor disvalore, autore di un illecito penale e come tale sanzionato», muove da un erroneo presupposto ermeneutico, giacché, pur richiamando l’interpretazione che la Corte di cassazione ha dato dell’art. 171-ter, comma 1, lettera e), della legge n. 633 del 1941, egli poi se ne discosta, ritenendo che la fattispecie di reato da esso prevista sia integrata anche in presenza di «un comportamento confinato nella sfera privata del soggetto agente o, comunque, non sorretto da fini di arricchimento patrimoniale», laddove la norma denunciata richiede che il fatto sia commesso «per uso non personale» e «a fini di lucro»;
che, inoltre, l’ordinanza di rimessione non indica, né lascia chiaramente desumere, la disposizione di legge che configurerebbe come illecito amministrativo la condotta dal giudice a quo ritenuta di maggior disvalore;
che, infatti, l’ordinanza di rinvio si limita genericamente a richiamare, come termine di raffronto, la condotta di «chi versa in situazione di manifesta e totale pirateria elettronica, in quanto fraudolentemente produce, pone in vendita, importa, promuove, installa, modifica, utilizza per uso pubblico e privato apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica che digitale», senza ancorarla ad una precisa disposizione di legge, assunta a tertium comparationis;
che, d’altra parte, occorre considerare, per un verso, che l’art. 171-octies, comma 1, della legge n. 633 del 1941 – dichiarato costituzionalmente illegittimo, con la sentenza n. 426 del 2004 di questa Corte, limitatamente ai fatti commessi fino all’entrata in vigore della legge 7 febbraio 2003, n. 22, nella parte in cui puniva con sanzione penale, anziché con la sanzione amministrativa prevista dall’art. 6 del decreto legislativo 15 novembre 2000, n. 373, l’utilizzazione per uso privato di apparecchi o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale – prevede, per i fatti commessi successivamente all’entrata in vigore della legge n. 22 del 2003, la sanzione penale della reclusione e della multa per “chiunque a fini fraudolenti produce, pone in vendita, importa, promuove, installa, modifica, utilizza per uso pubblico e privato apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale”; e, per l’altro verso, che le fattispecie già sanzionate in via amministrativa in base al combinato disposto degli artt. 4 e 6 del d.lgs. n. 373 del 2000 (i quali, limitatamente alle condotte tipiche sostanzialmente assimilabili o sovrapponibili alle fattispecie penalmente sanzionate dal citato art. 171-octies, contemplavano quali elementi specializzanti il fine di commercio nonché la fornitura a pagamento del servizio ad accesso condizionato) hanno acquistato rilievo penale a seguito dell’art. 1 della citata legge n. 22 del 2003;
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 171-ter, comma 1, lettera e), della legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 aprile 2006.
Franco BILE, Presidente
Paolo MADDALENA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 14 aprile 2006.