SENTENZA N. 137
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Annibale MARINI Presidente
- Franco BILE Giudice
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3, secondo comma, della legge 20 ottobre 1982, n. 773 (Riforma della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei geometri), promosso dal Tribunale di Cuneo, nel procedimento civile vertente tra A. B. e la Cassa italiana di previdenza ed assistenza dei geometri liberi professionisti, con ordinanza del 9 marzo 2004, iscritta al n. 460 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, prima serie speciale – edizione straordinaria, del 3 giugno 2004.
Visto l’atto di costituzione della Cassa italiana di previdenza e assistenza dei geometri liberi professionisti;
udito nell’udienza pubblica del 7 marzo 2006 il Giudice relatore Francesco Amirante;
uditi gli avvocati Maurizio Cinelli e Bruno Sconocchia per la Cassa italiana di previdenza e assistenza dei geometri liberi professionisti.
Ritenuto in fatto
1.— Nel corso di una controversia di natura previdenziale promossa nei confronti della Cassa italiana di previdenza ed assistenza dei geometri liberi professionisti, il Tribunale di Cuneo ha sollevato, in riferimento all’art. 4, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, secondo comma, della legge 20 ottobre 1982, n. 773 (Riforma della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei geometri).
Premette in punto di fatto il giudice a quo che il ricorrente – avendo maturato quarant’anni di iscrizione ed effettiva contribuzione in favore della citata Cassa ed avendo compiuto il sessantesimo anno di età – aveva chiesto la liquidazione della pensione di anzianità dopo essersi cancellato dal relativo albo professionale, mantenendo, peraltro, l’iscrizione all’albo degli architetti. Con provvedimento del 23 aprile 2003 la Cassa gli aveva comunicato che la pensione gli era stata liquidata con decorrenza dal 1° gennaio 2003, ma che l’erogazione del trattamento era sospesa ai sensi dell’art. 3 del regolamento di previdenza della Cassa medesima, stante la situazione di incompatibilità determinata dalla permanente iscrizione nell’albo degli architetti.
Nel giudizio promosso per vedersi riconosciuto il diritto all’effettiva percezione della pensione di anzianità, il ricorrente ha prospettato l’illegittimità costituzionale della disposizione in esame, perché nel sistema previdenziale dei geometri la pensione di anzianità non si converte in pensione di vecchiaia al raggiungimento della relativa età, con la conseguenza che il geometra titolare di detto trattamento vede limitata in via definitiva la sua possibilità di lavorare. La Cassa convenuta ha rilevato, peraltro, che l’incompatibilità tra la pensione di anzianità e l’iscrizione ad un qualsiasi albo professionale è prevista dall’art. 3 del proprio regolamento di previdenza, così come introdotto con la deliberazione n. 18 del 22 dicembre 1997, sicché l’eventuale illegittimità costituzionale della norma impugnata non muterebbe la situazione del ricorrente, stante la piena applicabilità della menzionata norma regolamentare.
Tutto ciò premesso, il Tribunale di Cuneo osserva che – dando per pacifica la natura di ente di diritto privato della Cassa di previdenza in questione, secondo il disposto del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e riconoscendo l’espressa previsione di incompatibilità di cui all’art. 3 del regolamento citato – in effetti è l’art. 3, secondo comma, della legge n. 773 del 1982 a disporre che la pensione di anzianità non possa essere corrisposta al geometra in caso di persistente iscrizione a qualsiasi albo professionale o elenco di lavoratori autonomi o di svolgimento di qualsiasi attività di lavoro dipendente; ciò comporta che il dubbio di legittimità costituzionale su tale norma è rilevante nell’attuale controversia, senza che possa ricondursi alcun effetto alla mancata impugnazione, da parte del ricorrente, della menzionata norma regolamentare, in quanto la declaratoria di illegittimità della disposizione censurata «produrrebbe i suoi effetti sui provvedimenti adottati in conformità alla stessa ed alla successiva disciplina regolamentare, determinandone la conseguente invalidità».
In ordine poi alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo ravvisa un contrasto tra la norma impugnata e l’art. 4, primo comma, Cost., richiamando le precedenti sentenze n. 73 del 1992 e n. 437 del 2002 di questa Corte; mentre, infatti, nel sistema dell’assicurazione generale obbligatoria la pensione di anzianità è equiparata alla pensione di vecchiaia quando il pensionato raggiunge la relativa età, ciò non avviene per i geometri, con la conseguenza che la titolarità di detto trattamento si risolve, a detta del remittente, in «una limitazione eccessivamente gravosa e a tempo indefinito della possibilità di lavoro» di coloro i quali si trovano nella situazione del ricorrente.
2.— Si è costituita in giudizio la Cassa italiana di previdenza ed assistenza a favore dei geometri liberi professionisti, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o comunque infondata.
La Cassa ricapitola i termini in fatto della vicenda, evidenziando di aver deliberato la liquidazione della pensione di anzianità in favore del ricorrente con contestuale sospensione dell’erogazione dei relativi ratei; ciò in forza del già citato art. 3 del regolamento di previdenza della Cassa, nel testo risultante dalla modifica introdotta con deliberazione n. 18 del 22 dicembre 1997.
Ciò premesso, la parte costituita osserva che l’ordinanza di rimessione erroneamente si richiama alla disposizione censurata anziché alla menzionata norma regolamentare; a suo dire, infatti, l’art. 3 della legge n. 773 del 1982 integra una condizione ostativa all’acquisto del diritto a pensione, mentre la norma del regolamento di previdenza della Cassa stabilisce una mera sospensione del trattamento medesimo che lascia inalterata la titolarità del diritto. Da tanto deriverebbe, in primis, l’inammissibilità della prospettata questione per insufficiente e contraddittoria ricostruzione del quadro normativo, in quanto l’ordinanza di rimessione avrebbe omesso di tenere nella dovuta considerazione le discipline regolamentari introdotte dalla Cassa di previdenza a seguito della privatizzazione di cui al d. lgs. n. 509 del 1994; nel caso di specie, infatti, la Cassa afferma di non aver mai invocato, nel giudizio a quo, l’applicabilità della disposizione censurata e di aver anzi provveduto alla liquidazione della pensione, così riconoscendo l’esistenza del diritto. In tal modo essa, richiamandosi all’art. 3, comma 5, del proprio regolamento di previdenza, ha stabilito il diverso e più limitato effetto della inesigibilità della pensione di anzianità, destinato a venir meno al cessare della causa di incompatibilità; un’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale della norma impugnata, pertanto, non farebbe comunque venire meno il provvedimento di sospensione del trattamento di quiescenza disposto dalla Cassa. D’altra parte la potestà regolamentare degli enti privatizzati è stata ribadita da numerose norme – l’ultima delle quali è l’art. 44, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 – ed i regolamenti della Cassa sono stati approvati dal Ministero competente alla vigilanza, secondo quanto disposto dall’art. 3 del d.lgs. n. 509 del 1994.
Passando infine al merito della questione, la parte sostiene che nessuna violazione dell’art. 4 Cost. può farsi derivare dalla disposizione denunciata, poiché questa Corte si è più volte pronunciata nel senso di riconoscere la legittimità costituzionale di numerose norme che stabiliscono l’incompatibilità tra la titolarità di una pensione – in particolare quella di anzianità – e lo svolgimento di un’attività lavorativa. Sono state dichiarate infondate, in particolare, le questioni relative alle norme che prevedono il divieto di cumulo della pensione di anzianità con i redditi di lavoro dipendente, anche con espresso riferimento all’art. 4 della Costituzione (si richiama, in particolare, la sentenza n. 416 del 1999). Da tanto conseguirebbe, comunque, l’infondatezza della questione in oggetto.
Considerato in diritto
1.— Il Tribunale di Cuneo dubita, in riferimento all’art. 4, primo comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 3, secondo comma, della legge 20 ottobre 1982, n. 773 (Riforma della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei geometri), il quale, nel disciplinare la pensione di anzianità, prevede che «la corresponsione della pensione è subordinata alla cancellazione dall’albo dei geometri ed è incompatibile con l’iscrizione a qualsiasi albo professionale o elenco di lavoratori autonomi e con qualsiasi attività di lavoro dipendente».
Secondo il giudice a quo, tale disposizione – inserita in un sistema, quale quello previdenziale dei geometri, in cui non è prevista la trasformazione della pensione di anzianità in pensione di vecchiaia – comporta una limitazione eccessivamente gravosa e a tempo indefinito della possibilità di lavoro del geometra titolare di pensione di anzianità, in contrasto con il precetto di cui all’art. 4 della Costituzione.
2.— In via preliminare, si rileva che non può essere accolta l’eccezione di inammissibilità della questione, prospettata dalla difesa della Cassa sotto il profilo del difetto di rilevanza, in quanto il diritto alla pensione non è stato negato al geometra attore nel giudizio di merito, ma ne è stata soltanto disposta la sospensione sulla base della clausola prevista dal regolamento della Cassa stessa.
Infatti il giudice remittente, cui spetta il giudizio di rilevanza essendone rimesso a questa Corte il controllo sotto il profilo della implausibilità o della contraddittorietà rispetto alle risultanze degli atti, ha osservato che la sospensione stabilita dal regolamento e in concreto imposta è conseguente alla disposizione di legge censurata e destinata a cadere in caso di dichiarazione di illegittimità di quest’ultima.
Siffatta motivazione, conforme a quanto già sostenuto da questa Corte (sentenza n. 437 del 2002) ed all’orientamento giurisprudenziale prevalente, non è implausibile.
3.— Nel merito, la questione è fondata.
Questa Corte è già stata chiamata a scrutinare disposizioni analoghe a quella in esame, concernenti la disciplina della pensione di anzianità di altre categorie professionali, e ne ha dichiarato la illegittimità costituzionale. E, se è vero che in quei casi era stata rilevata la contrarietà delle norme censurate al parametro di cui all’art. 3 Cost., non evocato dall’attuale remittente, è anche vero che ne fu affermata la illegittimità anche per la violazione dell’art. 4, primo comma, Cost., in ragione della compressione del diritto al lavoro, come nel caso in esame (sentenze n. 73 del 1992 e n. 437 del 2002).
La Corte, poiché non rinviene argomenti che possano indurre a discostarsi dall’orientamento espresso con le sentenze citate, ritiene che esso debba essere ribadito.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, secondo comma, della legge 20 ottobre 1982, n. 773 (Riforma della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei geometri).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 aprile 2006.
Annibale MARINI, Presidente
Francesco AMIRANTE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 7 aprile 2006.