SENTENZA N. 132
ANNO 2006
Commento alla decisione di
Paolo Giangaspero
(per gentile concessione del Forum dei Quaderni Costituzionali)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Annibale MARINI Presidente
- Franco BILE Giudice
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso Quaranta "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZAnel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 55 della legge della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol 22 dicembre 2004, n. 7 (Riforma delle autonomie locali), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 28 febbraio 2005, depositato in cancelleria l’8 marzo 2005 ed iscritto al n. 37 del registro ricorsi 2005.
Visto l’atto di costituzione della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol;
udito nell’udienza pubblica del 7 marzo 2006 il Giudice relatore Franco Bile;
uditi l’avvocato dello Stato Gaetano Zotta per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol.
Ritenuto in fatto
1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 28 febbraio 2005, ha impugnato in via principale l’art. 55 della legge della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol 22 dicembre 2004, n. 7 (Riforma delle autonomie locali) per violazione dell’art. 4, primo comma, numero 3, e dell’art. 65 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).
Ad avviso del ricorrente, la norma impugnata – che rinvia alle Province autonome di Trento e Bolzano la disciplina dell’ordinamento del personale dei Comuni e della materia relativa ai dirigenti e segretari comunali, nel rispetto dei principi informatori dalla stessa norma enunciati – violerebbe le citate norme statutarie, che in tali materie non prevedono alcuna competenza legislativa provinciale.
In particolare – riguardo all’ordinamento del personale e dei dirigenti dei Comuni – il ricorrente rileva che l’art. 65 dello statuto ne attribuisce la disciplina alla competenza regolamentare dei Comuni, con l’osservanza dei principi generali dettati con legge regionale, così escludendo ogni competenza delle Province autonome. E – in relazione ai segretari comunali – afferma che l’art. 4, comma primo, numero 3, dello statuto attribuisce esclusivamente alla Regione la competenza in materia di «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni», nella quale rientrerebbe la “materia” dei segretari comunali. Su questa conclusione non inciderebbe l’art. 97 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), secondo il quale i segretari comunali (e provinciali) sono dipendenti di un’Agenzia autonoma con personalità giuridica di diritto pubblico, sottoposta alla vigilanza del Ministero dell’interno: tale disciplina, infatti, non comporterebbe l’estraneità della materia dei segretari comunali all’ordinamento degli enti locali.
2. – La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol si è costituita con memoria, sostenendo l’inammissibilità e comunque l’infondatezza della questione.
Nell’imminenza della pubblica udienza ha poi depositato una memoria illustrativa, nella quale ricorda anzitutto la natura specialissima della Regione autonoma. Essa è infatti costituita dalle due Province autonome, aventi uno status assimilabile a quello delle Regioni a statuto speciale, che si riflette sul rapporto delle Province con la Regione: da un lato, il consiglio regionale è composto dai membri dei consigli delle due Province (art. 25 dello statuto), e, dall’altro, lo scioglimento del consiglio regionale comporta l’elezione di nuovi consigli provinciali. Esiste pertanto, ad avviso della resistente, «una vera e propria compenetrazione tra consigli provinciali e consiglio regionale e di tale situazione occorre tener conto nel momento in cui si valutano le norme che ripartiscono le competenze legislative». Inoltre, nel 1971, la posizione delle Province è stata rafforzata e, benché non sia stata ad esse devoluta la potestà legislativa in materia di ordinamento degli enti locali, l’art. 54, numero 5, dello statuto attribuisce alle Province la «vigilanza e la tutela sulle amministrazioni comunali», oltre alla potestà legislativa in quasi tutte le materie in cui operano gli enti locali.
Secondo la resistente «in questo contesto, in cui consiglio regionale e consigli provinciali hanno la medesima composizione personale, appare costituzionalmente ammissibile che la regione si limiti ad una normazione di principio e affidi lo sviluppo di tale normativa alle province autonome»: non si tratterebbe dell’attribuzione alle Province di una prerogativa costituzionale di “spettanza” del potere legislativo, «ma semplicemente di un compito normativo affidato dalla regione, titolare della relativa potestà statutaria, alle province, che vi provvedono nella forma di legge quale forma usuale della propria normazione».
In realtà la norma impugnata non avrebbe disconosciuto la competenza regionale in materia di ordinamento degli enti locali, ma solo limitato il suo esercizio, relativamente al personale degli enti locali, alla normativa di principio, prevedendo la sua integrazione ad opera della legge provinciale e delle fonti comunali. E l’art. 55, comma 1, garantirebbe il «rispetto dell’autonomia organizzativa dei comuni e così avrebbe fatto salvo i capisaldi dell’art. 65 dello statuto».
Quanto ai dirigenti ed ai segretari comunali lo stesso articolo, nei commi 2, 3 e 4, si preoccuperebbe, poi, di precisare i singoli oggetti che la legge provinciale può disciplinare. Del resto la Regione, conservando l’attribuzione di potestà legislativa statutaria nella materia, ben potrebbe tornare a disciplinarla con propria legge.
Infine, la resistente invoca, a sostegno delle sue tesi, l’art. 105 del decreto legislativo n. 267 del 2000, che, al riguardo, ammette la concorrenza della potestà legislativa regionale e provinciale.
Considerato in diritto
1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato in via principale l’art. 55 della legge della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol 22 dicembre 2004, n. 7 (Riforma delle autonomie locali), il quale, sotto la rubrica «Rinvio alla legge provinciale», dispone, al comma 1, che le Province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano l’ordinamento del personale dei Comuni, nel rispetto dell’autonomia organizzativa dei Comuni stessi e dei principi generali nello stesso comma enunciati; soggiunge, al comma 2, che le Province regolano le funzioni dei dirigenti e dei segretari comunali; e, per questi ultimi, enuncia ai commi 3 e 4 i principi che le Province di Bolzano e di Trento sono, rispettivamente, tenute ad osservare.
Il ricorrente ritiene che le norme impugnate violino l’art. 4, primo comma, numero 3, e l’art. 65 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), i quali non attribuiscono in proposito alle Province autonome alcuna competenza legislativa.
2. – Il ricorso è fondato.
3. – L’art. 4, comma primo, numero 3 del citato statuto (come sostituito dall’art. 6 della legge costituzionale 23 settembre 1993, n. 2) attribuisce alla competenza legislativa esclusiva della Regione l’ordinamento degli enti locali, e quindi anche la disciplina del relativo personale. E il successivo art. 65 prevede che l’ordinamento del “personale comunale” – nel quale rientrano i titolari di funzioni dirigenziali – è regolato dai Comuni stessi, con l’osservanza dei principi generali dettati dalla legge regionale.
Nessuna altra fonte normativa è prevista dallo statuto nella materia in esame.
4. – Alla stessa categoria del «personale comunale», la cui disciplina è devoluta dallo statuto alla potestà legislativa della Regione, devono ascriversi i segretari comunali, che, nel Trentino-Alto Adige, erano stati già dall’art. 21 della legge statale 11 marzo 1972, n. 118 (Provvedimenti a favore delle popolazioni altoatesine) definiti «dipendenti dei comuni», nominati dai consigli comunali.
Su tale conclusione non incide la radicale modifica della disciplina dei segretari comunali e provinciali introdotta dalla legislazione statale sopravvenuta (legge 15 maggio 1997, n. 127, art. 17, commi 67-87, poi sostituita dal testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, art. 97 e seguenti). In particolare, l’art. 105 di tale decreto legislativo ha bensì previsto che «le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano disciplinano la materia […] con propria legislazione», e che, nel frattempo, nel territorio della Regione Trentino-Alto Adige, continua ad applicarsi la citata legge n. 118 del 1972. Ma siffatta clausola di salvaguardia in favore delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano – essendo contenuta in una norma statale con forza di legge ordinaria, come tale inidonea a modificare l’assetto delle competenze legislative previsto da uno statuto regionale approvato con legge costituzionale – deve essere interpretata nel senso del rinvio alla potestà legislativa delle medesime Regioni e Province autonome, quale risulta dai rispettivi statuti.
5. – In presenza di una tale disciplina statutaria, la norma regionale impugnata non si è limitata a fissare – in materia di ordinamento del personale comunale – i principi generali entro cui i Comuni possono esercitare il proprio potere regolamentare; ma ha attribuito alle due Province autonome il compito di disciplinare la materia con proprie leggi, sia pure rispettando, da un lato, l’autonomia organizzativa dei Comuni e, dall’altro, i principi generali enunciati dalla stessa legge regionale. In tal modo la norma impugnata ha sostanzialmente demandato alle Province l’esercizio di una potestà legislativa attribuita dallo statuto alla Regione.
Orbene, in tanto un ente dotato di potere legislativo può conferirne l’esercizio ad un altro ente, in quanto ne sia legittimato da una fonte di rango costituzionale.
Sul punto – mentre la previsione, contenuta nel testo originario dell’art. 117, comma terzo, della Costituzione, secondo cui leggi dello Stato potessero “demandare” alle Regioni a statuto ordinario il potere di emanare norme per la loro attuazione, non è stata riprodotta nella nuova formulazione del Titolo V della Parte II della Costituzione, sopravvenuta nel 2001 – per quanto concerne, invece, le Regioni a statuto speciale l’art. 116 della Costituzione, sia nel vecchio che nel nuovo testo, prevede l’attribuzione di «forme e condizioni particolari di autonomia», secondo statuti adottati con legge costituzionale. Nella Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol la particolare autonomia garantita dallo statuto è strutturata come un sistema chiuso, nel quale il medesimo statuto costituisce l’unica fonte della potestà legislativa tanto della Regione (artt. 4-7) quanto delle Province (artt. 8-10), salva allo Stato la facoltà di attribuire con legge alla Regione e alle Province la potestà di emanare norme legislative per servizi relativi a materie estranee alle rispettive competenze statutarie (art. 17). Al di là di queste attribuzioni non sono configurabili ulteriori potestà legislative regionali o provinciali. E l’assenza di una previsione statutaria al riguardo esclude che uno degli enti dell’ordinamento regionale aventi potestà legislativa possa delegarne l’esercizio ad altri enti.
6. – La resistente fa discendere tale possibilità dai peculiari caratteri dell’ordinamento del Trentino-Alto Adige/Südtirol, in particolare dall’attribuzione alla Regione di limitate competenze legislative, dalla composizione del consiglio regionale (in cui confluiscono i membri dei due consigli provinciali), e dalla regola per cui lo scioglimento del primo comporta quello dei secondi. Ma non spiega per quali ragioni da siffatte particolarità debba necessariamente discendere il potere della Regione di delegare alle Province potestà legislative in materie di competenza regionale.
Si può pertanto prescindere dal rilievo per cui lo statuto, attraverso la ricordata struttura del consiglio regionale, intende garantire che l’esercizio delle funzioni legislative regionali avvenga entro un quadro di raccordo fra le diverse esigenze espresse dalle rappresentanze provinciali. Questa finalità sarebbe all’evidenza contraddetta ove quelle funzioni fossero delegate a ciascuno dei due consigli provinciali.
7. – Conclusivamente, l’art. 55 della legge della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol 22 dicembre 2004, n. 7, ha violato l’assetto delle competenze legislative della Regione e delle Province autonome delineato dallo statuto. Il ricorso deve pertanto essere accolto, con la conseguente dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma impugnata.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 55 della legge della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol 22 dicembre 2004, n. 7 (Riforma delle autonomie locali).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 marzo 2006.
Annibale MARINI, Presidente
Franco BILE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 31 marzo 2006.