Ordinanza n. 93 del 2006

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ORDINANZA N. 93

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                      BILE                          Presidente

- Giovanni Maria        FLICK                       Giudice     

- Francesco                 AMIRANTE                     “

- Ugo                          DE SIERVO                     “

- Romano                    VACCARELLA               “

- Paolo                        MADDALENA                “

- Alfio                         FINOCCHIARO              “

- Franco                      GALLO                            “

- Gaetano                    SILVESTRI                      “

- Sabino                      CASSESE                         “

- Maria Rita                SAULLE                           “

- Giuseppe                  TESAURO                        “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), convertito in legge dalla legge 23 aprile 2002, n. 73 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12, recante disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all'estero e di lavoro irregolare), promossi con ordinanze del 16, del 21 dicembre 2004 e del 27 gennaio 2005 (n. 2 ordinanze) dalla Commissione tributaria provinciale di Como, del 4 marzo 2005 dalla Commissione tributaria provinciale di Bergamo e del 1° marzo 2005 dalla Commissione tributaria provinciale di Pesaro, rispettivamente iscritte ai nn. da 323 a 326, 328 e 340 del registro ordinanze 2005 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 26, 27 e 28, prima serie speciale, dell’anno 2005.

            Visti l’atto di costituzione di Lozza Attilio nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

            udito nella camera di consiglio dell’8 febbraio 2006 il Giudice relatore Ugo De Siervo.

Ritenuto che, con quattro ordinanze di contenuto sostanzialmente analogo, la Commissione tributaria provinciale di Como ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), convertito in legge dall’art. 1 della legge 23 aprile 2002, n. 73 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12, recante disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all'estero e di lavoro irregolare), in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione;

che il rimettente premette di essere chiamato a decidere i ricorsi proposti dai destinatari degli avvisi di irrogazione della sanzione amministrativa prevista dal citato art. 3, comma 3, emessi dalla Agenzia delle entrate in relazione all’impiego, presso talune aziende, di lavoratori dipendenti non risultanti da scritture o documentazioni obbligatorie;

che la disposizione censurata prevede l’applicazione della sanzione amministrativa dal 200 al 400 per cento dell’importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo del lavoro calcolato sulla base dei vigenti contratti collettivi nazionali, per il periodo compreso tra l’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione;

che, ad avviso del giudice a quo, l’art. 3 del decreto-legge n. 12 del 2002 equiparerebbe in modo irragionevole situazioni diverse tra loro, facendo dipendere l’entità della sanzione dalla data di accertamento della violazione e non dalla gravità della condotta e, pertanto, violerebbe l’art. 3 Cost. consentendo l’irrogazione della sanzione in misura molto diversa anche in presenza di condotte di pari gravità;

che la disposizione censurata, inoltre, contrasterebbe con l’art. 24 Cost., dal momento che stabilirebbe «una presunzione assoluta ed invincibile in merito alla durata del rapporto di lavoro irregolare accertato», in quanto la misura della sanzione sarebbe calcolata con riguardo al periodo intercorrente tra «l’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione» e all’interessato sarebbe impedito di dimostrare la diversa durata del rapporto di lavoro irregolare;

che il rimettente ritiene le questioni prospettate rilevanti nei giudizi a quibus, dal momento che l’inizio del rapporto di lavoro irregolare, in tutte le fattispecie al suo esame, sarebbe di poco anteriore alla data di accertamento della violazione, o addirittura coincidente con essa;

che in tutti i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, la quale sostiene che l’art. 3 del decreto-legge n. 12 del 2002 si inserirebbe nel quadro delle misure introdotte dalla legge 18 ottobre 2001, n. 383 (Primi interventi per il rilancio dell’economia) per favorire l’emersione del lavoro irregolare, un fenomeno di notevole gravità che turba lo svolgimento della libera concorrenza tra imprese e la libera iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost., incidendo in modo pregiudizievole sui diritti individuali costituzionalmente garantiti dagli artt. 35 e 36 Cost.;

che la modalità di computo della sanzione di cui alla disposizione censurata avrebbe lo scopo di garantire l’effettività della sua irrogazione ed evitare «un complesso e defatigante contenzioso» per individuare l’esatta durata del rapporto lavorativo;

che essa non sarebbe palesemente irrazionale, in quanto libererebbe l’amministrazione finanziaria dall’onere di provare l’effettiva durata del rapporto e la prevista possibilità di graduare la sanzione tra il 200 e il 400 per cento consentirebbe di adeguarla alle eventuali risultanze probatorie;

che, conclusivamente, l’Avvocatura dà atto che questa Corte, con la sentenza n. 144 del 2005, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 12 del 2002 nella parte in cui non ammette la possibilità di provare che il rapporto di lavoro ha avuto inizio successivamente al primo gennaio dell’anno in cui è stata constatata la violazione;

che anche la Commissione tributaria provinciale di Bergamo ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 12 del 2002, in relazione all’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui stabilisce che la sanzione amministrativa per l’utilizzo di lavoratori irregolari è determinata nella misura dal 200 al 400 per cento dell’importo del costo del lavoro, per il periodo compreso tra l’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione;

che il rimettente – chiamato a decidere in ordine ad un ricorso proposto avverso l’avviso di irrogazione della sanzione di cui alla norma censurata emesso dall’Agenzia delle entrate di Bergamo, per l’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie – ritiene che la disposizione censurata contrasterebbe con il principio di ragionevolezza, dal momento che, nel determinare le modalità di quantificazione della sanzione, non farebbe riferimento alla gravità della violazione, ma prevederebbe un meccanismo automatico di computo riferito unicamente al momento dell’accertamento della violazione;

che, ad avviso della Commissione tributaria, la rilevanza della questione nel giudizio sarebbe palese, in quanto la dichiarazione di incostituzionalità «comporterebbe l’inapplicabilità della sanzione e quindi il ricorso dovrebbe essere accolto»;

che si è costituita nel giudizio davanti a questa Corte la parte privata, ricorrente nel giudizio a quo, la quale dichiara di essere a conoscenza della sentenza n. 144 del 2005 con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 12 del 2002 e, tuttavia, afferma di «insistere sulla questione della ragionevolezza in ordine alla quantificazione della sanzione» determinata dalla norma censurata;

che la Commissione tributaria provinciale di Pesaro, con ordinanza del 1° marzo 2005, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3 del decreto-legge n. 12 del 2002, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione;

che il rimettente premette di essere chiamato a decidere su un ricorso proposto avverso l’avviso di accertamento emesso – ai sensi dell’art. 3 citato – dall’Agenzia delle entrate di Urbino a seguito dell’accertamento dell’impiego di tre lavoratori dipendenti non iscritti nelle scritture contabili obbligatorie;

che la Commissione tributaria ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale prospettata dal contribuente, sostenendo che l’art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 12 del 2002, nella parte in cui determina le modalità di quantificazione della sanzione per l’utilizzo di lavoro irregolare, contrasterebbe con il principio di uguaglianza;

che, infatti, tale disposizione creerebbe una evidente disparità di trattamento tra datori di lavoro che si avvalgono di lavoratori irregolari per lo stesso periodo di tempo, a seconda che l’accertamento della violazione avvenga all’inizio ovvero alla fine dell’anno;

che, in tal modo, la sanzione non sarebbe commisurata alla effettiva durata del comportamento antigiuridico e dunque alla gravità del fatto, ma sarebbe rimessa ad un fatto discrezionale dell’organo ispettivo, in violazione del principio di proporzionalità della pena rispetto alla entità della violazione commessa;

che l’art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 12 del 2002 violerebbe, inoltre, l’art. 24 Cost., in quanto porrebbe una presunzione assoluta in ordine al momento di inizio del rapporto irregolare, escludendo ogni possibilità, per l’interessato, di provare il contrario;

che, ad avviso del rimettente, la questione sarebbe rilevante dal momento che all’accertamento della violazione, avvenuta il 23 ottobre 2000, sarebbe conseguita l’applicazione della sanzione «a far tempo da ben dieci mesi prima»;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, la quale ha chiesto che la questione venga dichiarata inammissibile dal momento che essa sarebbe già stata accolta da questa Corte con la sentenza n. 144 del 2005.

Considerato che tutti i rimettenti dubitano della legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), convertito in legge dall’art. 1 della legge 23 aprile 2002, n. 73, in relazione all’art. 3 della Costituzione;

che le Commissioni tributarie provinciali di Como e di Pesaro censurano la medesima disposizione anche in relazione all’art. 24 Cost.;

che, successivamente alle ordinanze di rimessione, questa Corte, con sentenza n. 144 del 2005, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata «nella parte in cui non ammette la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al primo gennaio dell’anno in cui è stata constatata la violazione», affermando che il meccanismo di determinazione della sanzione, previsto dall’art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 12 del 2002 si risolve in una presunzione assoluta che «determina la lesione del diritto di difesa garantito dall'art. 24 della Costituzione, dal momento che preclude all'interessato ogni possibilità di provare circostanze che attengono alla propria effettiva condotta e che pertanto sono in grado di incidere sulla entità della sanzione che dovrà essergli irrogata»;

che questa Corte, nella citata pronuncia, ha altresì affermato che la disposizione censurata determina «la irragionevole equiparazione, ai fini del trattamento sanzionatorio, di situazioni tra loro diseguali, quali quelle che fanno capo a soggetti che utilizzano lavoratori irregolari da momenti diversi e per i quali la constatazione della violazione sia in ipotesi avvenuta nella medesima data»;

che, conseguentemente, deve essere disposta la restituzione degli atti ai giudici rimettenti, affinché valutino, a seguito della citata pronuncia di questa Corte, la persistente rilevanza nei rispettivi giudizi delle questioni di legittimità costituzionale sollevate.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

ordina la restituzione degli atti alla Commissione tributaria provinciale di Como, alla Commissione tributaria provinciale di Bergamo e alla Commissione tributaria provinciale di Pesaro.

            Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 marzo 2006.

Franco BILE, Presidente

Ugo DE SIERVO, Redattore

Depositata in Cancelleria il 10 marzo 2006.