SENTENZA N. 84
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Franco GALLO "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, lett. n) della legge della Regione Abruzzo 30 dicembre 2004, n. 51 (Disposizioni in materia di ineleggibilità, incompatibilità e decadenza dalla carica di consigliere regionale), promosso, nel procedimento civile vertente tra D'Ambrosio Giorgio e la Regione Abruzzo, dal Tribunale di Pescara con ordinanza del 1° marzo 2005, iscritta al n. 330 del registro ordinanze del 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell'anno 2005.
Udito nella camera di consiglio dell'8 febbraio 2006 il Giudice relatore Sabino Cassese.
Ritenuto in fatto
1.- Il Tribunale di Pescara ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera n), della legge della Regione Abruzzo 30 dicembre 2004, n. 51 (Disposizioni in materia di ineleggibilità, incompatibilità e decadenza dalla carica di consigliere regionale), per contrasto con gli artt. 3 e 51 della Costituzione.
Il giudizio era stato instaurato dal sindaco di un comune della regione con popolazione superiore a cinquemila abitanti, mediante ricorso in via d'urgenza ai sensi dell'art. 700 cod. proc. civ., al fine di ottenere il riconoscimento del suo diritto di candidarsi nelle elezioni del Consiglio regionale dell'Abruzzo (fissate per il 3-4 aprile 2005), così da poter soddisfare la sua “intenzione” di presentarsi nella circoscrizione di Pescara; diritto a lui negato dall'art. 2, comma 1, lettera n), della legge regionale n. 51 del 2004, che sancisce l'ineleggibilità alla carica di consigliere regionale dei sindaci dei comuni della regione aventi una popolazione superiore a cinquemila abitanti. Rigettato il ricorso dal giudice designato, che respingeva anche l'eccezione di incostituzionalità sollevata dal ricorrente in ordine alla stessa disposizione, l'interessato proponeva reclamo al collegio ai sensi dell'art. 669-terdecies cod. proc. civ. Il Tribunale, ritenuto che la decisione richiesta non potesse prescindere dall'applicazione della disposizione in esame, sulla quale il reclamante aveva riproposto l'eccezione di incostituzionalità, revocava il provvedimento del giudice designato e adiva la Corte costituzionale.
2.- Sul piano della ricostruzione normativa, osserva il Tribunale che, da una parte, la legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione), ha fissato come “principio fondamentale” della legislazione regionale quello per cui la previsione di cause di ineleggibilità è ammessa «qualora le attività o le funzioni svolte dal candidato, anche in relazione a peculiari situazioni delle regioni, possano turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione di voto degli elettori ovvero possano violare la parità di accesso alle cariche elettive rispetto agli altri candidati» (art. 2, comma 1, lettera a); dall'altra parte, e in attuazione di tale principio, l'art. 2, comma 1, lettera n), della legge regionale dell'Abruzzo n. 51 del 2004 ha stabilito – fra l'altro – che «[n]on sono eleggibili a presidente della giunta e a consigliere regionale ... i sindaci dei comuni della regione con popolazione superiore a cinquemila abitanti, nonché i presidenti e gli assessori delle province».
Quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente rileva, in via preliminare, che, nell'individuare le attività e le funzioni suscettibili di “turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione di voto degli elettori” o di “violare la parità di accesso alle cariche elettive rispetto agli altri candidati”, il legislatore regionale è autorizzato a considerare sia “categorie generali” di soggetti, sia “situazioni specifiche connesse a particolari situazioni locali”; e che nella prima ipotesi rientra l'ineleggibilità prevista dall'art. 2, comma 1, lettera n), della legge regionale dell'Abruzzo n. 51 del 2004 per i sindaci dei comuni della regione con popolazione superiore a cinquemila abitanti. Egli aggiunge che la figura del sindaco, come delineata dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), è individualmente investita di importanti poteri pubblici e di rilevanti funzioni di amministrazione attiva; cosicché – stante che il territorio della Regione è ripartito in circoscrizioni elettorali corrispondenti al territorio di ciascuna provincia (legge della Regione Abruzzo 9 marzo 2002, n. 1, integrata per altri profili dalla legge regionale 13 dicembre 2004, n. 42) – “non sembra irragionevole” che il legislatore regionale abbia ravvisato una causa di ineleggibilità nell'essere sindaci di comuni con popolazione superiore a cinquemila abitanti. Del resto, un'analoga causa di ineleggibilità (relativamente ai sindaci dei comuni con popolazione superiore a ventimila abitanti) è posta, per l'intero territorio nazionale, dalla disciplina statale sulle elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; talché, «se il legislatore nazionale ha ritenuto di dover fissare questa causa di ineleggibilità quale parametro generale per elezioni su base regionale (o comunque, per le elezioni alla Camera in regioni diverse dall'Abruzzo, in ambito ultra-provinciale), appare non irragionevole ed in linea con detto criterio la scelta del legislatore abruzzese di rendere non eleggibili i sindaci di comuni con oltre cinquemila abitanti per elezioni, quali quelle dei consigli regionali, che si svolgono su base provinciale».
Senonché, l'ineleggibilità stabilita dalla legge regionale produce i suoi effetti non solo per il territorio della provincia in cui il sindaco e gli altri soggetti indicati dalla stessa legge (i presidenti e gli assessori delle province) esercitano il proprio mandato, ma anche per il resto del territorio regionale, e ciò non appare, ad avviso del rimettente, altrettanto giustificato e ragionevole, poiché, nelle circoscrizioni diverse dalla provincia nella quale i sindaci e gli altri soggetti esercitano il loro mandato, essi non potrebbero valersi dei poteri connessi alla loro carica, non essendo in grado di alterare la par condicio fra i concorrenti mediante forme di captatio benevolentiae o di metus publicae potestatis nei confronti degli elettori e, quindi, di influire indebitamente sulla competizione elettorale; donde l'asserita violazione dell'art. 51, primo comma, della Costituzione.
Sotto un diverso profilo, il rimettente sospetta che la disposizione della legge regionale vìoli il principio di uguaglianza. Ciò sarebbe dovuto non alla mancata previsione (viceversa presente in altri ordinamenti regionali) di una mera causa di incompatibilità fra la carica di sindaco e quella di consigliere regionale, e neppure alla disparità di trattamento fra i consiglieri regionali e i sindaci dei comuni con popolazione superiore a cinquemila abitanti, eleggibili i primi e ineleggibili i secondi (al riguardo, il Tribunale richiama, per analogia di situazioni, la sentenza n. 344 del 1993, che ritenne l'ineleggibilità a deputati dei consiglieri regionali «una conseguenza irragionevolmente sproporzionata rispetto alla natura dei poteri che ciascun consigliere regionale può esercitare al fine della captatio benevolentiae degli elettori»). Sarebbe dovuto, invece, alla circostanza che la legge regionale non pone i sindaci, oltre che i presidenti e gli assessori delle province, sullo stesso piano del presidente e dei componenti della giunta regionale in carica. Secondo il rimettente, infatti, «non pare revocabile in dubbio che tutti i componenti della giunta si trovano in posizione quantomeno equivalente ed omogenea a quella degli altri per i quali la norma prevede l'ineleggibilità. Né può affermarsi che essi, operando su base regionale, non potrebbero turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione di voto degli elettori, atteso che, secondo le ripetute affermazioni della stessa Corte costituzionale, sono individualmente investiti di importanti poteri politici e di rilevanti funzioni di amministrazione attiva, posizione che implica un rapporto diretto e non mediato con i potenziali elettori e relativi gruppi esponenziali».
Considerato in diritto
1.- Il Tribunale di Pescara ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera n), della legge della Regione Abruzzo 30 dicembre 2004, n. 51 (Disposizioni in materia di ineleggibilità, incompatibilità e decadenza dalla carica di consigliere regionale), a norma del quale «[n]on sono eleggibili a presidente della giunta e a consigliere regionale ... i sindaci dei comuni della regione con popolazione superiore a cinquemila abitanti, nonché i presidenti e gli assessori delle province».
2.- I “principi fondamentali” in materia di ineleggibilità e incompatibilità dei consiglieri regionali, rimessi alla legge dello Stato dall'art. 122, primo comma, Cost., sono stati stabiliti dalla legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione). In particolare, questa ha autorizzato l'introduzione di cause di ineleggibilità ad opera della legislazione regionale nelle ipotesi in cui «le attività o le funzioni svolte dal candidato, anche in relazione a peculiari situazioni delle regioni, possano turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione di voto degli elettori ovvero possano violare la parità di accesso alle cariche elettive rispetto agli altri candidati» (art. 2, comma 1, lett. a).
In attuazione di tali principi, la legge della Regione Abruzzo n. 51 del 2004 ha previsto che i sindaci dei comuni della regione aventi popolazione superiore a cinquemila abitanti, nonché i presidenti e gli assessori delle province, siano ineleggibili in tutte le circoscrizioni elettorali regionali, ognuna corrispondente – secondo la legge elettorale regionale (9 marzo 2002, n. 1, integrata per altri profili dalla legge della Regione Abruzzo 13 dicembre 2004, n. 42) – al territorio di ciascuna provincia, con ciò introducendo una limitazione del diritto di elettorato passivo fondata sull'interesse, come valutato dal legislatore regionale, ad impedire che la carica di sindaco costituisca strumento di maggior favore rispetto agli altri candidati per l'accesso alla carica di consigliere regionale.
3.- In presenza di questo quadro normativo, il Tribunale di Pescara ritiene che l'art. 2, comma 1, lettera n), della legge regionale dell'Abruzzo n. 51 del 2004 violi gli artt. 3 e 51 della Costituzione, in quanto la disposizione denunciata stabilisce che l'ineleggibilità a consigliere regionale dei sindaci di comuni con popolazione superiore a cinquemila abitanti, nonché dei presidenti e degli assessori delle province, produce i suoi effetti non solo nell'ambito del territorio provinciale (corrispondente alla circoscrizione elettorale per le elezioni del Consiglio regionale dell'Abruzzo) in cui tali soggetti esercitano il loro mandato, ma nell'intero territorio regionale. Ciò comporta, secondo il Tribunale, che l'ineleggibilità si estenda ben oltre i limiti entro i quali essa è giustificata dall'esigenza di impedire che i candidati possano impiegare i poteri connessi alla carica per orientare a loro favore la volontà degli elettori, alterando l'essenziale condizione di pari opportunità (par condicio) fra i concorrenti all'elezione. E l'estensione dell'ineleggibilità all'intero territorio regionale sarebbe tanto più irrazionale in quanto il legislatore della Regione Abruzzo ha considerato, invece, senz'altro eleggibili il presidente e i componenti in carica della giunta regionale, malgrado questi ultimi siano astrattamente in grado, ben più dei sindaci, nonché dei presidenti e degli assessori delle province, di influire indebitamente sulla competizione elettorale, esercitando i poteri connessi alla loro carica.
4.- La questione è inammissibile.
4.1.- Per la parte relativa alla disposizione che prevede l'ineleggibilità dei presidenti e degli assessori delle province, lo è per difetto di rilevanza.
Il giudizio principale ha, infatti, ad oggetto il diritto del sindaco di un comune con popolazione superiore a cinquemila abitanti, e non anche del presidente o degli assessori delle province, a candidarsi nelle elezioni regionali.
4.2.- Per la parte relativa alla disposizione che prevede l'ineleggibilità dei sindaci dei comuni della regione con popolazione superiore a cinquemila abitanti, è inammissibile per carenza di incidentalità.
Il giudizio principale è stato instaurato dal sindaco di un comune con popolazione superiore a cinquemila abitanti, al fine di ottenere il riconoscimento del suo diritto di candidarsi nelle elezioni del Consiglio regionale dell'Abruzzo (fissate per il 3-4 aprile 2005), così da poter soddisfare la sua “intenzione” di presentarsi nella circoscrizione di Pescara; diritto a lui negato, ad avviso del rimettente, dall'art. 2, comma 1, lettera n), della legge regionale n. 51 del 2004, che sancisce l'ineleggibilità alla carica di consigliere regionale dei sindaci dei comuni della regione aventi una popolazione superiore a cinquemila abitanti.
Il Tribunale, qualificata la domanda del sindaco come volta ad ottenere l'accertamento del suo diritto a candidarsi sull'intero territorio regionale (atteso che egli aveva espresso solo l'“intenzione” di candidarsi nella stessa provincia sede del suo comune), non dubita che sia conforme alla Costituzione la limitazione del diritto di elettorato passivo nella circoscrizione in cui ciascun sindaco svolge il proprio mandato. Quindi, chiede alla Corte di dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera n), della legge regionale dell'Abruzzo n. 51 del 2004, in base alle ragioni suesposte, nella parte in cui sancisce l'ulteriore limitazione per cui i sindaci dei comuni abruzzesi con popolazione superiore a cinquemila abitanti sono ineleggibili anche nelle circoscrizioni elettorali diverse da quella cui appartiene ciascun comune.
Così posta, la questione di legittimità costituzionale investe direttamente la norma assunta come lesiva del diritto di elettorato passivo; diritto, nella specie, non esercitato, né contestato, atteso che il procedimento elettorale non risultava neppure avviato all'epoca della domanda di accertamento preventivo.
In tal modo, l'oggetto del giudizio principale coincide sostanzialmente con quello del presente giudizio e non sussiste il carattere di incidentalità della questione. Quest'ultimo presuppone che il petitum del giudizio, nel corso del quale viene sollevata la questione, non si identifichi con l'oggetto della questione stessa (ordinanza n. 175 del 2003; sentenze n. 17 del 1999 e n. 127 del 1998).
5.- La Corte è consapevole che la vigente normativa consente di rilevare l'esistenza di cause di ineleggibilità – nonostante che queste siano intese a garantire la pari opportunità fra i concorrenti – soltanto dopo lo svolgimento delle elezioni; con la conseguenza che un procedimento giurisdizionale può sorgere, e in esso essere proposta la questione incidentale di legittimità costituzionale, non prima che i consigli regionali abbiano esercitato la loro “competenza a decidere sulle cause di ineleggibilità dei propri componenti” (art. 2, comma 1, lett. d), della legge n. 165 del 2004). Si tratta di una normativa evidentemente incongrua: non assicura la genuinità della competizione elettorale, nel caso in cui l'ineleggibilità sia successivamente accertata; induce il cittadino a candidarsi violando la norma che, in asserito contrasto con la Costituzione, ne preveda l'ineleggibilità; non consente che le cause di ineleggibilità emergano, come quelle di incandidabilità, in sede di presentazione delle liste agli uffici elettorali. Tuttavia, la Corte non può che dichiarare inammissibile una questione sollevata in un giudizio il cui unico scopo si risolve nell'impugnare direttamente la norma di legge sospettata di illegittimità costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera n), della legge della Regione Abruzzo 30 dicembre 2004, n. 51 (Disposizioni in materia di ineleggibilità, incompatibilità e decadenza dalla carica di consigliere regionale), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 51 della Costituzione, dal Tribunale di Pescara con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 2006.
Franco BILE, Presidente
Sabino CASSESE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 3 marzo 2006.