ORDINANZA N. 36
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Annibale MARINI Presidente
- Franco BILE Giudice
- Giovanni Maria FLICK “
- Francesco AMIRANTE “
- Ugo DE SIERVO “
- Romano VACCARELLA “
- Paolo MADDALENA “
- Alfio FINOCCHIARO “
- Alfonso QUARANTA “
- Franco GALLO “
- Luigi MAZZELLA “
- Gaetano SILVESTRI “
- Sabino CASSESE “
- Maria Rita SAULLE “
- Giuseppe TESAURO “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), convertito con modificazioni in legge 23 aprile 2002 n. 73 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, recante disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), promossi con ordinanze del 28 agosto 2004 (n. 4 ordinanze) dalla Commissione tributaria provinciale di Avellino, del 7 febbraio 2005 dalla Commissione tributaria provinciale di Torino, rispettivamente iscritte ai nn. da 276 a 279 e 294 del registro ordinanze 2005 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 21 e 23, prima serie speciale, dell’anno 2005.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 16 novembre 2005 il Giudice relatore Ugo De Siervo.
Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Avellino, con quattro ordinanze di contenuto sostanzialmente analogo, tutte in data 28 agosto 2004, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, della legge 23 aprile 2002, n. 73 (recte: dell’art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, recante «Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare», convertito in legge dall’art. 1 della legge 23 aprile 2002, n. 73), per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost.;
che, riferisce il rimettente, i giudizi a quibus hanno ad oggetto il ricorso proposto da taluni datori di lavoro avverso la sanzione irrogata nei loro confronti dalla Agenzia delle entrate ai sensi dell’art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 12 del 2002, in relazione all’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie, riscontrato a seguito di verifiche effettuate dalla Guardia di finanza;
che la Commissione tributaria provinciale ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3 del decreto-legge citato, dal momento che tale disposizione, nel determinare le modalità di quantificazione della sanzione per l’impiego di lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, violerebbe il principio di uguaglianza, di cui all’art. 3 della Costituzione;
che, infatti, nel rapportare l’entità della sanzione al periodo compreso tra l’inizio dell’anno e la data della contestazione, la disposizione censurata penalizzerebbe ingiustificatamente coloro nei cui confronti la contestazione sia effettuata nella parte finale dell’anno rispetto a coloro che abbiano ricevuto tale contestazione nei primi mesi dell’anno, indipendentemente dalla durata effettiva del rapporto di lavoro;
che detta disposizione contrasterebbe, inoltre, con l’art. 24 Cost., in quanto non consentirebbe al soggetto sanzionato di difendersi né in sede di verifica, né in sede contenziosa, facendo valere la durata effettiva del rapporto di lavoro sulla quale quantificare la sanzione;
che anche la Commissione tributaria provinciale di Torino, con ordinanza in data 22 marzo 2005, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, della legge n. 73 del 2002 (recte: dell’art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 12 del 2002, convertito nella legge n. 73 del 2002), in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.;
che il rimettente, chiamato a decidere su un ricorso avverso l’atto con cui l’Agenzia delle entrate di Torino aveva irrogato la sanzione prevista dall’art. 3 citato a seguito della verifica, da parte di ispettori dell’INPS, dell’impiego di lavoratori irregolari da parte della società ricorrente, ritiene che la disposizione in parola contrasti innanzitutto con il principio di uguaglianza, dal momento che, nel determinare l’entità della sanzione a decorrere dall’inizio dell’anno in cui avviene la verifica della irregolare assunzione dei lavoratori dipendenti, e nell’individuare quale termine finale di computo del periodo oggetto della sanzione la data della constatazione della violazione, tratterebbe in modo uguale situazioni tra loro diverse ed in modo diseguale situazioni tra loro uguali;
che, inoltre, tale criterio di computo sarebbe irrazionale, se non addirittura arbitrario, in quanto farebbe riferimento ad elementi del tutto casuali e comunque non connessi alla condotta del trasgressore, bensì alle scelte di programmazione delle verifiche degli enti di vigilanza;
che la norma censurata, infine, contrasterebbe con il diritto di difesa, in quanto porrebbe una presunzione assoluta di durata del rapporto di lavoro irregolare, non consentendo al soggetto sanzionato di provare che tale rapporto abbia avuto inizio in una data diversa da quella del 1° gennaio prevista dalla legge.
Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Avellino e la Commissione tributaria provinciale di Torino hanno entrambe sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), convertito in legge dall’art. 1 della legge 23 aprile 2002, n. 73, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. e che, pertanto, i relativi giudizi devono essere riuniti;
che, successivamente alle ordinanze di rimessione, questa Corte, con sentenza n. 144 del 2005, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata «nella parte in cui non ammette la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al primo gennaio dell’anno in cui è stata constatata la violazione», affermando che «il meccanismo di tipo presuntivo previsto dalla norma censurata, con finalità di ulteriore inasprimento della sanzione, determina la lesione del diritto di difesa, in quanto preclude all’interessato ogni possibilità di provare circostanze che attengono alla propria effettiva condotta, idonee ad incidere sulla entità della sanzione che dovrà subire, determinando, altresì, la irragionevole equiparazione, ai fini dell’applicazione della sanzione, di situazioni tra loro diseguali, con riferimento a soggetti che utilizzano i lavoratori irregolari da momenti diversi e per i quali la constatazione della violazione sia, in ipotesi, avvenuta nella medesima data»;
che, conseguentemente, deve essere disposta la restituzione degli atti ai giudici rimettenti, perché valutino la persistente rilevanza nei rispettivi giudizi della predetta questione di legittimità costituzionale a seguito della pronuncia di questa Corte.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
ordina la restituzione degli atti alla Commissione tributaria provinciale di Avellino e alla Commissione tributaria provinciale di Torino.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 gennaio 2006.
F.to:
Annibale MARINI, Presidente
Ugo DE SIERVO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l’1 febbraio 2006.