ORDINANZA N. 474
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Annibale MARINI Presidente
- Franco BILE Giudice
- Giovanni Maria FLICK ”
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Romano VACCARELLA ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 3, commi 2 e 3, e 5, comma 2, della legge della Regione Piemonte del 3 agosto 2004 n. 20 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 18 marzo 1992, n. 16 “Diritto allo studio universitario”, modificata dalla legge regionale 7 dicembre 2000, n. 58) promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 4 ottobre 2004, depositato in cancelleria il 12 ottobre 2004 ed iscritto al n. 98 del registro dei ricorsi 2004.Visto l’atto di costituzione della Regione Piemonte;
udito nell’udienza pubblica del 29 novembre 2005 il Giudice Gaetano Silvestri;
udito l’avvocato dello Stato Gaetano Zotta per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che, con ricorso notificato il 4 ottobre 2004 e depositato il successivo 12 ottobre, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, ha proposto questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 2 e 3, e dell’art. 5, comma 2, della legge della Regione Piemonte 3 agosto 2004, n. 20 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 18 marzo 1992, n. 16 “Diritto allo studio universitario”, modificata dalla legge regionale 7 dicembre 2000, n. 58), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere m) e n), e terzo comma, Cost.;
che il ricorrente, nell’epigrafe e nelle conclusioni del ricorso, erroneamente indica, come norme impugnate, l’art. 3, commi 2 e 3, e l’art. 5, comma 2, della legge reg. del Piemonte n. 20 del 2004;
che, in realtà, gli artt. 3 e 5 della legge de qua sono entrambi costituiti da un solo comma; in particolare, l’art. 3 ha sostituito l’art. 6 della legge reg. n. 16 del 1992 (Diritto allo studio universitario) – costituito di 3 commi –, mentre l’art. 5 ha inserito, dopo l’art. 6 della legge reg. n. 16 del 1992, un nuovo articolo, il 6-ter (composto di 4 commi);
che, nella parte motiva del ricorso, il ricorrente precisa di voler impugnare il nuovo testo dell’art. 6 della legge reg. n. 16 del 1992 e l’art. 6-ter della stessa legge;
che nello stesso errore era già incorso il Dipartimento per gli affari regionali nella relazione allegata alla delibera del Consiglio dei ministri di impugnazione della legge reg. n. 20 del 2004;
che nel medesimo errore è caduto pure il legislatore regionale all’atto di redigere l’art. 9 della legge della Regione Piemonte 4 novembre 2004, n. 31 (Modifiche alla legge finanziaria per l’anno 2004 e provvedimenti di natura pluriennali), là dove dichiara di apportare modifiche all’art. 3, commi 2 e 3, e all’art. 5, comma 2, della legge reg. n. 20 del 2004;
che, pertanto, le norme impugnate sono da ritenersi l’art. 6, commi 2 e 3, e l’art. 6-ter, comma 2, della legge della Regione Piemonte n. 16 del 1992, come modificati, rispettivamente dall’art. 3 e dall’art. 5 della legge reg. n. 20 del 2004;
che il ricorrente, prima di entrare nel merito delle norme impugnate, ricostruisce il contesto normativo in cui esse si collocano, precisando innanzitutto che l’art. 3 della legge regionale impugnata ha modificato l’art. 6 della legge della Regione Piemonte n. 16 del 1992. Questa disposizione, nella sua originaria formulazione, disponeva al comma 1 che «le borse di studio sono attribuite per concorso secondo le modalità di cui all’art. 8 della legge 2 dicembre 1991, n. 390». L’art. 8 della legge 2 dicembre 1991, n. 390 (Norme sul diritto agli studi universitari) riconosce alle Regioni la competenza a determinare «la quota dei fondi destinati agli interventi per il diritto agli studi universitari, da devolvere annualmente all’erogazione di borse di studio per gli studenti iscritti ai corsi di diploma e di laurea nel rispetto dei requisiti minimi stabiliti ai sensi dell’articolo 4 e secondo le procedure selettive di cui all’articolo 7, comma 1, lettera c)». L’art. 7, comma 1, lettera c), della legge n. 390 dispone che le Regioni, nell’esercizio della competenza legislativa in materia, devono conformarsi, tra l’altro, al principio secondo cui «l’accesso ai servizi e alle provvidenze, che non siano fruibili dalla generalità degli studenti, è regolato con procedure selettive in applicazione dei criteri di cui all’articolo 4 e tenuto conto della specificità degli interventi». Infine, l’art. 4 citato dispone che i «criteri per la determinazione del merito e delle condizioni economiche degli studenti, nonché per la definizione delle relative procedure di selezione» sono stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
che, ad avviso del ricorrente, l’art. 6, commi 2 e 3, e l’art. 6-ter, comma 2, della legge reg. del Piemonte n. 16 del 1992, come modificati, rispettivamente, dall’art. 3 e dall’art. 5 della legge reg. n. 20 del 2004, si porrebbero in contrasto con la predetta disciplina. Le norme impugnate, infatti, prevedono che la Giunta regionale stabilisca, rispettivamente, i requisiti di merito, per l’assegnazione della borsa di studio per la durata dell’intero corso legale di studi agli studenti risultati idonei e che abbiano i requisiti economici (art. 6, comma 2) e per l’assegnazione della borsa in parola agli studenti iscritti ad anni successivi al primo, ove non l’abbiano, per qualsiasi motivo, precedentemente ottenuta (art. 6, comma 3), ed i criteri per la concessione delle borse di studio per la mobilità internazionale (art. 6-ter, comma 2);
che in questo modo, secondo la difesa erariale, verrebbe meno l’«uniformità di trattamento, perseguita dalla legislazione nazionale»;
che ciò determinerebbe, in primo luogo, la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera n), Cost.; le norme generali sull’istruzione, infatti, richiedono una «applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale» e tali sarebbero, secondo il ricorrente, le norme di cui agli artt. 4 e 7 della legge n. 390 del 1991, in quanto dirette ad «attuare uniformità di trattamento su tutto il territorio nazionale»;
che qualora, però, si ritenesse che da tale obiettivo non si possa dedurre la «generalità delle norme», si rientrerebbe, «in ogni caso», nella materia dell’istruzione di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., con la conseguente violazione, da parte delle norme regionali, dei princípi fondamentali della materia, che andrebbero individuati negli articoli sopra richiamati della legge n. 390;
che, infine, il sostegno finanziario agli studenti meritevoli e bisognosi rientrerebbe, in ogni caso, nella lettera m) del comma 2 dell’art. 117 Cost., in quanto la prestazione in parola sarebbe sicuramente essenziale;
che si è costituita in giudizio la Regione Piemonte, chiedendo che il ricorso sia dichiarato infondato. In particolare, la difesa regionale osserva che, a seguito della riforma del titolo V della Costituzione, il diritto allo studio universitario sarebbe divenuto materia di competenza legislativa residuale delle Regioni, «salvo il potere-dovere del legislatore statale di fissare i livelli essenziali delle prestazioni pubbliche». Inoltre, requisito imprescindibile per accedere alla borsa di studio sarebbe solo quello economico previsto dalla normativa nazionale; ciò consentirebbe alla Regione di «uscire da una logica meramente assistenzialistica premiando i più capaci e meritevoli ancorché privi di mezzi», senza, per ciò solo, violare né un principio fondamentale né una norma generale sull’istruzione;
che, ad avviso della difesa regionale, le suddette considerazioni escluderebbero l’eccepita incostituzionalità;
che, in data 6 settembre 2005, la Regione Piemonte ha depositato un’istanza, peraltro non notificata, per la declaratoria della cessazione della materia del contendere;
che, secondo la difesa regionale, l’art. 9 della legge della Regione Piemonte n. 31 del 2004, modificando le norme impugnate, avrebbe accolto i rilievi mossi nel ricorso erariale. In particolare, il detto art. 9 ha aggiunto: a) all’art. 3, comma 2, della legge reg. n. 20 del 2004 (recte: all’art. 6, comma 2, della legge reg. n. 16 del 1992, come modificato dall’art. 3 della legge reg. n. 20 del 2004), dopo le parole «i requisiti di merito fissati dalla Giunta regionale», le seguenti «secondo i criteri previsti, per la valutazione del merito, dalla normativa statale»; b) all’art. 3, comma 3, della legge reg. n. 20 del 2004 (recte: all’art. 6, comma 3, della legge reg. n. 16 del 1992, come modificato dall’art. 3 della legge reg. n. 20 del 2004), dopo le parole «i requisiti di merito previsti dalla Giunta regionale», le seguenti «in applicazione dei criteri fissati, per la valutazione del merito, dalla normativa statale»; c) all’art. 5, comma 2, della legge reg. n. 20 del 2004 (recte: all’art. 6-ter, comma 2, della legge reg. n. 16 del 1992, come modificato dall’art. 5 della legge reg. n. 20 del 2004), dopo le parole «le borse di studio sono concesse sulla base dei criteri fissati dalla Giunta regionale», le seguenti «in applicazione di quanto disciplinato dalla normativa statale».
che all’udienza pubblica il Presidente del Consiglio, tramite l’Avvocatura dello Stato, ha dichiarato di aderire alla richiesta di cessazione della materia del contendere.
Considerato che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, ha proposto questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, commi 2 e 3, e dell’art. 6-ter, comma 2, della legge della Regione Piemonte 18 marzo 1992, n. 16 (Diritto allo studio universitario), come modificati, rispettivamente, dall’art. 3 e dall’art. 5 della legge della Regione Piemonte 3 agosto 2004, n. 20 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 18 marzo 1992, n. 16 “Diritto allo studio universitario”, modificata dalla legge regionale 7 dicembre 2000, n. 58), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere m) e n), e terzo comma, della Costituzione;
che le norme impugnate sono state modificate dall’art. 9 della legge della Regione Piemonte 4 novembre 2004, n. 31 (Modifiche alla legge finanziaria per l’anno 2004 e provvedimenti di natura pluriennali);
che l’intervenuta modificazione della disposizione oggetto di censura deve ritenersi satisfattiva delle pretese del ricorrente e, conseguentemente (sentenze numeri 407 e 272 del 2005, 196 del 2004 e ordinanza n. 137 del 2004), va dichiarata – aderendo, peraltro, alla concorde richiesta della Regione resistente e del Presidente del Consiglio dei ministri – la cessazione del contendere in riferimento alle questioni di legittimità costituzionale poste sulle norme impugnate.
per questi motiviLA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara cessata la materia del contendere in ordine al ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 2005.
Annibale MARINI, Presidente
Gaetano SILVESTRI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 28 dicembre 2005.