ORDINANZA N. 416
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Ugo DE SIERVO
- Romano VACCARELLA
- Paolo MADDALENA
- Alfio FINOCCHIARO
- Alfonso QUARANTA
- Franco GALLO
- Luigi MAZZELLA
- Gaetano SILVESTRI
ORDINANZA
nel giudizio di ammissibilità del conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del 23 luglio 2003 relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dal senatore Raffaele Jannuzzi nei confronti del Procuratore della Repubblica dottor Giancarlo Caselli ed altri ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, giudizio promosso con ricorso del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano nei confronti del Senato della Repubblica, depositato in cancelleria il 29 marzo 2005 ed iscritto al n. 286 del registro ammissibilità conflitti.
Udito nella camera di consiglio del 28 settembre 2005 il Giudice relatore Ugo De Siervo.
Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in ordine alla delibera del Senato della Repubblica, approvata in data 23 luglio 2003, con la quale si è affermato che i fatti per i quali è in corso un procedimento penale a carico del senatore Raffaele Jannuzzi per il reato di diffamazione a mezzo stampa, costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle proprie funzioni, e sono pertanto insindacabili ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;
che il giudice premette di procedere penalmente nei confronti del senatore Jannuzzi in relazione al reato di cui agli artt. 595 cod. pen., 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), 61, n. 10 e 99, comma 4, cod. pen., perché, quale autore dell'articolo di giornale pubblicato sul settimanale “Panorama”, nel numero del 22 novembre 2001, dal titolo «Pressione bassa e udienze infinite», offendeva la reputazione del dottor Giancarlo Caselli, all'epoca Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, del dottor Guido Lo Forte, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il Tribunale di Palermo, del dottor Roberto Scarpinato, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il Tribunale di Palermo e del dottor Gioacchino Natoli, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, divulgando la tesi secondo cui il processo al senatore Andreotti era stato instaurato per finalità politiche;
che il giudice ricorrente dà conto, altresì, di procedere penalmente nei confronti del senatore Jannuzzi per il medesimo reato, in relazione all'articolo pubblicato sul numero del 29 novembre 2001 del suddetto settimanale, e intitolato «Il pentito? Ai pm piace double face», con il quale avrebbe offeso la reputazione del dottor Giancarlo Caselli, all'epoca Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, del dottor Guido Lo Forte, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il Tribunale di Palermo, del dottor Antonio Ingroia, Sostituto Procuratore della Repubblica aggiunto presso il Tribunale di Palermo e del dottor Gioacchino Natoli, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, affermando che i magistrati avrebbero commesso abusi e illegalità nella gestione dei collaboratori di giustizia;
che, riferisce il Giudice per le indagini preliminari, le persone offese avevano proposto querela nei confronti del senatore Jannuzzi, nonché del direttore pro-tempore del settimanale, ritenendo diffamatorie le dichiarazioni riportate in entrambi gli articoli;
che, a seguito della lettera in data 25 marzo 2003 con cui il senatore Jannuzzi aveva sottoposto al Senato la questione della applicabilità dell'art. 68, primo comma, Cost., in relazione ai fatti oggetto dei procedimenti penali a suo carico, il Senato, nella deliberazione del 23 luglio 2003, accogliendo la conforme proposta della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, stabiliva che le opinioni espresse nei suddetti articoli di stampa erano coperte dalla insindacabilità, in quanto espresse nell'esercizio della funzione parlamentare;
che, successivamente a tale deliberazione, il pubblico ministero avanzava richiesta di archiviazione dei procedimenti nei confronti del senatore;
che il Giudice per le indagini preliminari, all'esito dell'udienza ex art. 409 cod. proc. pen., ha ritenuto di dover sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in relazione alla citata delibera di insindacabilità del Senato;
che il giudice ricorrente afferma innanzitutto la ammissibilità del conflitto, sia sotto il profilo soggettivo, essendo egli competente a decidere, nell'ambito delle funzioni giurisdizionali attribuite, sulla illiceità della condotta dell'imputato e dunque a dichiarare la volontà del potere cui appartiene, sia sotto il profilo oggettivo, dovendo egli valutare la sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 68, primo comma, Cost. e della «lesione della propria sfera di attribuzioni giurisdizionali, costituzionalmente garantita, giacché illegittimamente menomata dalla suindicata deliberazione del Senato»;
che, quanto al merito, il Giudice per le indagini preliminari sostiene che tale decisione del Senato si porrebbe in contrasto con la costante giurisprudenza costituzionale, in base alla quale, ai fini del riconoscimento della insindacabilità delle opinioni espresse da un membro del Parlamento, è necessaria la sussistenza del nesso funzionale tra tali opinioni e la funzione parlamentare, nesso che si riscontra allorché sussista una sostanziale identità di contenuto fra l'opinione manifestata in sede parlamentare e quella espressa nella sede esterna;
che, al contrario, la delibera del Senato adottata nella seduta del 23 luglio 2003 sarebbe in contrasto con tale interpretazione, dal momento che non esisterebbe alcun elemento da cui desumere la sussistenza di una corrispondenza sostanziale tra gli articoli di stampa oggetto delle querele e le opinioni espresse dal senatore Jannuzzi in specifici atti parlamentari e che, pertanto, mancherebbe ogni nesso con le funzioni parlamentari, di talché la condotta del senatore non sarebbe coperta dall'immunità di cui all'art. 68, primo comma, Cost., e dovrebbe, pertanto, rientrare nella cognizione riservata al sindacato giurisdizionale;
che, conseguentemente, il Giudice per le indagini preliminari solleva conflitto di attribuzione e chiede a questa Corte di dichiarare «che non spettava al Senato della Repubblica la valutazione della condotta addebitabile al senatore Jannuzzi Raffaele, in quanto estranea alla previsione di cui all'art. 68, primo comma, Cost. », e chiede, altresì, di annullare la delibera del Senato in data 23 luglio 2003.
Considerato che in questa fase la Corte è chiamata, ai sensi dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), a stabilire esclusivamente se il ricorso sia ammissibile, valutando, senza contraddittorio tra le parti, se sussistano il requisito soggettivo e quello oggettivo di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, rimanendo impregiudicata ogni definitiva decisione anche in ordine all'ammissibilità;
che, quanto al requisito soggettivo, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano è legittimato a sollevare il conflitto, essendo competente a dichiarare definitivamente, in relazione al procedimento giurisdizionale del quale è investito, la volontà del potere cui appartiene, in considerazione della posizione di indipendenza, costituzionalmente garantita, di cui godono i singoli organi giurisdizionali;
che, analogamente, il Senato della Repubblica, che ha deliberato l'insindacabilità delle opinioni espresse da un proprio membro, è legittimato ad essere parte del conflitto, in quanto anch'esso organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene;
che, per quanto attiene al profilo oggettivo del conflitto, il ricorrente denuncia la menomazione della propria sfera di attribuzione, garantita da norme costituzionali, in conseguenza dell'adozione, da parte del Senato, di una deliberazione ove si afferma, in modo asseritamente illegittimo, che le opinioni espresse da un proprio membro rientrano nell'esercizio delle funzioni parlamentari, e che pertanto sono coperte dalla garanzia di insindacabilità stabilita dall'art. 68, primo comma, della Costituzione;
che, pertanto, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetta alla competenza di questa Corte.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano nei confronti del Senato della Repubblica con l'atto introduttivo indicato in epigrafe;
dispone:
a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza al ricorrente Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano;
b) che l'atto introduttivo e la presente ordinanza siano, a cura del ricorrente, notificati al Senato della Repubblica entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere poi depositati, con la prova dell'avvenuta notifica, nella cancelleria di questa Corte entro il termine di venti giorni previsto dall'art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, 24 ottobre 2005.
F.to:
Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
Ugo DE SIERVO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 3 novembre 2005.