ORDINANZA N. 396
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Ugo DE SIERVO
- Romano VACCARELLA
- Paolo MADDALENA
- Alfio FINOCCHIARO
- Alfonso QUARANTA
- Franco GALLO
- Luigi MAZZELLA
- Gaetano SILVESTRI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 148, comma 16, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel testo risultante all'esito della modifica apportata dall'art. 3, comma 4, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003 n. 214, promosso con ordinanza del 12 novembre 2004 dal Giudice di pace di Chieti, nel procedimento civile vertente tra D'Agostino Carmine e la Prefettura di Chieti, iscritta al n. 38 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 7, prima serie speciale, dell'anno 2005.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 28 settembre 2005 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.
Ritenuto che il Giudice di pace di Chieti ha sollevato questione di legittimità costituzionale – per contrasto con gli artt. 1, 3, 4 e 35 della Costituzione – dell'art. 148, comma 16, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come modificato dall'art. 3, comma 4, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214;
che il giudice a quo – nel premettere di essere stato adito (senza nulla peraltro precisare sulla natura del giudizio pendente innanzi ad esso) da un ricorrente, il quale "svolge attività lavorativa di autotrasportatore" – assume che il comma impugnato "appare viziato da illegittimità costituzionale", atteso che "dispone la sanzione accessoria della sospensione della patente" (nell'ipotesi di inosservanza del divieto di sorpasso) senza però prevedere "limitazioni, riduzioni della sanzione, o altre cautele", qualora il trasgressore svolga "attività lavorativa consistente nella guida di autoveicolo";
che in tal modo la disposizione censurata, oltre a violare gli artt. 1, 3 e 4 della Costituzione (a norma dei quali non soltanto "la Repubblica è fondata sul lavoro", ma la medesima "promuove le condizioni che lo rendono effettivo", nonché "lo tutela, attribuendo al lavoro rango primario rispetto ad altri valori od interessi"), contrasterebbe anche con l'art. 35 della Carta fondamentale, "che dispone l'eguaglianza tra i cittadini";
che difatti, secondo il rimettente, sarebbe evidente la disparità di trattamento cui darebbe vita la norma impugnata, "paragonando il caso del normale utente della strada rispetto al quale la sospensione della patente costituisce soltanto un disagio", a quello "dell'autista professionista", per il quale, invece, la sanzione de qua "costituisce preclusione dell'attività lavorativa con conseguenti effetti sconvolgenti l'economia propria e familiare";
che su tali basi – e non senza osservare che il giudizio devoluto al suo esame "non può essere definito indipendentemente dalla soluzione di tale questione" – il rimettente ha chiesto la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma suddetta;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, eccependo preliminarmente l'inammissibilità della questione "perché l'ordinanza omette completamente di illustrare i fatti della vicenda processuale e non consente di operare nessuna valutazione sulla rilevanza del prospettato incidente di costituzionalità";
che, nel merito, la difesa erariale comunque esclude la fondatezza delle censure sollevate dal rimettente, "atteso che la norma prevede un identico trattamento sanzionatorio per identiche trasgressioni e in presenza di eguali situazioni di recidiva", non sussistendo, d'altra parte, la necessità di una differenziazione – in virtù di "esigenze di tutela del lavoro" – "a favore dei soggetti che conducono automezzi nell'esercizio della propria attività";
che, difatti, la disposizioni impugnata "è finalizzata a salvaguardare i beni della vita, della sicurezza e dell'incolumità pubblica, e tende quindi a tutelare diritti e valori che per la loro assolutezza non possono essere sacrificati in nome di concorrenti esigenze personali del trasgressore".
Considerato che il Giudice di pace di Chieti ha sollevato questione di legittimità costituzionale – per contrasto con gli artt. 1, 3, 4 e 35 della Costituzione – dell'art. 148, comma 16, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come modificato dall'art. 3, comma 4, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214;
che l'insufficiente descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo comporta la manifesta inammissibilità della questione sollevata dal rimettente;
che, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, allorché sia "carente la descrizione della fattispecie oggetto dei giudizi a quibus", e dunque quando "dalle ordinanze di rimessione non si comprende con chiarezza quale sia l'oggetto di tali giudizi e, in particolare, in cosa si identifichi la pretesa sostanziale dei ricorrenti" (evenienze che sussistono, entrambe, nel caso in esame), da ciò deriva "l'impossibilità di vagliare l'effettiva applicabilità della norma censurata ai casi dedotti", e con essa la manifesta inammissibilità delle relative questioni di legittimità costituzionale (così, tra le più recenti, l'ordinanza n. 297 del 2005);
che alla stregua di tali rilievi va, dunque, dichiarata la manifesta inammissibilità della questione sollevata dal Giudice di pace di Chieti.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 148, comma 16, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come modificato dall'art. 3, comma 4, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214, sollevata – per contrasto con gli artt. 1, 3, 4 e 35 della Costituzione – dal Giudice di pace di Chieti, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 ottobre 2005.
Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
Alfonso QUARANTA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 21 ottobre 2005.