SENTENZA N. 387
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Piero Alberto CAPOTOSTI Presidente
- Fernanda CONTRI Giudice
- Guido NEPPI MODONA "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 13 della legge della Regione Veneto 9 gennaio 2003, n. 2 (Nuove norme a favore dei Veneti nel mondo e agevolazioni per il loro rientro), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 13 marzo 2003, depositato in Cancelleria il 20 successivo ed iscritto al n. 27 del registro ricorsi 2003.
Visto l’atto di costituzione della Regione Veneto;
udito nell’udienza pubblica del 21 giugno 2005 il Giudice relatore Fernanda Contri;
uditi l’avvocato dello Stato Danilo Del Gaizo per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Mario Bertolissi per la Regione Veneto.
Ritenuto in fatto
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera a), e nono comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 13 della legge della Regione Veneto 9 gennaio 2003, n. 2 (Nuove norme a favore dei Veneti nel mondo e agevolazioni per il loro rientro).
Secondo il ricorrente, nel contesto di una legge concernente un segmento dell’insieme “cittadini italiani emigrati”, individuato dall’essere tali cittadini nati nel Veneto o dall’essere stati residenti nella Regione per almeno tre anni, la disposizione impugnata attribuisce alla Giunta regionale il potere di stipulare accordi con governi esteri al fine di provvedere all’erogazione di prestazioni di tipo socio-sanitario a loro favore.
Tale disposizione, ad avviso del Governo, non considera i limiti posti dall’art. 117, secondo comma, lettera a) e nono comma, della Costituzione, i quali prevedono che le Regioni possono stipulare intese solo con enti territoriali interni ad altro Stato e non con Stati esteri e solo nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.
Sempre secondo il ricorrente, il nono comma dell’art. 117 Cost. non si limita ad enunciare principî, ma reca in sé regole compiute ed operanti poiché l’attribuzione delle competenze a stipulare intese ed accordi riconosciuta alle Regioni dovrà essere circoscritta da norme statali interposte; la disposizione costituzionale deve essere letta unitamente al secondo comma, lettera a), cui sono connesse le successive lettere b) e i), che riservano allo Stato tutto quanto attiene alla politica estera, ai requisiti e ai diritti di cittadinanza, ai flussi migratori, anche di connazionali; in tale contesto le competenze esercitabili dalle Regioni fuori dal loro ambito territoriale e, a fortiori, fuori del territorio nazionale, costituiscono quindi solo dei “ritagli” di un potere che resta riservato allo Stato e, trattandosi di norme derogatorie, sono di stretta interpretazione.
Dopo aver richiamato il disegno di legge di attuazione della riforma del Titolo V all’epoca in discussione al Parlamento (il ricorso è stato depositato prima dell’entrata in vigore della legge 5 giugno 2003, n. 131 - Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), l’Avvocatura dichiara quindi espressamente che non vengono sottoposti a scrutinio di legittimità costituzionale né l’art. 6, lettera b), né l’art. 9, comma 2, della citata legge della Regione Veneto, essendo la prima delle due disposizioni interpretabile come meramente programmatica, e la seconda in quanto si confida su modalità applicative rispettose delle attribuzioni ed attività dello Stato.
2. Si è costituita in giudizio la Regione Veneto, chiedendo alla Corte il rigetto del ricorso del Governo.
Nella memoria, la Regione osserva che già prima della riforma introdotta con la legge costituzionale n. 3 del 2001 la politica estera era da considerare di stretta spettanza statale, come affermato dalla giurisprudenza della Corte. Tuttavia, ai sensi del nono comma dell’art. 117 Cost., la Regione, nelle materie di sua competenza, sempre secondo la resistente può concludere sia intese con enti territoriali interni ad altro Stato, sia accordi con Stati esteri, come prevede la disposizione censurata che non riguarda direttamente la materia della politica estera, ma si limita ad attribuire una facoltà alla Giunta regionale, la quale non può agire in assenza di una qualunque disciplina regolatrice dei “casi” e delle “forme” che la disposizione censurata postula, implicitamente, come propri dello Stato.
Il ricorso essendo fondato su di una erronea interpretazione della disposizione censurata, secondo la Regione deve essere respinto.
3. Con successiva memoria la Regione Veneto ha ribadito e precisato le difese già esposte in sede di costituzione in giudizio.
In particolare la Regione eccepisce l’inammissibilità del ricorso, essendo il richiamo formulato dal Governo all’art. 117, secondo comma, lettera a), Cost. sfornito di argomentazioni, il che ne determinerebbe l’inammissibilità.
Quanto alla indicazione dell’art. 117, nono comma, Cost., rilevato che erroneamente il ricorso assume che una intesa possa essere conclusa solo con “enti territoriali interni ad altro Stato”, la Regione resistente osserva che una tale facoltà di concludere accordi con altri Stati non era esclusa neppure dal previgente art. 117 Cost., tanto che la Corte, con la sentenza n. 13 del 2003, ha annullato una lettera di intenti della stessa Regione Veneto con la Repubblica Argentina ma solo per l’assenza di un preventivo assenso del Governo e non perché tale accordo fosse precluso dal dettato costituzionale.
Infine la Regione osserva che, come affermato dalla Corte con la sentenza n. 242 del 2003 in relazione ad una fattispecie identica, non può richiedersi che sia necessario attendere una legge statale ordinaria di attuazione dell’art. 117, nono comma, Cost., per stabilire a chi, nell’ambito delle istituzioni della Regione, spetti la competenza per tali stipulazioni.
4. In prossimità dell’udienza pubblica del 30 novembre 2004 le parti hanno depositato altre memorie, con le quali hanno ribadito ed illustrato ulteriormente le proprie difese.
In particolare l’Avvocatura generale dello Stato, dopo aver affermato che il ricorso venne depositato prima della entrata in vigore della legge n. 131 del 2003, richiama il contenuto dell’art. 6 della legge citata per confermare che gli accordi che le Regioni possono stipulare con “altri Stati” devono rientrare nelle tipologie previste e non possono porsi in contrasto con la politica estera dello Stato.
Secondo il Governo gli accordi previsti dalla disposizione impugnata, nella parte in cui possono essere stipulati anche in caso di “particolari eventi sociali, economici o politici”, non possono essere considerati di natura “tecnico amministrativa”: ciò determinerebbe la violazione delle norme costituzionali citate.
La Regione Veneto, invece, sostiene che la disposizione impugnata, mera norma attributiva di competenza, non prevede concreto esercizio di potere estero col quale si sia inteso contestare la competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione.
Secondo la Regione, allo Stato resta in ogni caso la possibilità di sollevare conflitto di attribuzione qualora si determini in concreto una violazione delle sue competenze.
Considerato in diritto
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 13 della legge della Regione Veneto 9 gennaio 2003, n. 2 (Nuove norme a favore dei Veneti nel mondo e agevolazioni per il loro rientro), per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera a) e nono comma della Costituzione.
La norma censurata prevede che «la Giunta regionale, nel caso si verifichino all’estero calamità naturali o particolari eventi sociali, economici o politici, può stipulare accordi con il Governo interessato che prevedano prestazioni di tipo socio-sanitario a favore dei soggetti di cui all’art. 1, comma 1, ivi residenti, sentita la competente commissione consiliare».
I soggetti beneficiari delle prestazioni sono individuati, secondo l’art. 1, comma 1, della legge regionale citata, nei cittadini italiani emigrati nati nel Veneto o che, per almeno tre anni prima dell’espatrio, abbiano avuto residenza in un Comune veneto ed abbiano maturato una residenza all’estero di almeno cinque anni.
Secondo il ricorrente, la Regione con la disposizione impugnata ha attribuito alla Giunta regionale il potere di stipulare accordi con Governi stranieri senza rispettare i limiti posti dall’art. 117, secondo comma, lettera a) e nono comma, Cost., i quali prevedono che le intese possano essere concluse solo con enti territoriali interni ad altro Stato e non con Stati esteri ed esclusivamente nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato, che al momento del deposito del ricorso non erano state ancora emanate.
2. Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla Regione Veneto in relazione al parametro di cui all’art. 117, secondo comma, lettera a), Cost., che, indicato nel ricorso, non sarebbe sorretto da specifiche argomentazioni. Dall’atto introduttivo del giudizio invero è ricavabile che, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, la disposizione censurata violerebbe i limiti generali posti dalla Costituzione alla potestà legislativa regionale in materia di rapporti con Stati ed enti territoriali esteri, non solamente in ordine al mancato rispetto del nono comma dell’art. 117 Cost., ma anche in relazione al limite generale della “politica estera” di cui al secondo comma, lettera a), Cost.
3. La questione sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri non è fondata.
Dopo la proposizione del presente ricorso, è entrata in vigore la legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) che disciplina, tra le altre, la materia delle intese e degli accordi che le Regioni possono stipulare, ai sensi del nono comma dell’art. 117, con Stati esteri ed enti substatali stranieri.
L’art. 6 della legge n. 131 del 2003 era stato impugnato davanti alla Corte dalla Provincia di Bolzano e dalla Regione Sardegna; la questione è stata decisa dalla Corte – successivamente alla proposizione del presente ricorso – con la sentenza n. 238 del 2004.
Le ragioni per le quali la Corte ha ritenuto non fondata la questione sono tali da dirimere ogni dubbio riguardo alla legittimità costituzionale della legge della Regione Veneto qui impugnata.
La Corte, nel rigettare la questione sollevata, ha affermato che le nuove disposizioni costituzionali non si discostano dalle linee fondamentali già enunciate in passato: riserva allo Stato della competenza sulla politica estera; ammissione di un’attività internazionale delle Regioni; subordinazione di questa alla possibilità effettiva di un controllo statale sulle iniziative regionali, al fine di evitare contrasti con le linee della politica estera nazionale.
La novità che discende dal mutato quadro costituzionale è essenzialmente il riconoscimento di un “potere estero” delle Regioni, cioè della potestà, nell’ambito delle proprie competenze, di stipulare, oltre ad intese con enti omologhi esteri, anche veri e propri accordi con Stati, sia pure nei casi e nelle forme determinati da leggi statali (art. 117, nono comma, Cost.). Tale potere estero deve peraltro essere coordinato con l’esclusiva competenza statale in tema di politica estera, donde la spettanza allo Stato di determinare i casi e disciplinare le forme di questa attività regionale, così da salvaguardare gli interessi unitari che trovano espressione nella politica estera nazionale. Le Regioni, nell’esercizio della potestà loro riconosciuta, non operano dunque come “delegate” dello Stato, bensì come soggetti autonomi che interloquiscono direttamente con gli Stati esteri, ma sempre nel quadro di garanzia e di coordinamento apprestato dai poteri dello Stato.
In realtà il nuovo art. 117 Cost. demanda allo Stato il compito di stabilire le “norme di procedura” che le Regioni debbono rispettare nel provvedere all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali, e di disciplinare le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza (quinto comma); nonché il compito di disciplinare i “casi” e le “forme” della conclusione di accordi delle Regioni con Stati e di intese con enti territoriali esteri (nono comma). Le disposizioni dell’art. 6, commi 1, 2 e 3, della legge n. 131 del 2003 sono dettate in attuazione di questi compiti.
Il Governo può legittimamente opporsi alla conclusione di un accordo da parte di una Regione, contenuto nei limiti stabiliti dall’art. 117, nono comma, della Costituzione, solo quando ritenga che esso pregiudichi gli indirizzi e gli interessi attinenti alla politica estera dello Stato; sul piano procedurale le Regioni godono della garanzia derivante dalla competenza del massimo organo del Governo, il Consiglio dei ministri, a decidere in via definitiva, mentre l’eventuale uso arbitrario di tale potere resta pur sempre suscettibile di sindacato nella sede dell’eventuale conflitto di attribuzione.
Orbene, visto che la impugnazione dello Stato qui esaminata si fonda proprio sulla mancanza – in allora – di una disciplina statale di dettaglio (successivamente emanata) e sul carattere autoapplicativo (in senso marcatamente restrittivo) del nono comma dell’art. 117 Cost., la sopravvenuta emanazione della legge statale per l’esercizio del potere estero regionale riconosciuto direttamente dalla Costituzione fa venir meno i dubbi di legittimità sollevati col ricorso del Governo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 13 della legge della Regione Veneto 9 gennaio 2003, n. 2 (Nuove norme a favore dei Veneti nel mondo e agevolazioni per il loro rientro), sollevata, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera a), e nono comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 ottobre 2005.
F.to:
Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
Fernanda CONTRI, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 14 ottobre 2005.