Ordinanza n. 375 del 2005

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ORDINANZA N. 375

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Piero Alberto

CAPOTOSTI

Presidente

- Fernanda

CONTRI

Giudice

- Guido

NEPPI MODONA

"

- Annibale

MARINI

"

- Franco

BILE

"

- Giovanni Maria

FLICK

"

- Francesco

AMIRANTE

"

- Ugo

DE SIERVO

"

- Romano

VACCARELLA

"

- Paolo

MADDALENA

"

- Alfio

FINOCCHIARO

"

- Alfonso

QUARANTA

"

- Franco

GALLO

"

- Luigi

MAZZELLA

"

- Gaetano

SILVESTRI

"

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come modificati dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), e dell’art. 558 del codice di procedura penale, promossi con ordinanze emesse dal Tribunale di Roma in data 11 febbraio 2003 (n. 3 ordinanze), 15 (n. 2 ordinanze) e 17 aprile (n. 4 ordinanze) 2003, 15 aprile 2003, 19 e 21 giugno 2003, 11 (n. 6 ordinanze) e 16 agosto (n. 4 ordinanze) 2003, 13 ottobre (n. 3 ordinanze) 2003, 14 (n. 2 ordinanze) e 16 agosto 2003, 15 ottobre 2003, 15 (n. 2 ordinanze), 19 e 17 (n. 2 ordinanze) dicembre 2003, 2 gennaio 2004, 28 aprile (n. 3 ordinanze) 2004, 29 aprile (n. 3 ordinanze) 2004, 30 aprile (n. 5 ordinanze) 2004, 1° (n. 2 ordinanze) e 3 luglio 2004, rispettivamente iscritte ai numeri da 299 a 301, da 458 a 463, 505, da 937 a 948, da 1153 a 1155 del registro ordinanze 2003 ed ai nn. da 59 a 62, da 345 a 347, da 495 a 497, da 726 a 736 e da 956 a 958 del registro ordinanze 2004 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 22, 28, 32 e 46, prima serie speciale, dell’anno 2003 ed ai numeri 3, 10, 18, 23, 38, 39 e 48, prima serie speciale, dell’anno 2004.

  Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 6 luglio 2005 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.

Ritenuto che con le quarantanove ordinanze in epigrafe, di contenuto sostanzialmente identico, il Tribunale di Roma ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, secondo comma, 24 e 111 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come modificati dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), e dell’art. 558 del codice di procedura penale;

che il giudice a quo – investito del giudizio di convalida dell’arresto di stranieri per il reato di ingiustificato trattenimento nel territorio dello Stato, di cui all’art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998 – censura anzitutto il comma 5-quinquies del citato art. 14, nella parte in cui prevede per detto reato l’arresto obbligatorio;

che tale previsione – stante la natura contravvenzionale della fattispecie criminosa, punita con la pena dell’arresto fino al massimo di un anno, con conseguente inapplicabilità per essa di misure cautelari personali, a mente dell’art. 280 cod. proc. pen. – si discosterebbe irragionevolmente dalle regole generali desumibili dagli artt. 380 e 381 cod. proc. pen., espressive dell’esigenza che la misura in questione acceda solo a fattispecie criminose di obiettiva gravità;

che, sotto tale profilo, la norma denunciata si porrebbe dunque in contrasto con gli artt. 2, 3 e 10, secondo comma, Cost., anche in relazione alle norme della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali;

che il giudice a quo denuncia, altresì, come lesiva delle garanzie della difesa e dei principi del giusto processo la disposizione dell’art. 13, comma 3-quater, del d.lgs. n. 286 del 1998, in forza della quale – «all’esito della convalida» e «a fronte della espulsione dello straniero dallo Stato disposta dal questore» – il giudice dovrebbe pronunciare sentenza di non luogo a procedere «se non è stato ancora emesso il provvedimento che dispone il giudizio»;

che, alla stregua dell’art. 558 cod. proc. pen., tale provvedimento viene infatti omesso nel rito direttissimo monocratico – prescritto per il reato de quo dall’art. 14, comma 5-quinquies, del d.lgs. n. 286 del 1998 – con la conseguenza che, per effetto dell’anzidetta sentenza di non luogo a procedere, lo straniero verrebbe privato del diritto di difendersi in un processo dai fatti oggetto di imputazione;

che in otto dei giudizi di costituzionalità (r.o. n. 299, n. 300 e n. 301 del 2003; n. 937 del 2003; n. 1153 del 2003; n. 495, n. 496 e n. 497 del 2004) è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che le questioni siano dichiarate inammissibili, nella parte in cui concernono norme attinenti al rito direttissimo, delle quali il giudice a quo non deve fare applicazione, trovandosi egli a definire la fase antecedente della convalida dell’arresto; e comunque infondate per la parte relativa alla previsione dell’arresto obbligatorio, stante la discrezionalità del legislatore – nella specie non irragionevolmente esercitata – in materia di disciplina delle misure precautelari.

Considerato che le questioni sollevate con le ordinanze di rimessione risultano sostanzialmente identiche, e che pertanto i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti con unica decisione;

che, successivamente a dette ordinanze, questa Corte, con la sentenza n. 223 del 2004, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 13 Cost., l’art. 14, comma 5-quinquies, del d.lgs. n. 286 del 1998, nella parte in cui stabiliva che per il reato di ingiustificato trattenimento dello straniero nel territorio dello Stato, previsto dal comma 5-ter del medesimo articolo, è obbligatorio l’arresto dell’autore del fatto: e ciò in quanto tale misura si risolveva in una limitazione provvisoria della libertà personale del tutto priva di giustificazione processuale, non potendo essere finalizzata all’adozione di alcun provvedimento coercitivo, data la natura contravvenzionale della fattispecie, né costituendo un presupposto del procedimento amministrativo di espulsione;

che, di seguito a tale pronuncia, il decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241 (Disposizioni urgenti in materia di immigrazione), convertito, con modificazioni, in legge 12 novembre 2004, n. 271, ha mutato il trattamento sanzionatorio della fattispecie criminosa in questione, trasformandola da contravvenzione in delitto punito con la reclusione da uno a quattro anni – configurazione che consente, ai sensi dell’art. 280 cod. proc. pen., l’applicazione di misure coercitive – fatta eccezione per l’ipotesi dell’ingiustificato trattenimento nel caso di espulsione disposta perché il permesso di soggiorno è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato richiesto il rinnovo, la quale mantiene l’originaria natura contravvenzionale (comma 5-bis dell’art. 1 del decreto-legge n. 241 del 2004, aggiunto dalla legge di conversione n. 271 del 2004);

che, correlativamente, è stata ripristinata, per le ipotesi che hanno assunto natura di delitto, la misura dell’arresto obbligatorio (comma 5-quinquies, terzo periodo, dell’art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, come sostituito dall’art. 1, comma 6, del decreto-legge n. 241 del 2004);

che, di conseguenza – per quanto attiene alla questione di legittimità costituzionale inerente alla previsione di detta misura – gli atti vanno restituiti al giudice a quo, ai fini di una nuova valutazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione stessa alla luce tanto della sopravvenuta sentenza di questa Corte che delle successive modifiche della disciplina legislativa della materia;

che, quanto alla questione che investe l’art. 13, comma 3-quater, del d.lgs. n. 286 del 1998, va osservato come la disposizione denunciata stabilisca che nei casi previsti dai commi 3, 3-bis e 3-ter dello stesso art. 13 – i quali disciplinano il rilascio del nulla osta dell’autorità giudiziaria, richiesto ai fini dell’esecuzione dell’espulsione amministrativa dello straniero sottoposto a procedimento penale – il giudice, acquisita la prova dell’avvenuta espulsione, «se non è stato ancora emesso il provvedimento che dispone il giudizio, pronuncia sentenza di non luogo a procedere»;

che il rimettente – sulla premessa che nel rito direttissimo monocratico, disciplinato dall’art. 558 cod. proc. pen., non possa comunque realizzarsi la preclusione alla pronuncia di detta sentenza connessa all’avvenuta emissione del «provvedimento che dispone il giudizio» – lamenta che, per effetto dell’inevitabile declaratoria di non luogo a procedere, l’imputato verrebbe spogliato del diritto di difendersi dall’accusa mossagli nella naturale sede del giudizio;

che, peraltro – a prescindere da ogni rilievo circa la validità dell’indicata premessa interpretativa del giudice a quo – è assorbente la considerazione che il rimettente si trova ancora nella fase della convalida dell’arresto (prodromica alla celebrazione del rito direttissimo), e dalle ordinanze di rimessione non consta né che egli abbia rilasciato il nulla osta all’espulsione degli imputati ai sensi del comma 3-bis del citato art. 13; né, tanto meno, che gli stessi siano stati già concretamente espulsi dal territorio dello Stato: con la conseguenza che la rilevanza della questione appare meramente futura ed ipotetica;

che la questione va dichiarata, pertanto, manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

  riuniti i giudizi,

1) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), e dell’art. 558 del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, secondo comma, 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Roma con le ordinanze indicate in epigrafe;

2) ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Roma, limitatamente alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 14 del citato decreto legislativo n. 286 del 1998, come modificato dalla predetta legge n. 189 del 2002, sollevate con le medesime ordinanze.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 settembre 2005.

F.to:

Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 4 ottobre 2005.