Ordinanza n. 368 del 2005

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ORDINANZA N. 368

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Piero Alberto

CAPOTOSTI

Presidente

- Fernanda

CONTRI

Giudice

- Guido

NEPPI MODONA

"

- Annibale

MARINI

"

- Franco

BILE

"

- Giovanni Maria

FLICK

"

- Francesco

AMIRANTE

"

- Ugo

DE SIERVO

"

- Romano

VACCARELLA

"

- Paolo

MADDALENA

"

- Alfio

FINOCCHIARO

"

- Alfonso

QUARANTA

"

- Franco

GALLO

"

- Luigi

MAZZELLA

"

- Gaetano

SILVESTRI

"

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 3 e 13, 14, commi 5-ter e 5-quinquies, e 17 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), promossi con ordinanza emessa dal Tribunale di Pisa in data 27 gennaio 2003, nel procedimento penale a carico di S.P.C., iscritta al n. 198 del registro ordinanze 2003, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numero 16, prima serie speciale, dell’anno 2003, e con ordinanza emessa dal Tribunale di Milano in data 31 ottobre 2003, nel procedimento penale a carico di A.M., iscritta al n. 157 del registro ordinanze 2004, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell’anno 2004.

  Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 6 luglio 2005 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.

Ritenuto che con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Pisa ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 13, 24, 27, 104 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5-quinquies, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), e «conseguentemente» degli artt. 13, comma 3, e 17 del medesimo decreto legislativo;

che il giudice a quo premette di essere chiamato a convalidare l’arresto di uno straniero per il reato di ingiustificato trattenimento nel territorio dello Stato, di cui all’art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998, ed a celebrare il conseguente giudizio direttissimo;

che ad avviso del rimettente, la scelta legislativa, espressa nel comma 5-quinquies del medesimo articolo, di prevedere l’arresto obbligatorio per un reato che, quale quello contestato, non consente – in ragione della sua natura contravvenzionale – l’applicazione di misure cautelari personali, risulterebbe affatto irragionevole, anche nel raffronto con il trattamento previsto per reati più gravi, in rapporto ai quali, tuttavia, l’arresto in flagranza non è consentito;

che la disciplina censurata non potrebbe trovare giustificazione neppure nell’esigenza di consentire la celebrazione del giudizio direttissimo – prescritto per il reato in questione dallo stesso art. 14, comma 5-quinquies – posto che, non essendo applicabili misure coercitive, il pubblico ministero, avuta notizia dell’arresto, dovrebbe disporre l’immediata rimessione in libertà dell’imputato a norma dell’art. 121 disp. att. cod. proc. pen.;

che, d’altro canto, alla rimessione in libertà dell’imputato conseguirebbe, ai sensi dell’art. 13, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998, l’obbligo del giudice di rilasciare immediatamente il nulla osta all’espulsione dell’imputato stesso in sede di convalida dell’arresto;

che l’allontanamento immediato e coattivo dello straniero dal territorio dello Stato si risolverebbe, tuttavia, in una anticipazione degli effetti dell’accertamento della sua responsabilità penale; mentre la partecipazione dell’imputato al processo verrebbe a dipendere – in base all’art. 17 del d.lgs. n. 286 del 1998 (che disciplina il rientro in Italia dello straniero espulso ai fini dell’esercizio del diritto di difesa) – da un’autorizzazione amministrativa, che condizionerebbe così l’esercizio della giurisdizione: risultandone di conseguenza compromessi gli artt. 24, 27, 104 e 111 Cost.;

che nel giudizio di costituzionalità è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per l’infondatezza della questione;

che con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Milano ha sollevato, in riferimento agli artt. 24, 27, 104 e 111 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, del d.lgs. n. 286 del 1998, aggiunti dalla legge n. 189 del 2002 e, «di conseguenza», degli artt. 13, commi 3 e 13, e 17 della «medesima legge» (recte: del medesimo decreto legislativo);

che il rimettente riferisce di essere chiamato a celebrare il giudizio direttissimo nei confronti di uno straniero imputato del reato di cui all’art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998, del quale aveva preventivamente convalidato l’arresto;

che, ad avviso del giudice a quo, le norme impugnate, consentendo l’espulsione immediata dello straniero prima dello svolgimento del processo penale a suo carico, risulterebbero lesive sia del diritto di difesa (art. 24 Cost.) che dei principi del «giusto processo» (art. 111 Cost.), con particolare riferimento al diritto al contraddittorio e alla formazione della prova in dibattimento; nonché dell’art. 27 Cost., giacché lo straniero subirebbe «effetti negativi» in via anticipata rispetto all’accertamento della sua responsabilità penale;

che sarebbe altresì vulnerato il principio di indipendenza ed autonomia della magistratura rispetto ad ogni altro potere, di cui all’art. 104 Cost.: ciò in quanto, per effetto delle norme censurate, l’esercizio delle facoltà difensive nel processo risulterebbe sottratto alla valutazione giudiziale e subordinato alle determinazioni del questore, e cioè di una autorità amministrativa.

Considerato che le ordinanze di rimessione sollevano questioni analoghe e che, pertanto, i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti con unica pronuncia;

che, successivamente a dette ordinanze, questa Corte, con sentenza n. 223 del 2004, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 13 Cost., l’art. 14, comma 5-quinquies, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nella parte in cui stabiliva che per il reato di ingiustificato trattenimento dello straniero nel territorio dello Stato, previsto dal comma 5-ter del medesimo articolo, è obbligatorio l’arresto dell’autore del fatto: e ciò in quanto tale misura «precautelare» si risolveva in una limitazione «provvisoria» della libertà personale priva di qualsiasi giustificazione processuale, non potendo essere finalizzata all’adozione di alcun provvedimento coercitivo, data la natura contravvenzionale della fattispecie, né costituendo un presupposto del procedimento amministrativo di espulsione;

che, dopo tale pronuncia, il decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241 (Disposizioni urgenti in materia di immigrazione), convertito, con modificazioni, in legge 12 novembre 2004, n. 271, ha mutato il trattamento sanzionatorio della figura criminosa, trasformandola da contravvenzione in delitto punito con la reclusione da uno a quattro anni — configurazione che consente, ai sensi dell’art. 280 cod. proc. pen., l’applicazione di misure coercitive — fatta eccezione per l’ipotesi dell’ingiustificato trattenimento nel caso di espulsione disposta perché il permesso di soggiorno è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato richiesto il rinnovo, la quale mantiene l’originaria natura contravvenzionale (comma 5-bis dell’art. 1 del decreto-legge n. 241 del 2004, aggiunto dalla legge di conversione);

che, correlativamente, è stata ripristinata — per le ipotesi di ingiustificato trattenimento che hanno assunto connotazione delittuosa — la misura dell’arresto obbligatorio (comma 5-quinquies, terzo periodo, dell’art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, come sostituito dall’art. 1, comma 6, del decreto-legge n. 241 del 2004);

che la decisione della Corte e la novella legislativa dianzi indicate – pur non incidendo direttamente né sulla previsione in forza della quale per i reati considerati si procede con giudizio direttissimo, né sulla disciplina dell’espulsione amministrativa dello straniero sottoposto a procedimento penale – hanno comportato sensibili mutamenti delle concrete modalità operative dei meccanismi normativi sottoposti a scrutinio di costituzionalità;

che, in particolare, la sentenza n. 223 del 2004 è valsa a modificare – riguardo ai fatti di ingiustificato trattenimento commessi anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 271 del 2004 (quali quelli oggetto dei giudizi a quibus) – le modalità di instaurazione del giudizio direttissimo: non potendosi procedere, infatti, all’arresto dell’imputato, alla presentazione diretta in udienza di quest’ultimo a norma dell’art. 558 cod. proc. pen. è venuta a sostituirsi la citazione a comparire con termine non inferiore a tre giorni (art. 450, comma 2, cod. proc. pen.), che assicura uno spazio temporale preventivo alla difesa, con possibili riflessi anche sull’operatività della previsione di cui all’art. 13, comma 3-quater, del d.lgs. n. 286 del 1998, in tema di declaratoria di non luogo a procedere nel caso di avvenuta espulsione, ove non sia «ancora stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio»;

che, d’altra parte, una volta che per i fatti dianzi indicati non venga effettuato l’arresto, resta inoperante l’obbligo di rilascio immediato del nulla osta all’espulsione da parte del giudice in sede di convalida della misura, previsto dall’art. 13, comma 3-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998;

  che, a loro volta, le successive modifiche legislative introdotte dal decreto-legge n. 241 del 2004, come integrato dalla relativa legge di conversione – ferma restando, ovviamente, l’impossibilità di applicare la nuova disciplina sostanziale ai fatti anteriormente commessi, trattandosi di novella in malam partem – alterano la sequenza procedimentale denunciata;

  che, in particolare, l’applicabilità della misura della custodia cautelare in carcere per il reato in questione, riguardo alle fattispecie trasformate in delitto – misura che impedisce il rilascio del nulla osta all’espulsione, ai sensi dell’art. 13, commi 3 e 3-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998 – viene ad incidere sull’«automatismo» del meccanismo di espulsione degli stranieri imputati del reato stesso, contro cui si rivolgono, in sostanza, le censure dei giudici a quibus; e sposta, al tempo stesso, gli equilibri normativi fra le esigenze di immediato allontanamento dello straniero illegalmente presente sul territorio dello Stato e quelle connesse alla celebrazione del processo a suo carico;

  che gli atti vanno pertanto restituiti ai Tribunali rimettenti, ai fini di una nuova valutazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza delle questioni alla luce dei sopravvenuti mutamenti del quadro normativo.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

ordina la restituzione degli atti ai giudici rimettenti.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 settembre 2005.

F.to:

Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 4 ottobre 2005.